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ROMA CINEMA ESPROPRIATO ALLA MAFIA: IL COMUNE SPENDE 2 MILIONI PER RISTRUTTURAZIONI E LO AFFIDA A CONSORZIO PER PERSEGUIRE SCOPI SOCIALI… MA RESTA UN CINEMA A TUTTI GLI EFFETTI

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Tempo di lettura 3 minutiCostruita nel dopoguerra, questa struttura è entrata a far parte del giro della Banda della Magliana intorno agli anni ’70.

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di Maurizio Costa

Roma – I beni immobili espropriati alla mafia sono un patrimonio importante per la collettività. Sembra un paradosso ma questi averi, una volta sottratti alle mani delle organizzazioni mafiose, vengono riutilizzati per la società, affidandoli a delle associazioni che, a titolo gratuito, fanno partire le loro attività di volontariato all’interno di queste strutture. Di solito si cerca di dare una continuità “al contrario” al bene espropriato: per esempio si costituiscono delle comunità per tossicodipendenti in strutture che precedentemente venivano usate per spacciare la droga. Confiscare questi immobili vuol dire dare uno schiaffo alle mafie, facendogli capire che non solo le istituzioni, in questo caso il Comune di Roma, riutilizza il bene ma lo fa anche per aiutare la collettività.

La nostra inchiesta sui beni espropriati alla mafia prosegue con il caso del “Nuovo Cinema Aquila” di Roma. [ Articolo precedente 08/01/2014 ROMA, BENI, MAFIA E BUSINESS: DOVE VANNO A FINIRE I BENI CONFISCATI ALLA MAFIA? ]

Costruita nel dopoguerra, questa struttura è entrata a far parte del giro della Banda della Magliana intorno agli anni ’70. La banda lo fa diventare un cinema a luci rosse e ben presto tutta la comunità del Pigneto si lamenta di questa situazione di degrado. Successivamente, il cinema viene abbandonato dall’organizzazione mafiosa e finalmente, nel 2004, il Comune di Roma espropria il bene.

La legge che permette ai Comuni di espropriare beni alla mafia è la numero 109 del 1996. Questo testo stabilisce che: “I beni immobili [confiscati] sono trasferiti al patrimonio del Comune ove l’immobile è sito, per finalità istituzionali o sociali. Il Comune può amministrare direttamente il bene o assegnarlo in concessione a titolo gratuito a comunità, ad enti, ad organizzazioni di volontariato […], a cooperative sociali […] o a comunità terapeutiche […].” In poche parole, il Comune può utilizzare il bene per farci degli uffici comunali, delle caserme di polizia, degli archivi o degli alloggiamenti popolari, oppure affidare il bene a titolo gratuito a cooperative che perseguono fini sociali.

Adesso che conosciamo la legge, torniamo al nostro cinema. Il Comune di Roma, dal 2004 al 2008, investe 2 milioni di euro per ristrutturare il cinema: le sale passano da una a tre, vengono costruite vetrate, ascensori e lamiere d’acciaio per abbellire il nuovo cinema. L’opera diventa bellissima e si prospetta un successone.

A questo punto, come stabilisce la legge, il Comune emana un bando per affidare il “Nuovo Cinema Aquila” per finalità sociali. Fino ad ora le cosiddette “finalità sociali” non si vedono e il cinema sembra solo una macchina per fare soldi.

Tornando al bando, il Comune formula questo avviso pubblico, destinato solamente alle cooperative sociali, per affidare la gestione dell’attività; qualsiasi cooperativa vincitrice del bando avrebbe dovuto svolgere un “programma culturale ed educativo al cinema con finalità sociali, favorire l’aggregazione sociale del quartiere anche attraverso progetti di educazione alla legalità, favorendo l’integrazione sociale del quartiere e offrendo opportunità di lavoro a persone svantaggiate.”

Il bando viene vinto dal “Consorzio SOL.CO. Solidarietà e Cooperazione”, che affida la gestione alla cooperativa sociale “Sol.Co. Roma”.

Attualmente il “Nuovo Cinema Aquila” è un normalissimo cinema che proietta tutti i generi di film. La domanda sorge spontanea: quale scopo sociale persegue questa attività?

Quella di aggregatore sociale? Sappiamo benissimo che basterebbe un bar per riunire i giovani di un quartiere. Il programma educativo che dovrebbe svolgere il cinema non sembra esserci, dato che i programmi sociali sono ben pochi e quei pochi che ci sono non sono per niente gratis. Non stiamo accusando nessuno, è tutto a norma di legge, ma ci sembra assurdo che una cooperativa sociale guadagni tantissimi soldi dalla vendita dei biglietti mentre ci sono famiglie che non hanno una casa in cui stare o associazioni che aiutano bambini e tossicodipendenti che non hanno strutture adeguate per svolgere il loro lavoro.

Nei prossimi giorni sentiremo i Presidenti delle cooperative, sperando in risposte concrete e precise. La situazione è a norma di legge, lo ripetiamo, ma utilizzare un bene espropriato per fatturare tantissimi soldi fa storcere un po’ il naso.

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