Politica
Roma, fondi Pdl Lazio: pena ridotta in appello per Fiorito detto “Er Batman”
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7 anni faon
ROMA – Lieve riduzione di pena, in appello, per Franco Fiorito, ex presidente del gruppo Pdl alla Regione Lazio accusato di peculato. La corte di appello di Roma lo ha condannato a tre anni di reclusione. In primo grado erano stati inflitti all’esponente politico tre anni e quattro mesi I fatti per i quali l’esponente politico era finito sotto processo, dopo un breve periodo agli arresti domiciliari, riguardano il prelievo di oltre 1 milione e 300 mila euro dai fondi regionali assegnati al suo partito tra il 2010 ed il 2012. Il “caso Fiorito” e lo scandalo della gestione dei fondi destinati ai gruppi regionali portò alla fine dell’amministrazione regionale presieduta dall’allora presidente Renata Polverini.
Il 18 luglio 2012 il Capogruppo Fiorito manda una missiva all’ufficio della governatrice della regione Lazio Renata Polverini, facendola poi girare tra i rappresentanti del suo partito, in cui denuncia delle anomalie nei “documenti giustificativi delle spese effettuate” di vari consiglieri regionali, che avevano dato loro la possibilità di accedere a rimborsi spese, elargiti tramite denaro pubblico. Parla dei fondi che la Regione Lazio elargiva ai consiglieri (oltre ai 13 mila netti di stipendio mensile).
Il 24 luglio Fiorito viene destituito (con 9 voti su 17) da capogruppo del PdL ed al suo posto viene eletto Battistoni. Quest’ultimo riscontra subito diverse irregolarità nei conti del partito ed incarica due revisori di controllare le carte della gestione Fiorito. Battistoni, avendo notato degli ammanchi ingiustificati, avrebbe poi denunciato Fiorito alle autorità competenti.
Agli inizi di settembre viene fuori che Fiorito avrebbe dirottato ingenti quantità di denaro destinato al suo partito e alla Regione sui suoi conti bancari italiani ed esteri. Emerge inoltre una sorta di “sistema” per sfruttare i fondi pubblici, destinati per legge ai vari gruppi consiliari, per fini personali da parte dei singoli consiglieri laziali.
Il 12 settembre Fiorito viene dichiarato indagato per peculato[10]. Nomina quale suo difensore il celebre avvocato Carlo Taormina.
Il 14 settembre, dopo l’acquisizione da parte degli uomini della Guardia di Finanza di vari documenti presso il palazzo della Regione Lazio, Fiorito si auto-sospende dal Pdl per avere fatto in due anni, 109 bonifici, dal conto del Pdl al proprio conto corrente, di importi compresi tra 4mila e 8mila euro, per un totale di 753mila euro, riportanti la causale: “Articolo 8 della legge regionale 14/98”, cioè quella del “rimborso delle spese sostenute per mantenere il rapporto eletto/elettore, configurandosi il reato dell’incaricato di pubblico servizio che sottrae soldi.
Il 18 settembre 2012, la Corte dei Conti quantifica in 21 milioni di euro la torta che si sono suddivisi dodici partiti laziali che hanno partecipato alla competizione per le regionali del 28 e del 29 marzo 2010. Il massimo dei rimborsi è andato alla lista “Renata Polverini presidente” con 2,3 milioni.
Il 24 settembre 2012, a seguito del clamore mediatico e dell’indignazione popolare dovuti allo scandalo, Renata Polverini è costretta alle dimissioni. Nello stesso giorno intanto, Fiorito viene nuovamente interrogato come testimone nel Palazzo di Giustizia di Viterbo dai procuratori romani Alberto Caperna ed Alberto Pioletti titolari dell’inchiesta, per dare spiegazioni in merito alla falsificazione di alcune fatture sospette e gonfiate, denunciate da due società, rimborsate al nemico ed ultimo in ordine cronologico capogruppo Pdl, Francesco Battistoni il quale presenterà un esposto di denuncia in Procura per diffamazione. Inoltre nel medesimo giorno, vengono forniti nuovi particolari sui soldi utilizzati dalla lista “Renata Polverini presidente”: oltre 886.000 euro utilizzati per la comunicazione, 110.000 euro per convegni mai organizzati e per i suoi collaboratori, la cifra di 378.000 euro.
Il 28 settembre 2012 indagati anche gli amici e parenti di Fiorito, per assegni con addebiti inspiegabili, si configura il reato di associazione per delinquere, mentre lo scandalo sui fondi rubati dai Consigli Regionali del PDL si allarga ad altre regioni, Piemonte, Emilia Romagna.
Nella mattinata del 1º ottobre 2012 viene nuovamente interrogato dai magistrati della Procura di Viterbo ed iscritto nel registro degli indagati anche per i reati di calunnia e falso aggravando così ulteriormente la sua posizione, avendo contraffatto secondo l’accusa diverse fatture che il capogruppo Pdl Battistoni, aveva presentato per ottenere rimborsi. Sarebbero anche indagati i coordinatori regionali dello stesso partito, fra cui figurerebbe il vicesegretario ed europarlamentare Alfredo Pallone. Il 2 ottobre 2012 viene arrestato per ordine della procura di Roma, è stato accusato di peculato per aver utilizzato i fondi del partito per uso personale; avrebbe tentato, secondo le motivazioni del GIP che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare, il pericolo di fuga, l’inquinamento delle prove e la reiterazione del reato. Il 4 ottobre 2012 il GIP di Roma Stefano Aprile titolare delle indagini, dispone tramite decreto il sequestro preventivo degli interi beni posseduti del valore di un milione e 380 mila euro, riconducibili all’illecita attività di sottrazione dei fondi del gruppo Pdl alla Regione Lazio compiuta dallo stesso Fiorito. Tra i beni sottratti ritenute dal GIP come prove molto concrete figurano la villa al Circeo, una BMW comprata per oltre 88.000 euro e pagata in leasing, la Smart ed un fuoristrada Land Rover, comprata nel febbraio 2012 per far fronte all’emergenza neve che sconvolse la capitale in quel periodo. Inoltre vengono sequestrati sette conti correnti italiani e 4 posseduti all’estero e viene anche scoperto un vasto patrimonio immobiliare fatto di 14 abitazioni e ville, sparse tra Roma (di cui una lasciata inabitata e da ristrutturare nella famosa Via Margutta), Anagni, Costa Azzurra e Tenerife, alcune di queste lasciate in eredità dopo la morte del padre di Fiorito. Il 5 ottobre per tutelare la sua salute al meglio, i medici del carcere di Regina Coeli dove si trova in cella d’isolamento e sotto stretta sorveglianza, gli hanno sconsigliato e proibito il consumo di merendine e bevande dolci durante il periodo di detenzione, perché potrebbero nuocere gravemente alla sua incolumità fisica.
L’8 ottobre viene respinta dal GIP Stefano Aprile, l’istanza di scarcerazione presentata dal suo legale difensore Carlo Taormina, nonostante l’ex capogruppo Pdl continui a proclamarsi innocente ed estraneo ad ogni fatto contestato a suo carico, proclamando che quel denaro era suo, destinato a sole finalità politiche e che sarebbe stato rendicontato. Le motivazioni emesse dal giudice con cui ha negato la revoca nel provvedimento sono chiare: il Fiorito si è appropriato di ingenti somme di denaro in un “assordante silenzio dei soggetti deputati a vigilare sull’uso di risorse pubbliche”; inoltre, “è in grado di esercitare la già sperimentata influenza illecita su persone e strutture, con cui potrebbe fuggire all’estero dove ha proprietà e conoscenze”. Tuttavia nell’ordinanza viene specificato che Fiorito “ha commesso i fatti in modo preordinato, scientifico e reiterato, circondandosi di correi e persone compiacenti in grado di fungere da bracci operativi delle azioni illecite disposte ed architettate da lui stesso, nonché da schermo delle medesime e, all’occorrenza, in grado di sottrarre e custodire la documentazione da cui emergono le responsabilità dell’indagato“
Per il 9 ottobre il Tribunale del riesame si riserva sulla decisione definitiva da prendere su questa vicenda; nello stesso giorno, la Procura della Repubblica della capitale e nuove perquisizioni attuate dalla GdF, scovano e spulciano nuovi particolari che vengono segnalati sui fondi pubblici utilizzati ad uso personale, in cui vengono contestate ulteriori appropriazioni di denaro per l’acquisto di alcuni lampadari del valore di 400 euro ciascuno, destinati alla sua abitazione nel quartiere Parioli e di viaggi, rientranti nella causale come “istituzionali” ma che invece non avevano nulla a che fare con ciò, compiuti a Londra, Parigi e in Costa Azzurra, oltre a soggiorni da sogno pagati 1.000 euro e fatti assieme alla sua ex fidanzata Samantha Reali presso Positano, soggiornando spesso in alberghi di lusso e tra i più rinomati della zona. Il 10 ottobre, lo stesso tribunale respinge ufficialmente l’istanza presentata dai suoi difensori, confermando così il carcere per Fiorito e dunque, la decisione presa pochi giorni prima dal GIP Stefano Aprile. Dopo nemmeno due settimane il 22 ottobre, il Tribunale del riesame respinge nuovamente l’istanza di scarcerazione presentata pochi giorni prima dai legali difensori per la seconda volta, ribadendo così le medesime motivazioni stabilite nell’ordinanza fatta dal GIP, lo scorso 8 ottobre.
Il 3 dicembre gli avvocati ricorrono addirittura alla Corte di Cassazione, massimo organo istituzionale per eccellenza ma, anche in questo caso, il Pg Alfredo Viola, respinge il ricorso confermando l’ordinanza di custodia cautelare ed il sequestro preventivo della villa al Circeo, di tre automobili e di alcuni conti correnti. Il 27 dicembre, dopo vari ricorsi rigettati nelle precedenti udienze, vengono concessi dal GIP Stefano Aprile gli arresti domiciliari per Fiorito, accogliendo così favorevolmente l’istanza presentata dalla difesa e, viene inoltre fissato il processo da tenersi nel marzo 2013 che lo vede imputato e soggetto a comparire, assieme ai due ex collaboratori della segreteria del suo ufficio. Dopo quasi 3 mesi di detenzione, Fiorito lascia così il carcere di Regina Coeli. Il 28 marzo 2013, viene accolta dallo stesso Gip la richiesta di scarcerazione e la revoca degli arresti domiciliari che stava scontando presso la sua abitazione ad Anagni; una decisione, che permette a Fiorito di ritornare definitivamente in libertà. La nuova istanza è stata presentata dai legali dell’ex consigliere regionale mentre l’8 aprile prossimo, è prevista la decisione del GUP che dovrà ritenere giusto se concedere o no, durante lo svolgimento del processo, il giudizio con rito abbreviato.
Il 27 maggio 2013 il giudice dell’udienza preliminare lo ha condannato a 3 anni e 4 mesi di reclusione, oltre a 5 anni di interdizione dai pubblici uffici, per essersi appropriato di 1.400.000 euro
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