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“Emanuele aveva inalato troppo fumo tossico nei suoi polmoni perché invece di scappare via era risalito sopra ai piani più alti per dire a tutti di uscire e mettersi in salvo. Lui era fatto così, pensava sempre agli altri, era buono e generoso. Sulla barella d’ospedale mi ha chiesto di sposarlo”. A parlare è Veronica Cetroni, compagna da sette anni di Emanuele Crestini, il sindaco-eroe di Rocca di Papa morto nell’esplosione del palazzo comunale. In un’intervista al Messaggero, la 28enne commercialista dei Castelli Romani racconta gli ultimi momenti trascorsi con il fidanzato. Tra questi la proposta di matrimonio: “Al policlinico di Tor Vergata, mi è passato davanti su una barella. Mi ha stretto la mano e mi ha chiesto: ‘Quando esco di qua, mi vuoi sposare?’ e io, naturalmente, gli ho risposto ‘sì amore’. Pensava ce l’avrebbe fatta”.
“Tutti, a Rocca di Papa, eravamo convinti che ce l’avrebbe fatta. Quella maledetta mattina è stato lui a chiamarmi al telefono. ‘Sono al policlinico di Tor Vergata, corri’, mi diceva. Stavo lavorando in studio, all’Eur, sono salita in macchina e ho attraversato mezza città col cuore in gola. Tutti mi bombardavano di chiamate e mentre andavo realizzavo che c’era stata l’esplosione, il Comune sventrato, i feriti. Ma Emanuele lo avevo sentito al telefono, non pensavo fosse così grave. E con lui ci ho parlato, con i medici e le infermiere scherzava, si è voluto fare anche dei selfie con loro. Lui era sempre allegro, non si arrabbiava mai, mai cupo, pensava sempre al meglio”, racconta Veronica.
Ma poi le sue condizioni sono precipitate: “L’ho rivisto e ci ho parlato anche quando è stato trasferito nel reparto Grandi Ustionati del Sant’Eugenio. Abbiamo passato tutti questi giorni con i familiari e gli amici, lì fuori ad aspettare che si risvegliasse. Il grado delle ustioni era sceso al secondo, e questo ci faceva ben sperare. Ma aveva respirato troppo fumo e i polmoni, alla fine, non hanno retto”.
Emanuele, che lunedì 24 giugno avrebbe compiuto 47 anni, era uomo premuroso nel lavoro e nella vita privata: “Come era premuroso con gli altri lo era anche con me. Adorava le rose che coltivava con attenzione e ogni mattina, insieme con la colazione, me ne portava una. Emanuele era sempre in prima linea, come quella mattina quando non ha esitato a rientrare in Comune offrendo la sua vita per gli altri. Una favola che resta nei cuori di chi lo ha amato. Ora però ci sarà l’autopsia, poi il funerale. Dovevamo festeggiare, invece…”.
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