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di Silvio Rossi
La notizia dovrebbe far allarmare l’intero settore agroalimentare italiano: gli olivi sono a rischio estinzione. Probabilmente quanto scritto è solo la peggiore delle ipotesi, certamente però l’infezione di "Xylella fastidiosa", un batterio proveniente dagli Stati Uniti (prevalentemente in California e Florida) che ha provocato danni in numerose specie arboree (vite, pesco, susino, acero, quercia, oleandro), e ha già contaminato alcune coltivazioni di vite in Francia.
Al momento gli ettari interessati dal fenomeno sono diecimila, localizzati nella fascia ionica del Salento (i primi focolai sono stati individuati nei pressi di Gallipoli), con migliaia di piante compromesse. Se non vengono adottate contromisure efficaci, il rischio di danni irreversibili a una delle maggiori risorse del nostro patrimonio agroalimentare è notevole.
Il responsabile del dicastero all’agricoltura, Maurizio Martina, nel prossimo Consiglio dei Ministri del 29 agosto, che dovrà affrontare tra l’altro la riforma della giustizia, lo “Sblocca Italia” e la scuola, ha promesso interventi decisi per bloccare l’epidemia che sta mettendo in ginocchio l’economia della provincia di Lecce e rischia di estendersi oltre i confini regionali.
La speranza è che in questo caso non si ripetano gli errori compiuti con il punteruolo rosso, coleottero che da alcuni anni sta falcidiando le palme presenti in numerose regioni italiane. In questo caso il rimpallo di responsabilità tra amministrazioni pubbliche e privati ha fatto sì che gli interventi di disinfestazione non siano stati adeguati, e il killer delle piante ha potuto agire in molti casi praticamente indisturbato.
Non possiamo permetterci, però, lo stesso atteggiamento con l’olivo. Se le palme nel nostro territorio sono prevalentemente utilizzate a scopo ornamentale (se si eccettuano alcune coltivazioni in Sicilia), l’olivo, assieme alla vite, rappresenta una delle maggiori risorse produttive del nostro settore primario.
Gli imprenditori del settore lamentano in ogni caso la scarsa attenzione che finora è stata dedicata al problema, poiché i primi focolai si sono manifestati un paio di anni fa, e già lo scorso novembre il National Geographic aveva lanciato l’allarme. Il batterio patogeno può essere sconfitto, ma bisogna non perdere altro tempo e impegnarci attivamente per combatterlo.
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