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Dopo il sì della Camera, i detrattori del Rosatellum bis affilano le armi in vista dell’iter in Senato, che nelle intenzioni della maggioranza dovrà essere rapido e indolore. È sempre più probabile che il governo ponga la fiducia anche a palazzo Madama.
Martedì si riunirà la conferenza dei capigruppo del Senato: l’obiettivo, viene confermato da fonti dem, è di avviare l’esame della riforma in commissione già all’inizio della prossima settimana, così da farla approdare in Aula per la discussione generale il martedì successivo e fissare il voto finale al massimo entro la mattina di giovedì 26. Poi si aprirà formalmente la sessione di Bilancio e, una volta approvata la manovra in via definitiva, si potrà dichiarare conclusa la legislatura. Proprio per questo è necessario che il Rosatellum bis superi la prova del Senato senza incidenti.
Lo spettro dei franchi tiratori (e di Napolitano) Il timore è sempre lo stesso: i franchi tiratori. E non è un mistero che a palazzo Madama i numeri impensieriscano il Pd, così come Forza Italia. Il malessere di diversi parlamentari, d’altra parte, non è venuto meno con il primo ok alla riforma. E c’è l’aggravante, dal punto di vista dei sostenitori del Rosatellum bis, dell’annunciato intervento in Aula di Giorgio Napolitano, che ha duramente criticato il ricorso alla fiducia e alcune norme della nuova legge: parole che potrebbero, è il timore, convincere i dubbiosi a non votare la legge.
Per Mdp nel testo c’è “un’incongruenza”
Sul rapido cammino del Rosatellum bis verso l’ok finale spunta poi un altro possibile intoppo: Mdp sostiene che il testo approvato dalla Camera contiene una “incongruenza” nelle norme relative all’elezione dei candidati nei collegi plurinominali. Errore che, per Alfredo D’Attorre, il Senato dovrà correggere, con il rischio di dover tornare alla Camera per un ulteriore passaggio. Dal Pd tagliano corto: “Nessun errore, la norma è chiara e non ci sono problemi”.
Grillo attacca Salvini: “Traditore politico” Ma è soprattutto la polemica tra le forze politiche a catalizzare l’attenzione. Nel centrosinistra è scontro aperto, con Pierluigi Bersani che accusa il premier Paolo Gentiloni di perdita di credibilità e Massimo D’Alema che mette la croce sopra a qualsiasi ipotesi di alleanza con Renzi, tacciandolo di aver siglato un “patto di potere” con Berlusconi e Salvini. Anche nel centrodestra il voto di giovedì ha creato una frattura e Fdi chiede un chiarimento ai potenziali alleati.
Nel day after, però, la scena è tutta per il Movimento 5 Stelle e la Lega, che se le danno di santa ragione. “Matteo Salvini è un traditore politico”, è l’attacco frontale dei pentastellati. “Noi vogliamo votare il prima possibile a differenza dei grillini che con la scusa di voti segreti e legge elettorale cercano di ritardare il voto per mantenere poltrone e lauti stipendi”, replicano i presidenti dei gruppi parlamentari della Lega Nord Gian Marco Centinaio e Massimiliano Fedriga. Ironico – con tanto di bestemmia inclusa – il cofondatore del Movimento: “Pd, Lega, Forza Italia, verdiniani et similia, convergono magicamente” e realizzano “il miracolo italiano”, approvando “una legge perfetta, inappuntabile, impermeabile a qualsiasi critica”.
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