Editoriali
Rimini, violenza in spiaggia: l'ennesimo crimine contro una donna
Tempo di lettura 5 minutiLo stupro è un’azione vigliacca, peggio dell’omicidio, e come tale andrebbe sanzionato
Published
7 anni faon
di Roberto Ragone
“Vi prego, aiutateci a tornare a casa. “ è la voce della ragazza cittadina polacca stuprata dal branco sulla spiaggia di Rimini, al ‘Bagno 130’, nella notte fra venerdì e sabato. Sarà difficile, per lei, dimenticare quanto accaduto, e molto più probabilmente, porterà dentro di sé una ferita che non potrà rimarginare. L’Italia e la vacanza al mare, per lei, sarà sempre un luogo di terrore, da cancellare dai suoi ricordi e da non consigliare agli amici. Un luogo che un’invasione selvaggia sta riducendo un mondezzaio. Continua la caccia al branco, e intanto dobbiamo annoverare l’ennesimo crimine odioso contro una donna. Successivamente i quattro si sono spostati verso la statale, dove hanno picchiato, violentato e rapinato un transessuale chi lì aveva il suo luogo di prostituzione. Ogni volta che succede, ci chiediamo come mai lo stupro di una donna ci procuri una sensazione indescrivibile, nel profondo, di dolore e ripulsa per una prepotenza perpetrata contro una persona indifesa, colpita non solo nel corpo, ma nella sua intimità più gelosamente custodita, della quale lei sola ha il diritto di disporre. Lo stupro della ragazza polacca al Bagno 130 di Rimini, l’altra notte, mi ha riportato indietro di cinquant’anni, quando, nella mia città e nelle sue più prossime propaggini, ci fu un’ondata di aggressioni a coppie che si appartavano in auto, e il copione era sempre lo stesso: lui picchiato e rapinato, lei sottoposta alle più atroci e immaginabili sevizie da parte di più persone. Questo provocò un fenomeno di aggregazione, per cui si crearono spontaneamente luoghi in cui si parcheggiavano le auto in gruppo, per proteggersi a vicenda. Gli autori dell’aggressione di Rimini pare siano di colore, ma non troppo scuri di pelle, forse nordafricani. E qui ci vengono da fare altre considerazioni. Immigrazione selvaggia, senza controllo; migranti protetti da ogni parte, perfino dal Papa e dalla presidente della Camera dei Deputati; polizia sottorganico resa impotente di fronte a tutti questi stranieri, e che deve a volte subire perché non può reagire; assurda legge sulla ‘tortura’, che ben si attaglia a chi voglia e debba, per l’onore della divisa, far rispettare l’ordine e la legalità. Eccetera eccetera. L’Italia è sotto attacco. Da una parte i musulmani che prepotentemente e con arroganza pretendono ciò che a loro – e purtroppo anche a molti altri – appaiono come dei diritti inalienabili, in nome della loro religione: tutto ‘a prescindere’, senza una regola e senza un tentativo di quella integrazione unilaterale proclamata soltanto da parte dell’Italia buonista. Appare chiaro infatti che quelli di loro che si dichiarano integrati lo siano soltanto per ragioni economiche, perché magari sono in Italia da più anni e hanno un’attività commerciale, o comunque interessi economici. Diverso è il discorso di quelli che da poco sono approdati alle nostre sponde, che piuttosto tendono a far gruppo fra di loro e a coltivare invece verso di noi l’odio di un popolo invasore verso l’occupato.
L’integrazione, posto che sia possibile – ma non lo è, almeno come la intendono i buonisti di casa nostra – dev’essere un’accettazione totale delle nostre regole e dei nostri costumi, e questo appare impossibile. L’Islam sarà anche per alcuni una religione di pace, a parole, ma nei fatti si dimostra tutt’altro. Dall’altra parte i giovani aitanti e pieni di ormoni che riempiono i canotti recuperati dalle ONG. Gente di colore – non è una colpa – che non viene in Italia per sfuggire ad una guerra, almeno per la maggior parte, ma affronta un viaggio verso una terra che a loro è stata presentata come il Bengodi da chi li ha reclutati, per tentare la fortuna. Stranieri in terra straniera, in una nazione di bianchi che loro disprezzano e che per la maggior parte non distingue un ‘nero’ da un altro, per noi fisiognomicamente sono più o meno tutti uguali. Ottima occasione per mimetizzarsi, e ottima occasione per approfittare dell’insufficienza delle nostre forze dell’ordine e della nostra magistratura. Terreno di conquista per chiunque, con un decreto di espulsione in tasca, voglia darsi alla clandestinità e al malaffare. I quattro (presunti?) maghrebini che hanno aggredito e ridotto all’incoscienza il ragazzo polacco, e violentato ‘ripetutamente’ la sua amica, probabilmente provengono da quest’ultima categoria. Lo stupro è un’azione vigliacca, peggio dell’omicidio, e come tale andrebbe sanzionato. Meno male che, molti anni fa, da reato contro la pubblica decenza è stato riconosciuto reato contro la persona: ma le pene sono ancora troppo lievi, e i giudici hanno paura di calcare la mano, ciò che invece andrebbe fatto in questo caso – posto che i quattro responsabili siano trovati e assicurati ‘alla giustizia’.
Pare che il trans, anch’esso – o essa – aggredito/a non abbia presentato denuncia di quanto accaduto, forse per evitare il ridicolo che fatalmente scaturirebbe da titoli sui giornali. Ricordiamo che costringere una persona ad un atto sessuale contro la sua volontà, anche se prostituta di mestiere, è sempre uno stupro, e non possiamo noi discernere quali conseguenze psicologiche possa avere, anche su di una persona che di un atto sessuale ha fatto il proprio – disgraziato – mestiere. Per concludere, lo stupro è un atto ignobile, che procura conseguenze irreparabili nella psiche di chi lo subisce, condannando la vittima ad un ergastolo psicologico che i colpevoli certamente non subiranno. Lo stupro è visto come un segno di disprezzo verso i vinti, come è facile discernere in questo caso. L’Italia sta soccombendo agli invasori, da qualunque parte essi provengano, e l’episodio del palazzo di via Curtatone, a Roma, è stato un punto di rottura fra la nostra legalità – rappresentata da quei poliziotti che hanno preso fior di mazzate, ma questo nei Tiggì non viene trasmesso – e i territori conquistati da chi è venuto in Italia non per integrarsi, né per procurarsi un lavoro regolare, ma solo per sfruttare la condizione miseranda in cui la nazione si trova, con un governo – ricordiamo, il quarto non eletto – ed una classe politica a dir poco penosi. Bene ha fatto chi ha organizzato lo sgombero, prevedendo, soltanto per gli aventi diritto, una sistemazione alternativa. Male fa chi protegge senza condizioni questa gente, fra cui certamente si possono trovare persone che, secondo le leggi internazionali sull’accoglienza, hanno diritto d’essere accolti; ma questi ultimi sono solo uno scudo umano per tutti gli altri malintenzionati senza controllo e senza identità che scorrazzano per la nostra penisola. Come, appunto, i quattro violentatori di Rimini, che non sono i primi né saranno gli ultimi, se andiamo a guardare il numero di violenze sessuali che si perpetrano anche nelle città, e in pieno centro, da parte di extracomunitari.
D’altra parte, è fatale che ciò accada, quando si accoglie chiunque, proveniente da paesi dove la donna è considerata un oggetto di piacere – con buona pace della signora Boldrini e del suo femminismo spinto – e lo stupro è costume accettato, tenendo presente che, come dicevo prima, i ‘barconi’ sono zeppi di giovani forti e robusti, in pieno rigoglio sessuale. Tutti ci auguriamo che i quattro – presunti – maghrebini vengano al più presto catturati, ma questo non risolverà alcun problema. Infatti, il problema è strutturale, e molto più complesso, e richiederebbe azioni combinate di forze dell’ordine, con più controllo del territorio, magistratura con leggi certe e applicate anche al massimo delle pene, coscienza civile da parte della nostra politica e maggiore efficienza; meno ‘orientamento’ buonista e politico per principio, meno ‘protezioni’ dall’altro, più desiderio di vivere in una nazione finalmente vivibile e ordinata, dove di sera una donna possa anche uscire da sola senza rischi. Ma forse, anzi, probabilmente, tutto questo non accadrà mai più.
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