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di Chiara Rai/ Christian Montagna
Il tribunale di Pisa ha motivato la sentenza di non luogo a procedere nei confronti di Antonio Logli, marito di Roberta Ragusa accusato di omicidio volontario e distruzione del cadavere. Così, la prova che Roberta Ragusa sia stata realmente uccisa viene a mancare e le testimonianze raccolte finora non sono state sufficienti.
LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA
Giuseppe Laghezza, il giudice del Tribunale di Pisa ha così motivato la sentenza “Insussistenza dei fatti contestati apparendo gli elementi acquisiti agli atti insufficienti, contraddittori o comunque inidonei a sostenere l'accusa in giudizio e nel contempo non impinguibili mediante l'istruttoria dibattimentale". Spesso contraddittorie, inverosimili, insufficienti e palesemente deficitarie, le prove, per la legge italiana, non sono tali da poter procedere nei confronti di Antonio Logli. L’ipotesi secondo cui l’omicidio sarebbe scaturito in seguito ad una lite tra i due coniugi, non trova fondatezza e perciò cade.
IL SUPER TESTIMONE
Sono deboli le testimonianze raccolte in questi anni, in particolare quelle fornite dal super testimone Gozi, secondo cui la coppia avrebbe realmente avuto un violento litigio. Il giudice ha definito “palesemente insufficienti” le dichiarazioni fornite in questi anni. Le discordanze e le molteplici reticenze si limitano a rappresentare "un alterco tra un uomo e una donna non meglio identificati, seguito dal caricamento di quest'ultima su un'auto (forse un Citroen C3) di colore chiaro di cui non è stato neppure identificato il numero di targa e, di conseguenza, il proprietario".
LA SCOMPARSA
Roberta Ragusa è svanita nel buio della notte fra il 13 e il 14 gennaio 2012, un venerdì e un sabato, da Gello di San Giuliano, alle porte di Pisa: con sè non ha portato nulla, né un cappotto, né la borsa con soldi e documenti, né un cellulare, né, tantomeno, i suoi gioielli più preziosi, due ragazzi che adorava, Daniele, oggi sedicenne, liceale al classico, e Alessia, undici anni compiuti senza la mamma. L’ultimo a vederla in quella gelida notte, la stessa in cui naufragò la Concordia al Giglio, è il marito, Antonio Logli, 49 anni, elettricista alla Geste, una partecipata del Comune di San Giuliano, e socio con lei ed il padre Valdemaro dell’autoscuola di famiglia, la Futura, una società in accomandita semplice." Il quadro probatorio – conclude – appare insoddisfacente sotto il profilo del raggiungimento della compiuta dimostrazione della morte violenta ma anche per una complessiva fragilità degli elementi indiziari".
LE PRIME ESTIMONIANZE
V. dice di aver avuto la visione di Roberta due mesi fa. La sensitiva vede Roberta in un sacco nero nell’acqua del lago di Massacciuccoli dalla parte della pineta in una “rientranza semicircolare” dove ci si arriva con la macchina. V. asserisce che del suo corpo verrà ritrovato ben poco perché nel frattempo è stato divorato dai gamberi killer. Secondo V., il corpo potrebbe essere ritrovato addirittura prima che inizi il processo se solo gli inquirenti seguissero le sue indicazioni. V. è convinta che gli inquirenti non abbiano mai cercato in quel determinato punto. Ma a noi risulta che le ricerche sono state fatte anche lì e laddove non si è riusciti ad arrivare, neppure colui che ha occultato il cadavere avrebbe potuto arrivarci.
Claudia- Non si definisce una sensitiva ma fa dei sogni e ha delle sensazioni. Lei vede Roberta in una sorta di cisterna in muratura, una struttura stretta come un ascensore con parti di cemento armato non di mattoni, accosciata con l’acqua fino alle cosce con al collo la sciarpina o foulard con la quale sarebbe stata strangolata dopo essere stata tramortita con una botta alla testa. Il suo corpo sarebbe in un posto umido e freddo, nel raggio di 25 chilometri dall'abitazione. Altro non ci ha detto. Ci si può attaccare ad un sogno? Non pensiamo che un sogno non sia sufficiente a ritrovare Roberta, nonostante la buona volontà di Claudia.
Toni – “Caro Valdemaro Logli, confessati. Dai ai tuoi nipoti e alle cugine di Roberta una tomba su cui pregare questa povera donna. Dobbiamo superare l’ultimo esame. L’unico che valga davanti a Dio. Siamo tutti malandati, può succedere quando meno te lo aspetti. Agguanta questa mano e stringila forte. Salvati. Tu e tuo figlio”. Chi scrive è ancora “Toni”.. Si tratterebbe del contenuto della seconda lettera. Toni si definisce un ex militare e dice di essere una vecchia conoscenza di Valdemaro Logli, padre di Antonio e suocero di Roberta Ragusa.Secondo la testimonianza di “Toni”, i quattro parlavano di luoghi segreti in cui sarebbe stato possibile nascondere un cadavere in modo che nessuno potesse mai più ritrovarlo. Antonio Logli avrebbe citato un nascondiglio che diceva di conoscere soltanto lui. Si tratta di una grossa cisterna per la conservazione del carburante che si trova all’interno dell’ex deposito militare di Titignano, un paesino a circa tredici chilometri da casa Logli.
LE VICENDE GIUDIZIARIE DI LOGLI
I figli di Roberta Ragusa si costituiscono parte offesa nel giudizio volto ad accertare la responsabilità per la scomparsa della mamma; l ’avvocato Cecilia Adorni Braccesi, di Firenze, è stata nominata curatrice della figlia minore.
Il 6 Marzo 2015 la Procura di Pisa chiede il rinvio a giudizio. Il procuratore Antonio Giaconi in merito al processo si esprime in questi termini “Le bugie di Antonio Logli pesano enormemente sul procedimento e saranno evidenziate in maniera certosina al processo, si è presentato in aula con aria tranquilla, e questa la dice lunga sulla sua capacità di fingere. Sono credibili, assieme a tutta una serie di elementi raccolti dai tabulati telefonici e dalle intercettazioni. Non c'era nessuna traccia che riguardasse una possibile fuga Roberta Ragusa. Stiamo parlando di una madre, particolarmente attenta ai figli, alla famiglia. Un'ipotesi di questo genere poteva verificarsi solo in presenza di elementi evidenti di diverso tipo che non esistono. Una madre non lascia due figli così senza alcun segnale, senza alcuna spiegazione”. E ancora, “Ci sono indizi gravi, precisi e concordanti: secondo noi Antonio Logli deve essere processato per omicidio volontario e distruzione di cadavere”. “L'imputato si è tolto di mezzo una persona scomoda nel momento in cui ha capito che una separazione gli avrebbe fatto perdere tutto”.
Ma subito dopo l’udienza, il giudice Laghezza assolve l’uomo nonostante la Procura abbia chiesto il rinvio a giudizio per omicidio volontario e distruzione di cadavere. Ieri, è stata depositata la motivazione della sentenza.
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