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di Maurizio Costa
Roma – Raif Badawi è un blogger dell'Arabia Saudita. Raif Badawi, come migliaia di persone nel mondo, ha solamente espresso le sue idee all'interno di un forum. Raif Badawi, per questo, avrebbe offeso l'Islam ed è stato condannato dalla Corte Suprema dell'Arabia Saudita a mille frustate e dieci anni di carcere. Le prime cinquanta sono state inflitte il 9 gennaio ma, grazie alla mobilitazione del mondo intero, la pena è stata sospesa. La Corte, però, ha riconfermato che Badawi ha offeso l'Islam e per questo dovrà scontare la barbara pena.
Amnesty International ha organizzato un sit-in di protesta a Roma, davanti all'ambasciata dell'Arabia Saudita, per cercare di attirare l'attenzione su questa violazione dei diritti fondamentali dell'uomo. Una manifestazione silenziosa, che aggravava il peso di questa pena che sarà inflitta a Raif. Decine di cartelli con scritto “Free Raif”, “Stop flogging” e “Libertà per Raif” sono stati alzati davanti ai muri bianchi del consolato.
La mossa ad effetto è stata quella di mostrare i segni delle frustate. I manifestanti hanno camminato silenziosamente fino alla strada, con in mano la faccia di Raif, poco ricordata rispetto alla strage di Charlie Hebdo. Appena sotto l'ambasciata, via le maglie, tutti a torso nudo, per mostrare come le frustate dilaniano un corpo, piegato in due dalla sofferenza solamente per aver espresso il proprio pensiero.
Certamente, le ferite dei ragazzi di Amnesty erano state dipinte con il rossetto, ma l'impatto è stato molto forte. “Questa pena è una barbarie – si grida al megafono -. Ogni frustata data a Raif è una frustata data sulla nostra carne”. Il suono del megafono si infrange sulle finestre chiuse dell'ambasciata, bianche come il resto del palazzo che ricorda le strutture che si vedono nelle cartoline arabe.
Non si riceve risposta dal consolato, chiuso come una cultura che riesce a infliggere pene del genere. “Tanto non c'è nessuno” si vocifera tra le persone. L'importante è il gesto, il significato che si vuole dare a questo sit-in. Raif deve essere liberato, così come la sua famiglia, costretta a fuggire in Canada per evitare ripercussioni di qualsiasi genere. Free Raif.
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