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Roma: rapisce la figlia di 7 anni, ecco i dettagli

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Tempo di lettura 4 minuti"E' stata rapita, è stato il padre. Ci stiamo separando. E' violento, sembrava ubriaco". E’ questa la drammatica telefonata della donna

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di Angelo Barraco
 
ROMA – "E' stata rapita, è stato il padre. Ci stiamo separando. E' violento, sembrava ubriaco". E’ questa la drammatica telefonata che una donna fa alle forze dell’ordine mente descrive in pochi frangenti un matrimonio finito male e un uomo che ha bruscamente sottratto dalle sue braccia  sua figlia di sette anni. Un matrimonio in crisi e pronto alla separazione e l’ennesimo litigio violento inducono l’uomo a prelevare la figlia dal nido domestico e scappare via. La donna descrive agli inquirenti gli abiti che indossava la figlia, l’autovettura su cui viaggiava l’uomo e quella che poteva essere il nascondiglio, ovvero la casa dell’amico dell’uomo a Monteverde, nei pressi della circonvallazione Gianicolense. Immediatamente sono partite le ricerche e proprio in quell’abitazione è stata rinvenuta l’auto dell’uomo, all’interno di essa vi era l’uomo e la piccola che alla vista degli inquirenti è scoppiata in un lungo pianto. Gli agenti hanno preso in custodia la bambina, l’uomo dal suo canto non ha opposto resistenza. Dagli accertamenti è emerso che è incensurato e per tale ragione è stato denunciato a piede libero per sottrazione di minore.
 
Sono in corso accertamento per stabilire se l’uomo avesse assunto alcool o droga, se dovesse risultare un esito positivo la sua posizione rischia di peggiorare ulteriormente. Il dolore di questa madre è encomiabile poiché le è stata sottratta una parte essenziale della sua vita con una disarmante violenza che ha destabilizzato in un attimo le certezze e ha acceso mille dubbi, la vicenda fortunatamente si è risolta ma ha fatto riaffiorare nella mente di tutti coloro che hanno avuto modo di conoscere indirettamente l’ingiusto dolore della perdita mediante sottrazione imposta la storia di Alessia e Livia Schepp e il dolore di Irina Lucidi che insieme alle autorità Svizzere e Italiane sta cercando ancora oggi di capire cosa sia realmente accaduto il 10 gennaio del 2011 a Saint-Sulpice, Losanna e cosa abbia spinto  Matthias Kaspar Schepp, padre delle piccole, ad architettare un piano che avesse come fine quello di far perdere completamente le tracce delle bambine. Risulta infatti che la sera del 30 gennaio ha varcato il confine cn la Francia, il 31 ha inviato una cartolina alla moglie da Marsiglia inoltre effettua diverse operazioni bancarie di prelievo pari a 7.500 euro circa e acquista tre biglietti per il traghetto Marsiglia-Propriano, Corsica. Ma il percorso fatto dall’uomo è tutt’altro che semplice e lineare poiché sarebbe stato visto pranzare in un ristorante di Salerno il 3 febbraio e alle ore 23 di quel giorno decide di porre fine alla sua vita in Italia, precisamente sotto il treno Milano-Bari che transitava presso la stazione di Cerignola. La sua autovettura è stata rinvenuta davanti alla stazione ma al suo interno non vi erano tracce delle figlie: dove ha lasciato le Alessia e Livia? Che fine hanno fatto? Un interrogativo che rimbalza oltreconfine da diversi anni ma la chiave di tutto sembra proprio la Corsica: perché Matthias ha fatto scalo li? Ha forse affidato le bambine a qualcuno? Il sospetto che aleggia nell’aria da anni è questo e un elemento che comprova tale teoria risiede nel dato concreto che le bambine, in quella tratta, si trovavano a bordo insieme al padre e vi sarebbero inoltre diversi testimoni che raccontano di aver udito il pianto di un bambino e riferiscono inoltre di aver visto le piccole. Le piccole sarebbero state viste giocare nell’area del traghetto ma le loro tracce si perdono nel momento in cui avviene lo sbarco al porto, un signore infatti riferisce di aver visto un uomo e due bambini ma non è sicuro che fossero realmente Livia e Alessia. Che fine hanno fatto le bambine? Una vicenda che lascia nel limbo di domande che ad oggi non trovano risposte ma fomentano la speranza che le piccole possano essere state affidate a terzi.
 
Nel mese di settembre le cronache siciliane hanno incollato in prima pagina la foto di un cittadino indiano, Ram Lubhaya, accusato di tentato sequestro di una bimba di 5 anni, e successivamente espulso. La vicenda ha suscitato sin da subito scalpore ed è stata proiettata su tutte le prime pagine dei giornali poiché ha riportato alla mente pregressi episodi di scomparsa, scatenando dolore e tristi ricordi in coloro che da anni cercano verità e giustizia. Era il pomeriggio del 16 agosto, una famiglia si trovava nella spiaggia di Scoglitti (Rg), quando all’improvviso un uomo ha cercato di rapire la loro bimba di 5 anni, prendendola in braccio e scappando. I genitori hanno rincorso per circa dieci metri l’uomo, riuscendo a strappare con fatica la bimba dalle sue mani. L’uomo successivamente si è dato alla fuga. Numerosi i bagnanti che hanno assistito all’episodio e hanno immediatamente chiamato il 112. Repentine le ricerche da parte dei Carabinieri che riescono a tracciare un identikit e avviano ricerche in tutta la zona marittima. Passa circa un’ora e l’uomo viene individuato e bloccato. Dagli accertamenti emerge inoltre che l’uomo aveva dei precedenti penali e viene fermato per sequestro di persona aggravato e condotto al carcere di Ragusa. Successivamente però, il castello accusatorio nei confronti dell’indiano crolla e il procuratore capo di Ragusa, nel corso di un’intervista a Repubblica-Palermo dice “il reato sarebbe quello di 'presa di bambina in braccio', ma il nostro Codice non lo prevede” quindi viene rilasciato. Il pm spiegò che l’indiano ha fatto una carezza e ha preso la bimba in presenza del padre, dopo 45 secondi il padre gli dice di lasciare la bimba ma un amico nota la scena, chiama le forze dell’ordine e l’indiano viene fermato per sequestro: “un fermo tecnicamente sbagliato”. Il pm Bisello non conferma il fermo e alcuni esponenti di centrodestra la prendono di mira per tale decisione, i media gridano allo scandalo e si crea una tensione sociale elevata. La situazione indusse il pm, dopo qualche giorno, a risentire l’indiano che fu rintracciato dai Carabinieri in un casolare, fu sottoposto ad un lungo interrogatorio fiume dove ha proclamato la sua innocenza. Il pm ha mantenuto la sua posizione. Alfano intanto ha commentato “Chi non rispetta le nostre regole va espulso. L'Italia conosce i principi dell'accoglienza per chi fugge da guerre e persecuzioni, ma è soprattutto un Paese che fa rispettare le proprie leggi e le proprie regole e chi non le rispetta o si dimostra ostile ai nostri principi, lo espelliamo. Abbiamo ritenuto necessaria, dunque, questa espulsione perché il cittadino indiano ha leso la pacifica convivenza della nostra società. Soggetti che si rendono responsabili di simili comportamenti sono arrestati o espulsi dal nostro territorio”. Così il 22 agosto il vicequestore vicario di Ragusa ha firmato la richiesta di trasferimento al Cie, ovvero il Centro di Identificazione ed Esplulsione.