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Rocca di Papa, abusi sessuali, botte e percosse ai bimbi in casa famiglia: condannate tre suore

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Tempo di lettura 4 minuti Una sentenza a cui si arriva grazie alla denuncia di una mamma Stefania D'Acunto, alla quale furono tolti i figli nel 2007

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di Ivan Galea

 

ROCCA DI PAPA (RM) – Condannate tre suore responsabili di tre differenti case famiglia di Rocca di Papa che fanno parte della stessa struttura oggi chiusa dopo gli scandali occorsi. Tra i reati: maltrattamenti, abusi sessuali, abbandono e percosse perpetrati a danno di alcuni bambini ospiti nelle strutture. Una sentenza a cui si arriva grazie alla denuncia di una mamma Stefania D'Acunto, alla quale furono tolti i figli nel 2007 dal Tribunale dei Minori e che dopo varie vicissitudini furono affidati in casa famiglia a Rocca di Papa. I figli di Stefania sono stati ingiuriati, minacciati, costretti a vivere in un costante clima di terrore e mortificati.
Stefania, da circa un anno, ha di nuovo i due figli con se ma i bambini porteranno a lungo cicatrici psicologiche dovute ai trattamenti subiti durante la loro permanenza in casa famiglia che avrebbe dovuto rappresentare un ambiente protetto e in grado di tutelare i minori in un momento delicato della loro crescita.
Le prove sono state acquisite grazie alle denunce di due madri di bambini ospitati nelle case famiglia tra cui Stefania D’Acunto, dalla denuncia di una psicologa della struttura, dalla documentazione acquisita presso i servizi sociali, dagli accertamenti svolti dalla squadra mobile della Questura di Roma e dalla documentazione sanitaria in atti.


LE CONDANNE Henrique Sorto Nely Lorena condannata a 1 anno e 11 mesi di reclusione e, tra l’altro, al risarcimento di 20 mila euro nei confronti di due minori – la somma s’intende per ciascun bambino- oltre ad altre spese e tasse. Henrique al tempo stesso è stata assolta per il reato di abbandoni di minori, Guardado Pena Virginia per i reati vincolati dalla continuazione aggravata a due anni di reclusione, oltre ad altre spese in carico con beneficio di sospensione della pena subordinata al pagamento della provvisionale, Guardado Pena Amparo condannata a cinque anni e due mesi con interdizione perpetua dai pubblici uffici nonché da qualsiasi altro pubblico uffici attinente la curatela e la tutela. Per alcuni reati imputati a quest’ultima è intervenuta la prescrizione.


Ad assistere Stefania D’Acunto in questo lungo calvario Roberta Sibaud vicepresidente dell’associazione Donne per la Sicurezza Onlus: “Arriva una sentenza che testimonia la veridicità di quanto denunciato da Stefania D’acunto da anni. Una donna che ha lottato per tenere i suoi figli con lei e alla quale ho creduto da subito. Spiace che certe denunce rimangano a volte chiuse in un cassetto per troppo tempo, questo non deve accadere. Per fortuna la Procura di Velletri si è mossa e ha reso giustizia condannando le tre religiose per i reati commessi”.

Soddisfatto anche l’avvocato Erika Iannucci legale di Donne per la Sicurezza Onlus e di Stefania D’Acunto: “Sono soddisfatta per la sentenza sebbene non dovremmo assistere a tali procedimenti atteso che il Tribunale per i minorenni dovrebbe vigilare costantemente sull’operato delle strutture a cui lo stesso affida i minori. Così come dovrebbe vigilare il servizio sociale affidatario dei minori nonché i professionisti che ruotano all’interno delle strutture. Auspichiamo che così come sono stati raddoppiati i termini di prescrizione per i reati di maltrattamento, ciò venga esteso, in futuro, anche al reato di abbandono di persona minore o incapace e per tutti quei reati che vedono come vittima il minore e chiunque sia incapace di provvedere a se stesso per vecchiaia o malattia”.

LE ACCUSE Sarebbero anche altri i maltrattamenti emersi durante le indagini preliminari del gip Giuseppe Patrone che hanno portato al rinvio a giudizio delle tre suore. Dure le accuse e capi d’imputazione per le tre religiose

Henrique Responsabile della casa famiglia “Amicizia”di Rocca di Papa per aver abbandonato i bambini ospiti nella struttura per accompagnare al pronto soccorso Francesco Sorrenti che si era infortunato al braccio. Lo ha accompagnato prima ad Albano e poi a Roma. Per aver maltrattato due minori aggrediti, percossi, ingiuriati, minacciati e umiliati. Nel 2007, ripetuti episodi deplorevoli: non dava da mangiare ai due fratelli perché erano “cattivi”. Il più piccolo veniva menato con una specie di frustino perché aveva accarezzato un uccellino ferito e poi veniva costretto a scrivere su un centinaio di fogli di carta “io sono cattivo”, costringeva i bambini a fare le pulizie, pulire i bagni e cucinare e chi si rifiutava veniva menato con la scopa. Il più piccolo per punizione veniva chiuso al buio e fatta saltare la cena. Il piccolo veniva anche denudato e picchiato con un ramoscello. I fatti dal 2007 al 2010 


Guardado Pena Virginia
  responsabile della casa famiglia “Casa Aurora” di Rocca di Papa per aver più volte abbandonato i bambini e omesso di vigilare su di essi per ritirarsi insieme ad altre suore per la preghiera mattutina dal 2009 al 2010. Nel mese di ottobre 2009 fino al 2012 per aver maltrattato, aggredito e percosso i minori, ingiuriati, minacciati e umiliati. Nel 2009 la suora ha fatto mangiare a un bambino il cibo che prima aveva sputato. Sferrava uno schiaffo a un bambino cagionandogli un livido
Forzava a mangiare i bambini causandogli dei rigurgiti, i piccoli in lacrime erano costretti a mangiare gli stessi rigurgiti per paura di essere picchiati. I bambini venivano umiliati e mortificati profondamente tanto da farli piangere ininterrottamente
Derideva un bambino di 6 anni perché faceva la pipì al letto e a scuola non era capace e aveva difficoltà a fare i compiti. Veniva chiamato “piscia sotto, brutto, incapace, cattivo”. Diceva a una bambina di essere “cicciona” e di avere brutti denti, paragonandola ad un’altra bambina che appariva più graziosa.
Per sbrigarsi apriva l’acqua fredda per lavare i bambini , nonostante questi urlassero per la temperatura dell’acqua. Chiudeva a chiave una bambina per metterla in punizione, la percuoteva con una scarpa sulla testa.

Guardado Pena Amparo responsabile della casa famiglia “Casa Letizia” per aver abbandonato i minori per andare in chiesa a pregare lasciando anche un minore sofferente di tetra paresi spastica sul corridoio a terra e sporco di pipì.
Nell’aprile del 2011 ha lasciato solo in un campetto un bambino facendolo picchiare e prendere a sassate da un altro bambino all’interno della struttura. Il bimbo ha riportato diversi lividi. Stessa cosa è successa a un’altra bambina picchiata da un ragazzino più grande di lei. Per aver maltrattato un minore costringendolo a dormire per oltre un mese senza coperta nonostante il freddo rigido invernale di Rocca di Papa. Questo perché la suora si era stancata di mandare a pulire la coperta perché il bambino faceva la pipì al letto. perché approfittando della sua qualità di responsabile compiva atti sessuali con un bambino di 14 anni. Nel 2004 dopo che si è addormentata si è infilata nel letto del minore e l’ha baciato in bocca per circa un’ora poi gli ha infilato le mani nelle mutandine per toccarlo e masturbarlo. Questo è successo quasi tutte le sere per un periodo di due mesi. Poi ha consumato anche rapporti sessuali completi con il quattordicenne. Questo è accaduto per 4/5 mesi netra il 2004 e il 2005

Nella prima foto: Roberta Sibaud in primo piano e Stefania D'Acunto

Nella foto successiva: L'Avvocato Erika Iannucci

Roma

Omicidio a Roma, venti anni a chi uccise e lasciò Michelle in un carrello

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“Ho commesso un reato gravissimo e voglio pagare per quello che ho fatto”.

Una lettera, poche righe, prima che il giudice del tribunale per i minori si ritirasse in camera di consiglio, prima che gli venissero inflitti 20 anni di carcere. E’ quanto ha letto in collegamento video dal carcere di Treviso l’imputato, il giovane di origini cingalesi che nel giugno dello scorso anno ha ucciso a coltellate Michelle Causo a Roma per poi lasciare il cadavere, chiuso in una busta di plastica, in strada abbandonato in un carrello a poca distanza da un cassonetto per l’immondizia nel quartiere Primavalle.

“L’ho uccisa ma non ho premeditato l’omicidio”, ha aggiunto l’imputato, all’epoca dei fatti 17enne come Michelle, che aveva scelto di essere giudicato con il rito abbreviato che consente uno sconto di pena. I genitori della ragazza erano presenti in aula al momento della lettura del dispositivo.

Con questa sentenza – ha detto la madre – riusciamo un pochino a dare giustizia a Michelle. È la prima volta che un minore prende 20 anni, ma se li merita tutti. Adesso andiamo avanti, ho un altro figlio e mi dovrò dedicare completamente a lui”. Il tribunale ha, di fatto, recepito l’impianto accusatorio della Procura.

Le aggravanti sono legate al tentativo di sbarazzarsi del cadavere, infilandolo in una sacca nera dell’immondizia. L’aggressione avvenne in un appartamento di via Dusmet. Il minore, nel tentativo di sbarazzarsi del corpo, non si preoccupò di ripulire la scena del crimine, tracce di sangue furono trovate ovunque a cominciare dall’androne del palazzo. L’esame autoptico svolto sul corpo della ragazzina confermò il drammatico quadro emerso subito dopo il ritrovamento del cadavere.

Tra i ragazzi si consumò una prima discussione accesa con urla, percepite distintamente anche dai vicini, e poi l’aggressione. Dalle ferite riscontrate nel corso dell’esame è emerso che il giovane colpì la ragazza utilizzando un coltello da cucina. Un’azione omicida che forse era iniziata con un fendente alla schiena per poi proseguire con almeno altri cinque colpi sul resto del corpo della minorenne. Un vero e proprio massacro che si sarebbe consumato in pochi minuti.

Altra certezza è che dopo il delitto, messo in atto dal ragazzo in uno stato di alterazione dovuto all’assunzione di alcol e droga, ci fu il drammatico e velleitario tentativo di lasciare il corpo lontano dal luogo dell’aggressione, la casa dove il ragazzo viveva. La madre, infermiera di origini cingalesi, era fuori mentre il padre era in Sri Lanka.

Madre e figlio si erano trasferiti da poco nell’immobile dove nel corso di una perquisizione venne trovata della droga, sostanze utilizzate per produrre mix di stupefacenti sintetici. Nel corso dell’udienza del 29 maggio scorso l’imputato aveva fornito la sua versione di quanto accaduto in quella tragica giornata. Il giovane ha affermato di avere aggredito la ragazza con una prima coltellata perché si era sentito offeso da alcune affermazioni fatte da lei.

In merito alla ricerca su internet, effettuata il giorno prima dell’omicidio, su “come sferrare colpi letali”, l’imputato ha sostenuto di averla fatta perché doveva recarsi in una zona isolata e voleva capire come comportarsi in caso di eventuali attacchi. In base ad una perizia psichiatrica disposta dal tribunale l’imputato era, comunque, capace di intendere e di volere al momento del fatto.

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Castelli Romani

Ciampino, episodio di bullismo: la denuncia di una madre su Facebook scatena polemiche

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Un episodio di bullismo avvenuto a Ciampino ha suscitato forti reazioni e polemiche dopo che una madre ha condiviso la sua drammatica testimonianza su Facebook. La signora, madre di un ragazzo di 13 anni, ha raccontato l’incubo vissuto da suo figlio, vittima di un gruppo di coetanei.

Il post, che ha rapidamente raccolto molte reazioni e condivisioni, ha portato alla luce una realtà inquietante e ha acceso un acceso dibattito tra i residenti.

Secondo quanto riportato dalla madre del ragazzo, l’episodio è avvenuto nel parco comunale di Ciampino, dove suo figlio Alessandro stava giocando con alcuni amici. Improvvisamente, un gruppo di ragazzi più grandi si è avvicinato e ha iniziato a insultarlo e a deriderlo. La situazione è degenerata quando uno dei bulli ha spinto Alessandro a terra, facendogli perdere l’equilibrio e ferendolo al ginocchio. Il ragazzo, visibilmente scosso, è tornato a casa in lacrime e con un grande spavento.

Nel suo post, la madre ha scritto: “Mio figlio è tornato a casa oggi con il cuore spezzato e il corpo ferito. Non posso tollerare che i bambini debbano subire tali atrocità. Questo bullismo deve finire!”. Il suo appello ha ricevuto immediato sostegno da parte di molti residenti, che hanno espresso la loro solidarietà nei commenti.

Giovanna, una residente di Ciampino, ha commentato: “È inaccettabile che i nostri ragazzi non possano sentirsi al sicuro nemmeno nei parchi pubblici. Le autorità devono intervenire e prendere provvedimenti immediati”. Un altro commento, di Marco De Santis, aggiunge: “Questi atti di violenza sono vergognosi. I bulli devono essere identificati e puniti, e le scuole devono fare di più per educare i ragazzi al rispetto reciproco”.

Tuttavia, il post ha anche suscitato polemiche e divisioni. Alcuni hanno criticato i genitori dei ragazzi coinvolti, accusandoli di non educare adeguatamente i propri figli. “Dove sono i genitori di questi bulli? Perché non insegnano loro il rispetto e la compassione?”, ha scritto Francesca.

Le autorità locali non hanno tardato a intervenire condannando il gesto.

L’episodio, sebbene doloroso, ha anche sollevato un’importante consapevolezza sulla necessità di promuovere la cultura del rispetto e della solidarietà tra i giovani.

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Castelli Romani

Frascati, Libri in Osteria: appuntamento giovedì 18 luglio con Antonella Prenner

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Cosa lega Tullia, figlia di Cicerone, Servilia, madre del cesaricida Bruto, e Messalina?

Al di là di essere tre figure della Storia antica di Roma sono le protagoniste di alcuni romanzi della filologa e scrittrice Antonella Prenner, docente di Lingua e letteratura latina all’università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale.

la scrittrice Antonella Prenner

Antonella Prenner ed i suoi romanzi saranno i protagonisti giovedì 18 luglio in piazza dell’Olmo a Frascati, a partire dalle ore 18, del salotto letterario di Emanuela Bruni, Libri in Osteria assieme allo scrittore e giornalista Pino Donghi.
Le loro vite, le loro esperienze e i loro rapporti, spiega Emanuela Bruni “offrono un punto di vista non ufficiale, emotivo, disvelando pieghe e zone d’ombra di una storia sempre scritta dagli uomini e per gli uomini”.
Quindi si avrà la possibilità di cambiare la prospettiva di lettura di una storia che vede queste figure troppo spesso relegate al ruolo di comprimarie pur essendone protagoniste ed attrici principali.
Non mancherà un breve approfondimento sull’ultima fatica di Antonella Prenner “Lucano. Nostalgie di libertà” ove l’autrice descrive l’età di Nerone e di una generazione infelice, che assiste all’esercizio di un potere politico iniquo e impossibile da contrastare perché assoluto, e che vagheggia di tornare a un tempo irripetibile, quando “res publica” romana significava “libertà”.

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