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Ambiente

Roma, montagne di rifiuti nell’area dove c’era il campo nomadi ex Casilino 900

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Roma – Spuntano intere colline di rifiuti interrati. Aperta la buca da cittadini e imprenditori di Centocelle, ecco ora saltar fuori – come le immagini esclusive dell’agenzia Dire sono in grado di testimoniare – il vero marcio di quel che si nasconde nell’area dell’ex Casilino 900, il campo nomadi più grande di Roma, sgomberato e chiuso il 15 febbraio 2010. Montagne alte metri che nascondono nel ventre interi strati di sacchetti di scarti edili di ogni tipo. Rifiuti occultati e dimenticati, una bomba ambientale non troppo lontano dal centro di Roma. Sopra queste centinaia di sacchi ormai è cresciuta una folta vegetazione, che è andata a coprire amianto, plastica e tanto altro.

Dopo la buca scavata da cittadini e imprenditori nei giorni scorsi nell’Ex Casilino che ha mostrato lo strato di rifiuti che si trova a 2 metri sottoterra, ora la nuova scoperta dell’agenzia Dire fatta su segnalazione di alcuni demolitori regolari di viale Palmiro Togliatti: una collina, in un’area semi periferica del terreno che ospitava il campo nomadi, poggia su una montagna di sacchetti di raccolta di calcinacci. “E’ inquietante” conferma Carlo Stasolla, presente al momento della scoperta. Stasolla è un cittadino italiano che per anni ha vissuto nell’ex insediamento abusivo. Oggi presidente dell’Associazione 21 Luglio, conferma anche altro: una diversa conformazione del terreno rispetto a quando lì esisteva il campo nomadi: “Qui l’area era tutta spianata, salvo un’altura che divideva la parte alta da quella bassa del campo. Ora ci sono avvallamenti e colline che prima non c’erano e il sospetto è proprio quello che qui siano stati interrati rifiuti e resti del mega insediamento”.

Secondo l’ex abitante quasi tutte le colline presenti potrebbero essere fatte di rifiuti.

Solo alcuni giorni fa l’Agenzia Dire aveva mostrato i video, finora poco noti, delle ruspe che a metà marzo del 2010 accatastavano in una grande gola i resti degli abbattimenti insieme a pneumatici e rifiuti di ogni tipo. Il tutto, si vede dai video, venne coperto con diversi teli azzurri e quindi interrato. L’allora sindaco di Roma, Gianni Alemanno interpellato dalla Dire, ha dichiarato: “Quei rifiuti non sono più lì. Mi sono informato. All’epoca ci furono degli accertamenti e quel materiale è stato totalmente sgomberato sotto la mia Amministrazione”. Ora un testimone oculare dell’epoca, che preferisce rimanere anonimo, racconta: “Effettivamente nel mese di agosto di quell’anno venne qualcuno. Ricordo un ‘ragno cingolato’. Tolse i teloni e lavorarono per alcuni giorni. Ma evidentemente, visto quello che è stato ritrovato scavando, è stata fatta solo una leggera bonifica”, conclude.

Nei piani dell’allora amministrazione comunale, l’area sarebbe dovuta diventare un parco, ma questo non è mai accaduto. E difficilmente accadrà a breve visto che la portata del disastro ambientale sembra esser ben più ampia di quanto inizialmente ipotizzabile. La buca scavata alcuni giorni fa sulla parte pianeggiante della maxi area ha mostrato come ad appena 2 metri di profondità esista uno strato di rifiuti riconducibili ai 50 anni di esistenza del campo nomadi abusivo più grande d’Europa: vestiti, scarpe, mattoni, resti di tetti e docce, plastica, pannelli di legno bruciati. E ora dopo la scoperta di intere colline di rifiuti, a parlare non è solo il sottosuolo ma tutta l’area tra via Casilina e viale Palmiro Togliatti.

Anche senza scavare, Carlo Stasolla conferma: “Qui era tutto diverso, la conformazione del terreno era diversa. Nel 2010 tutti questi montarozzi e questi avvallamenti non c’erano. C’erano baracche di legno, di plastica e di eternit”. Materiale quest’ultimo molto utilizzato dagli abitanti del campo, come conferma l’ex abitante. Riguardo ai rifiuti interrati nel piano stradale e nelle colline, Stasolla sottolinea: “I nomadi non avrebbero mai scavato due metri per interrare i rifiuti. Quelle era un commercio per loro. I rifiuti all’epoca entravano nel campo e venivano scaricati a pagamento, ma nessuno li interrava. Soprattutto i calcinacci – sottolinea – che venivano utilizzati per ripianare le strade dell’insediamento. Se ora ci sono delle colline fatte con questi materiali, bisogna capire chi li ha messi qui e soprattutto chi li ha coperti con la terra”.

Intanto sul posto, dall’apertura della buca continua il via vai di giornalisti e soprattutto di associazioni e demolitori regolari di via Togliatti che ormai insieme si battono per la tutela la bonifica dell’area. Il Comitato Pac Libero, già impegnato nella tutela del cosiddetto ‘Canalone’, sull’altro versante del Parco Archeologico, conferma di aver inviato la segnalazione dei nuovi ritrovamenti al Dipartimento Tutela Ambientale di Roma Capitale, ad ARPA Lazio, al Servizio Gestione Rifiuti della Città Metropolitana di Roma Capitale e alla Direzione Regionale Ciclo dei Rifiuti. La battaglia per il ripristino della legalità, il rispetto dell’ambiente e il diritto alla saluta di migliaia di persone che vivono a ridosso dell’area, dopo anni di promesse da parte della politica, sembra essere appena cominciata.

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