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di Maurizio Costa
Roma – L'allarme Ebola è una realtà concreta da qualche mese a questa parte e la situazione peggiora giorno dopo giorno. Le vittime, secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, sarebbero più di 4.500 e i casi crescono ogni settimana. Sebbene sia un virus attivo soprattutto in Africa già dal 1976 è negli ultimi mesi che l'Ebola ha ucciso più persone di sempre: in linea di massima, il numero dei casi raddoppia ogni tre settimane. In Italia il virus non è ancora arrivato, ma se dovessimo ospitare un caso di un paziente sospetto o infettato dall'Ebola, come affronteremmo la situazione?
Roma ospita una delle due sole aziende ospedaliere scelte per curare eventuali casi di Ebola; parliamo dell'Ospedale "Lazzaro Spallanzani", munito di tutti gli strumenti per affrontare casi di contagio italiani. Qualsiasi ospedale d'Italia, dopo aver accertato che un paziente sia veramente colpito dal virus, dovrà inviare a Roma o a Milano, presso l'Ospedale "L. Sacco", la persona portatrice dell'Ebola.
Lo Spallanzani di Roma sembra essere l'ospedale più munito della Capitale per quel che riguarda le attrezzature per combattere il virus. Le misure di precauzione e di contatto con i presunti malati sono all'avanguardia e provviste di tutti gli strumenti necessari. Il Ministero della Salute impone l'utilizzo di un camice impermeabile, una mascherina chirurgica idrorepellente, occhiali a maschera e guanti (non sterili). Nei casi più gravi possono aggiungersi copricapo, calzari e doppi guanti; sembrerebbero delle misure molto generiche e non specifiche per la gestione di pazienti presunti portatori di Ebola.
Lo Spallanzani, dal canto suo, adotta copriscarpe o stivali, tuta completa idrorepellente, maschera FFP3 (il Ministero consiglia la FFP2), occhiali protettivi, grembiule impermeabile, mantellina e doppio paio di guanti chirurgici. Sebbene le misure siano altissime, il Direttore dello Spallanzani sembra tranquillo: "Il rischio di probabili contagi del virus Ebola in Italia è estremamente basso” – ha dichiarato Giuseppe Ippolito – “perché non abbiamo voli diretti dai tre Paesi a rischio."
Negli altri ospedali avviene la stessa cosa? Come emerge da un servizio de "Le Iene", non è proprio così: al "San Camillo" di Roma, per esempio, la stanza che dovrebbe ospitare un presunto malato di Ebola è situata in un corridoio senza porte e senza servizi igienici incorporati, obbligatori secondo il Ministero della Salute e l'Oms. Inoltre, le misure di protezione del corpo dei medici sono risultate incomplete e inadatte a coprire tutto il corpo.
Molti ospedali della Capitale non sono pronti per affrontare un eventuale caso in pronto soccorso. L'emergenza in Italia non è stata ancora raggiunta, ma in caso contrario ci sarebbe un grande problema nelle strutture ospedaliere di Roma.
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