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Roma

Roma, centro accoglienza Rom via Salaria: polemiche dopo lo sgombero

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Tempo di lettura 2 minuti385 persone delle quali la metà bambini

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di Ang. Bar.
 
Roma – Sgomberato il Centro di Accoglienza rom di via Salaria. Momenti concitati tra la rabbia, dolore e frustrazione, dei presenti. Una famiglia è stata trasferita nel Campo di via Salone mentre per gli altri l'unica possibilità è risultata quella di trovarsi ubicati in altre strutture di accoglienza col rischio di smembramento del gruppo famiglia. Lo scorso 21 marzo 2016 era stato protocollato dall’Associazione Nazionale Rom (ANR) a Roma Capitale, una richiesta di sospensione dello sgombero di tale struttura.
Il documento rappresentava l’elemento oggettivo di quanto sia onnipresente e viva la voce delle famiglie presenti all’interno della struttura che hanno voglia di alzare la testa e dire la loro. “siamo abitanti del Centro di Via Salaria a Roma, 385 persone delle quali la metà bambini. Siamo tutti Rom e siamo arrivati in questo centro dopo lo sgombero di Casilino 700 nel novembre del 2009. Il luogo dove abitiamo è un edificio industriale, senza finestre, i servizi igienici sono senza nessun tipo di aerazione e pochi. Il centro è a pochi metri da un impianto della Azienda Municipalizzata Ambiente per il trattamento e la selezione dei rifiuti solidi urbani. Il Comune di Roma ha speso milioni di euro, 20 mila euro all’anno per singola famiglia. La maggior parte di queste risorse è stata utilizzata per la sola gestione del centro, sicurezza e vigilanza, solo il 6,5% per i servizi di scolarizzazione, mentre neanche un euro è stato destinato per i percorsi di inclusione sociale per favorire indipendenza abitativa e lavorativa. Tra di noi c’è un numero altissimo di persone e anziani con gravissimi problemi di salute. Nonostante il trattamento disumano i nostri bambini vanno regolarmente a scuola, hanno dei buoni risultati” si legge ancora “il Comune di Roma ci ha informato che il centro per mancanza di risorse economiche chiuderà entro luglio 2016 e che dobbiamo andarcene. Nessun altra possibilità per noi, solo la strada, altre baracche e altri sgomberi. Siamo disperati. Chiediamo al Comune di Roma di attivare percorsi di inclusione gestiti direttamente con la comunità per realizzare percorsi lavorativi e abitativi veri e concreti per tutte le famiglie. Solo in questo modo la nostra uscita dal centro che ora ci ospita sarà possibile e non si trasformerà nell’ennesima rovina di una comunità rom”. Le famiglie hanno presentato ricorso al Tar e alla Corte Europea dei Diritti Umani che accoglie le istanze. Inoltre ANR chiede accesso agli atti il 6 aprile 2016 e ottiene l’8 luglio il documento in cui si legge “Con la comunicazione n.173 dello 05/04/2011 recande Quadro dell’UE per le strategie nazionali dei Rom fino al 2020, la Commissione Europea ha affermato l’improcastinabile esigenza di superare la situazione di emarginazione economica e sociale della principale minoranza d’Europa. Sul territorio saranno definiti Tavoli regionali/locali con la partecipazione di rappresentanti delle Amministrazioni periferiche statali, delle regioni, delle province e dei comuni, nonché con il coinvolgimento delle associazioni e degli enti della società civile impegnati nella tutela della Comunità dei Rom, Sinti e Caminanti e di rappresentanti delle medesime comunità”.