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di Simonetta D'Onofrio
Roma – “Vasta è la luce”. È il titolo della mostra d’arte contemporanea organizzata dall’ Associazione Culturale “URBIS ET ARTIS”, una collettiva interamente dedicata alla pittura, alla scultura e all’incisione al centro di Roma, zona S.Giovanni, presso il Complesso Monumentale San Giovanni Addolorata, nella Corsia delle Donne, ('Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata) . Nel palazzo si possono ammirare anche dei preziosi quadri realizzati da pittori di fama internazionale come Ugo Attardi, Piero Dorazio, Renato Guttuso, Mino Maccari, Mario Schifano, Lorenzo Vespignani. Tra le opere da contemplare segnaliamo quelle di Antonio Anastasia, un artista leccese poliedrico che dalla tenera età ha avuto il senso innato per i colori, l’amore per la pittura, accompagnato dal presidente dell’associazione di promozione turistica “Salento Nostro”, dott. Antonio Russo.
Innumerevoli i suoi riconoscimenti, tra questi ricordiamo ai lettori la critica ricevuta da Vittorio Sgarbi :“[…] In Italia, il rapporto col Cubismo fu particolare. Condizionato inizialmente dal Futurismo, che sarebbe dovuto esserne fratello di latte, ma che, vittima del suo nazionalismo, finì per considerarlo rivale nella primogenitura dell’Avanguardia, nel nome del solito primato italiano. Poi ci fu l’ostracismo della figurazione recuperata (Valori Plastici e Novecento innanzitutto), che da una parte non fu affatto estranea al senso “squadrato” della forma introdotto dal Cubismo, dall’altra lo rinnegò apertamente, tacciandolo di degenerazione intellettualistica che oltraggiava la sacra lezione ereditata dal Rinascimento, italiano, naturalmente. Sicché, chi in Italia voleva occuparsi di Cubismo e dei suoi sviluppi doveva farlo in maniera appartata, fuori dalla linea maestra, come i razionalisti del Milione, ad esempio, oppure rimanendo sotto l’egida patriottica del Futurismo, come fanno Depero e Prampolini. Se questa era la situazione, non sorprende che nel primissimo Dopoguerra, spazzate le complicità col fascismo, la riscoperta del Cubismo diviene la tappa obbligata di buona parte del processo di ammodernamento e internazionalizzazione dell’arte italiana, coinvolgendo tanto il versante astrattista quanto il figurativo. Ma dagli anni Cinquanta avanzati in poi, il Cubismo torna a destare poco interesse, travolto dall’orgia informale, e sono in molti a considerarlo consegnato alla storia, ormai definitivamente.
Non per tutti, però. Fuori dalle cerchie più à la page, specialmente fra gli autodidatti, gli studenti d’arte e quanti sono all’inizio della loro formazione artistica, il Cubismo continua a essere un riferimento importante, come il primo linguaggio capace di tenere realmente il passo di una contemporaneità considerata in eterno presente, che va dunque appreso e applicato.
È questo l’approccio didattico con cui anche il salentino Antonio Anastasia ha reso omaggio al Cubismo, in un modo dunque rispettoso, ma tutt’altro che obbligato e reverenziale, interpretandolo non come meta finale, ma come tappa intermedia, per quanto importante, nel percorso alla ricerca della propria cifra espressiva. Un percorso che significativamente, a sottolineare quanto appena detto, ha contemplato anche altre retrospezioni stilistiche, altre immedesimazioni nei linguaggi storici della modernità, come, ad esempio, l’Astrattismo, l’Informale, con esiti non meno rilevanti di quelli conseguiti con il Cubismo. Non si tratta di “culturalismo” a buon mercato, del farsi bello di una citazione per giustificare la dignità di una proposta artistica altrimenti poco consistente, tanto per capirci, come in Italia, paese tendenzialmente ignorante, capita fin troppo spesso.”
La mostra “Vasta è la luce” è possibile visitarla fino a domenica 29 marzo, ingresso gratuito.
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