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Editoriali

ROMA, SEDE UNIONE EUROPEA: "E LA BANDIERA DEI TRE COLORI E' SEMPRE STATA LA PIU' BELLA"

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Tempo di lettura 3 minuti Di Stefano: "Lo dico adesso a voi. Lo Stato sta morendo e ci sono italiani che devono prendersi la responsabilità di tornare a far sventolare alta questa nostra bandiera”

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di Cinzia Marchegiani

Liberato la mattina di lunedì 16 dicembre Simone Di Stefano, vicepresidente di Casapound, che lo scorso sabato è stato arrestato per furto pluriaggravato, poichè manifestando davanti alla sede dell’Unione Europea a Roma, senza simboli di partito, ma solo con la fiera bandiera Italiana e un cappio al collo, si era arrampicato sopra il balcone, della sede dell'Unione Europea, per sostituire la bandiera azzurra con quella italiana tricolore.

Un ragazzo che stava tenendo la scala spiega che le cariche  della polizia oltre ad essere immotivate, stavano pregiudicando la stabilità della scala, dove sopra a sette metri c’era Di Stefano. E che sono stati presi a manganellate in testa e sulle mani.
Per quel gesto simbolico è stato, con un processo in direttissima, condannato in primo grado a 3 mesi con l’obbligo di firma e un’ammenda di cento euro per risarcire il valore della bandiera europea.

Di Stefano racconta che per  il Pubblico Ministero la bandiera europea esprime un valore spirituale. E che in questo frangente non gli è stato concesso di parlare, altrimenti avrebbe spiegato che molti quella bandiera rappresenta una costruzione tecnico-finanziaria che si basa sullo schiavismo dei popoli europei.

Riferisce anche sui siti: ”quella Italiana è una bandiera intoccabile, lo sono questa e le altre dei popoli europei perché sono intrise del sangue delle persone, degli eroi che sono morti per difendere quei colori. Quella dell'Unione Europea è solo intrisa di soldi, di denaro e forse del sangue, è quello che volevamo dire con quell'azione, di chi è morto sotto lo schiaffo dell'usura dell'Unione Europea che sta portando il paese al fallimento. L'avrei voluto dire, non mi è stata concessa la parola e lo dico adesso a voi. Lo Stato sta morendo e ci sono italiani che devono prendersi la responsabilità di tornare a far sventolare alta questa nostra bandiera”

Stamattina c’era un presidio davanti a Piazzale Clodio, in attesa dell’esito del processo.  Su internet arrivano le dimostrazioni di vicinanza, come dice un lettore “vorrei esprimere la mia solidarietà a Simone Di Stefano. Quello che dovrebbe essere letto come un gesto di neo-irredentismo da parte di un patriota, è stato represso con l’arresto e la denuncia di furto aggravato.”

Un’Italia divorata dalle logiche europee ha spezzato il motore di questa nazione che si fondava sul lavoro, etica, giustizia. Dei cittadini, anche se facendo parte di un movimento politico, hanno messo da parte i loro colori manifestando per le strade semplicemente come italiani che non si vogliono arrendere.

Letta, il nostro Presidente del Consiglio, forse dimentica che ad oggi molti cittadini italiani, di diverse radici socio culturali, stanno protestando per una crisi creata da una bolla speculativa. Che ci sono uomini che si impiccano o si buttano da un ponte perchè hanno perso la speranza, la dignità e la tutela di uno Stato.

Il presidente Letta dovrebbe, a nostro dire, capire e accogliere queste grida, ormai sfociate non solo sul web. E non alimentare tensioni. Se un paese è alla fame, non si può assistere al degrado e affermare che tutto va bene. C’è un destino di un paese da salvare, milioni di vite e non ascoltare queste voci è il primo sintomo di un malessere pericoloso e di quella distanza ormai troppo grande affinchè il dialogo e il confronto possano generare cambiamenti reali.

Uno stato giusto non arresta i morsi della fame, della disperazione. Chi vive ancora nei privilegi ha dimenticato che l’Italia ormai è assediata da una guerra invisibile che ha ormai in attivo molte morti, quelle che devono pesare come macigni sulle responsabilità dello Stato.

Un’altra vittima della cecità di questo Governo è la morte di Luca Stufetti, un semplice titolare di un’azienda, la Chimica Imperiese, che proprio la scorsa settimana si è suicidato sotto un treno; le banche, gli avrebbero chiesto, nonostante vantasse dei crediti, di rientrare delle liquidità. Stufetti  va ad inserirsi nella lunga  lista che rappresenta gli emarginati dallo stato, nomi che ad oggi sembrano ancora fantasmi,  ma che  rappresentano il tessuto economico ormai vuoto e inconsistente. In ogni secolo i governi sono stati sempre valutati dal loro valore etico, e le morti (qualunque sia il motivo) hanno e devono avere un peso anche su questo. Ad oggi è evidente che  solo il coraggio di dire basta sta diventando il vero garante di queste immense crepe, uno Stato che lontano dalla sua vera essenza diventa il proprio alibi all'incapacità di ascoltare il grido ormai diventato assordante!

Come dice un bellissimo aforsima di Rossella Porro, non si possono chiudere gli occhi e pretendere di vedere le stelle.
 

Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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