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di Alessandro Ranieri
Roma – Il 7 e 8 maggio il Forte Boccea apre le sue porte alla cittadinanza: le visite sono organizzate da Open City con la collaborazione di Progetto Forti e del Comitato Forte Boccea. Circa 200 persone, divise in gruppi da 30 possono visitare il compendio e il Forte. Il Forte Boccea fa parte dell’antico sistema di fortificazione, composto di 15 avamposti militari, eretto dopo l’Unità d’Italia a protezione della Capitale da eventuali tentativi di incursione nemica, che in realtà non ci sono mai stati.
Pochi anni dopo la loro costruzione, nei primi anni del ‘900, ci si è resi conto che tali enormi complessi, costati parecchi milioni dell’epoca, erano già obsoleti: la minaccia militare dell’epoca veniva dall’alto, con l’aviazione, e non più con cannoni a terra. E così già dopo la prima guerra mondiale queste costruzioni sono diventate inutili, così come lo erano diventare le Torri di avvistamento medievali con l’avvento della polvere da sparo, ma in maniera molto più repentina e prematura.
Dopo un primo periodo in cui fu utilizzato come magazzino, il Forte Boccea divenne carcere militare, fino alla definitiva chiusura una decina di anni fa, quando l’unico detenuto era Erik Priebke, di cui si è potuta visitare la cella, un bilocale di una trentina di metri quadri, con bagno, doccia e televisione.
Appena varcato il portone di ingresso si rimane colpiti dalla rigogliosità della vegetazione, che è cresciuta indisturbata per oltre un decennio, che andrebbe riordinata, ma anche dalla maestosità di decine di alberi di alto fusto che sono un patrimonio della Città e che vanno assolutamente preservati, qualunque sia il futuro utilizzo di questa area.
Rispetto al complesso la cui costruzione è terminata prima del 1890, numerosi sono i cambiamenti, alcuni meno evidenti, come l’apertura di una porta ulteriore al posto della finestra nel lato sinistro della porta principale, ad altri più evidenti, come la sparizione del fossato e del ponte levatoio, o del terrapieno nella parte retrostante, fino ad arrivare a superfetazioni più recenti, come le addizioni interne alle piazze d’armi, che risalgono agli anni ’60.
Il risultato è un insieme un po’ caotico e labirintico, che in una prospettiva di restauro e di ripristino, andrebbe sanato per portare il complesso quanto più possibile alle dimensioni e alle proporzioni originali, in cui il gioco dei volumi era sapientemente realizzato, a dare un idea di potenza e di sicurezza per la difesa della Città Eterna, ma anche di armonia e di stile.
E il punto è proprio questo: quale futuro per il Forte Boccea? Ora che l’area è smilitarizzata e passata al Comune, prima ancora che il problema del restauro, che si prevede molto oneroso, si pone il problema di cosa fare di questo importante patrimonio culturale e immobiliare. La strada si preannuncia tutta in salita: anche l’unico utilizzo su cui non sussistevano dubbi, lo spostamento del mercato di via Urbano II viene reso più difficile dalla carenza di fondi. Si è parlato poi di un utilizzo delle camerate, che ora sono celle, come ostello per i giovani o simili, per questo occorre vedere se i tempi di ritorno dei capitali da investire non saranno tali da scoraggiare eventuali soggetti finanziatori: certo l’utilizzo di fondi europei potrebbe aiutare molto, tutto sta a farsi venire delle idee e sostenerle adeguatamente nelle sedi opportune.
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