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Editoriali

Roma, liceo Morgagni: quando i genitori insegnano l’impunità

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L’episodio che ha coinvolto il Liceo Morgagni di Roma, devastato da atti vandalici durante un’occupazione, ha suscitato un acceso dibattito sull’educazione e la responsabilità genitoriale.

Gli “occupanti” hanno devastato la scuola, riducendola un “porcile”: computer bruciati, porte divelte, bagni rotti e messi fuori uso, scritte antisemite e cumuli di mondezza. In questo frangente il Comitato degli studenti ha lanciato una colletta online per ripagare i danni. Mentre il Comitato dei genitori, anziché condannare l’occupazione e stigmatizzare i danni, ha semplicemente rilanciato la sottoscrizione. È una scelta che lascia a dir poco sconcertati e mette in luce un problema ben più profondo: la difficoltà dei genitori di assumere responsabilità di fronte a comportamenti inaccettabili da parte dei figli studenti.

Roberto Riccardi, commissario romano dell’UDC, ha espresso una posizione netta: “Il caso del liceo Morgagni rappresenta l’ennesimo, inaccettabile episodio di vandalismo mascherato da protesta studentesca”. (di seguito la nota stampa completa diffusa da Riccardi n.d.s.)


Il caso del liceo Morgagni di Roma rappresenta l’ennesimo, inaccettabile episodio di vandalismo mascherato da protesta studentesca. Dopo giorni di occupazione, l’istituto si è ritrovato in uno stato che la stessa dirigente scolastica, Patrizia Chelini, ha definito di “devastazione” in una lettera pubblicata il 23 dicembre, all’indomani della liberazione della scuola.
Il bilancio è pesante: computer danneggiati (di cui uno bruciato), porte divelte, banchi distrutti, armadietti forzati, accessori dei bagni rotti, scritte antisemite e spazzatura ovunque. Un vero e proprio bollettino di guerra che ha trasformato un’istituzione educativa in un campo di battaglia.
Ma il vero scandalo viene dopo. Di fronte a questa devastazione, invece di chiamare i propri figli alle loro responsabilità, il “Comitato Genitori Liceo Scientifico Morgagni” ha pensato bene di lanciare una raccolta fondi online
L’obiettivo? Raccogliere 20mila euro per riparare i danni causati dagli occupanti.
Una iniziativa che, lungi dall’essere lodevole, rappresenta il punto più basso della deresponsabilizzazione genitoriale.
E ora, con quale faccia questi stessi genitori promuovono una raccolta fondi?
Non si tratta di solidarietà, ma di un tentativo maldestro di comprare l’assoluzione per le proprie mancanze educative.
La vera risposta non sta nel portafoglio, ma nella responsabilità: ogni studente che ha partecipato agli atti vandalici dovrebbe essere identificato e chiamato a rispondere personalmente delle proprie azioni, insieme ai propri genitori.
Il messaggio che i genitori stanno inviando è pericoloso: se devasti un bene pubblico, qualcun altro pagherà per te. È questa l’educazione che date ai nostri giovani? È questo il rispetto per le istituzioni che intendete trasmettere?
La protesta è un diritto sacrosanto, la devastazione no.
L’occupazione di una scuola non può mai giustificare la sua profanazione.
È tempo che gli adulti tornino a fare gli adulti, che i genitori riprendano il loro ruolo di educatori, che la comunità scolastica ritrovi la sua dignità.
E ai genitori del Morgagni dico: oltre ad aprire il portafoglio, aprite gli occhi. I vostri figli non hanno bisogno di benefattori, ma di guide morali che insegnino loro il rispetto, la responsabilità e le conseguenze delle proprie azioni.
La scuola italiana merita di meglio. I nostri studenti meritano di meglio.
È ora di dire basta all’impunità e all’omertà.
È ora di restaurare non solo i muri della scuola, ma soprattutto i principi di civiltà che sembriamo aver smarrito.

La sua critica si concentra non solo sulla devastazione causata, ma anche sulla reazione del “Comitato Genitori”, che ha rilanciato la raccolta fondi degli studenti per riparare i danni. Riccardi sostiene che questo gesto non sia un atto di solidarietà, ma piuttosto un tentativo maldestro di “comprare l’assoluzione” per le mancanze educative dei genitori. In effetti, il messaggio trasmesso è inquietante: se commetti atti di vandalismo, qualcun altro pagherà per te.

La questione centrale, che emerge dalle parole di Riccardi e dalla mia riflessione personale, riguarda il principio di responsabilità.

L’ Art. 316 del codice civile italiano stabilisce che “i genitori devono esercitare la responsabilità genitoriale di comune accordo, considerando le inclinazioni e le aspirazioni dei figli”.

Tuttavia, in questo caso, la reazione dei genitori sembra minare proprio questo principio. Invece di educare i propri figli a comprendere le conseguenze delle loro azioni, si sceglie una via di fuga, un modo per evitare il confronto con la realtà.

Riflettendo su questo, non posso fare a meno di considerare quanto sia aberrante che nessuno, nemmeno le famiglie coinvolte, riconosca la gravità dei gesti compiuti da questi studenti. Riccardi sottolinea due termini chiave: “impunità” e “omertà”.

Questi concetti sono essenziali per comprendere la gravità della situazione. La società italiana ha da tempo bisogno di una riflessione profonda su come educare le nuove generazioni al rispetto delle istituzioni e dei beni comuni.

Il vandalismo, mascherato da protesta, non deve essere tollerato. La nostra storia recente ci ha insegnato che il rispetto per il bene pubblico è un valore fondamentale, e non possiamo permetterci di trasmettere un messaggio di indifferenza verso chi delinque.

La scuola, un tempo, era un luogo di educazione alla critica, come affermato da don Luigi Giussani.

Oggi, se la scuola cede di fronte a simili atti di violenza e vandalismo, decreterebbe non solo la sua fine, ma anche un suicidio sociale e pedagogico.

In conclusione i genitori di questi ragazzi hanno l’opportunità di riflettere su una questione cruciale: i giovani non hanno bisogno di benefattori che riparino i loro errori, ma di guide morali che li aiutino a capire il significato di responsabilità e rispetto. È tempo di restituire dignità alla scuola e ai suoi principi fondamentali.

La scuola italiana merita di meglio, e i nostri studenti meritano di meglio. È ora di dire basta all’impunità e all’omertà, e di ristabilire il valore dell’educazione come strumento di crescita e civiltà.

Ad maiora