Connect with us

Economia e Finanza

RIFORMA BANCHE: ECCO COSA CAMBIA

Clicca e condividi l'articolo

Tempo di lettura 3 minuti La rivoluzione delle banche popolari

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 3 minuti
image_pdfimage_print

Redazione

Il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio sforna un decreto legge che in pochi ancora conoscono nel dettaglio: Ecco tutte le novità sulle banche e gli investimenti
 

Disposizioni urgenti per il sistema bancario e gli investimenti (decreto legge)

Su proposta del Presidente del Consiglio Matteo Renzi e dei Ministri dell’Economia e delle Finanze Pietro Carlo Padoan e dello Sviluppo Economico Federica Guidi, il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legge contenente disposizioni urgenti per il sistema bancario e gli investimenti.


Riforma banche popolari

Il Consiglio dei Ministri ha approvato un intervento di riforma delle banche popolari con l’obiettivo di rafforzare il settore bancario e adeguarlo allo scenario europeo, innovato dall’unione bancaria. Con la distinzione in due fasce si preserva il ruolo delle banche con vocazione territoriale e al tempo stesso si adegua alle prassi ordinarie la governance degli istituti di credito popolari di maggiori dimensioni che nella maggioranza sono anche società quotate in borsa. La finalità ultima dell’intervento è di garantire che la liquidità disponibile si trasformi in credito a famiglie e imprese e favorire la disponibilità di servizi migliori e prezzi più contenuti. Pertanto il Consiglio dei Ministri ha adottato un decreto legge che impone alle banche popolari con attivo superiore a 8 miliardi di euro la trasformazione in società per azioni.
Società di servizio per la patrimonializzazione e la ristrutturazione delle imprese italiane

La misura è volta a promuovere la costituzione di una Società di servizio per la ristrutturazione, il riequilibrio finanziario e il consolidamento industriale di imprese italiane in temporanee difficoltà patrimoniali e finanziarie, ma con buone prospettive industriali ed economiche. Si tratterebbe pertanto di uno strumento caratterizzato da natura e finalità diverse rispetto ai Fondi partecipati e promossi dalla Cassa Depositi e Prestiti – F2i, Fondo strategico italiano, Fondo italiano d’investimento – che sono tenuti a investire in aziende non solo prospetticamente, ma anche correntemente in utile. Il capitale della Società sarà interamente sottoscritto da investitori istituzionali e professionali attraverso l’emissione di azioni, alcune delle quali possono godere anche della garanzia dello Stato. Alle azioni non garantite sono attribuiti maggiori diritti di governance. Gli azionisti che detengono titoli garantiti sono tenuti a riversare allo Stato una quota dei dividendi a titolo di premio sulla garanzia ottenuta.

Il periodo massimo entro il quale effettuare la cessione o il trasferimento delle partecipate è stabilito in 7 anni dall’investimento (prorogabili a 10). La Società è tenuta a distribuire almeno i due terzi degli utili prodotti.
Portabilità conti correnti

Gli istituti bancari e i prestatori di servizi di pagamento, in caso di trasferimento di un conto di pagamento, sono tenuti a darne corso, senza oneri o spese di portabilità a carico del cliente, entro termini predefiniti. La trasferibilità si applica ai soli conti di pagamento. In caso di mancato rispetto dei termini, l’istituto bancario o il prestatore di servizi di pagamento risarcisce il cliente in misura proporzionale al ritardo e alla disponibilità esistente sul conto di pagamento al momento della richiesta di trasferimento.
 

SACE

Al fine di rafforzare l’attività di SACE. a supporto dell’export e dell’internazionalizzazione dell’economia italiana, SACE potrà essere autorizzata a svolgere l’esercizio del credito diretto (ovvero a costituirsi come banca). Tale attività dovrà essere svolta previa autorizzazione della Banca d’Italia, nel rispetto delle normative internazionali, europee e nazionali in materia.
PMI innovative

Si introduce la categoria di “PMI innovative” costituita dalle PMI non quotate con bilancio certificato e in possesso di almeno due tra i seguenti tre requisiti: spese in R&S (ricerca e sviluppo) almeno pari al 3% del maggior valore tra fatturato e costo della produzione; impiego di personale altamente qualificato in misura almeno pari a un quinto della forza lavoro complessiva; detentrici, licenziatarie o depositarie di un brevetto o un software registrato alla SIAE. Alle PMI innovative si applica la disciplina delle start-up innovative, a eccezione delle disposizioni in ambito di diritto fallimentare e di regolamentazione del mercato del lavoro.
Modifiche alla tassazione dei redditi derivanti dai beni immateriali e marchi

Si potenzia il Patent box, con piena inclusione anche dei marchi commerciali tra le attività immateriali per le quali viene riconosciuto il beneficio fiscale. In questo modo il Patent box diventa una potente misura di attrazione di investimenti qualificati nella valorizzazione del capitale immateriale, dei marchi e dei modelli industriali, facendo del nostro Paese una potenziale piattaforma per investimenti ad alto contenuto di conoscenza. Viene anche ampliato il campo di applicazione oggettiva del Patent box aprendo alla possibilità di includere, entro limiti prestabiliti, le attività di valorizzazione della proprietà intellettuale gestite e sviluppate in outsourcing con le società del gruppo.


Misure a favore dei fondi di credito

Al fine di consentire alle imprese italiane di beneficiare di tutti gli strumenti finanziari di cui beneficiano i loro competitor europei, allineando al contempo la normativa italiana a quella di altri Paesi europei (quali Germania e Francia), la proposta tende innanzitutto ad ampliare l’esenzione della ritenuta a tutti i proventi percepiti dai fondi che possono fare credito diretto alle imprese, eliminando la limitazione che prevedeva l’esenzione solo per i fondi che non facevano ricorso alla leva finanziaria.

La limitazione legata al fatto che i fondi non debbano utilizzare la leva finanziaria riduce notevolmente l’accesso alla liquidità presente a livello internazionale dato che la maggior parte dei credit funds si finanziano anche con il debito per ottimizzare la propria struttura del capitale.

Economia e Finanza

L’Italia è il paese più ricco di strutture ricettive in Europa

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 3 minuti
image_pdfimage_print

Il fenomeno dell’eccesso turistico costituisce attualmente tema importante del dibattito pubblico, anche grazie a tutta una serie di proteste che si sono verificate in alcune delle mete turistiche più frequentate del continente europeo, con le più accese a Barcellona e Maiorca. Con questa espressione si intende una situazione in cui l’impatto del turismo supera le capacità fisiche, ambientali, sociali, economiche, psicologiche o politiche dei luoghi in cui accade vedi Venezia o Firenze. Si tratta di dinamiche che hanno delle ripercussioni sia sui residenti delle comunità locali che sui turisti stessi, oltre che sul paesaggio, sui beni culturali e sui servizi presenti all’interno di questi contesti. La misurazione di queste dinamiche è ancora complessa da fare. Si tratta di materia relativamente nuova per le quali ancora non ci sono delle reali linee guida su quali siano gli indicatori da utilizzare. Inoltre, alcune caratteristiche del fenomeno (come la sua stagionalità) rendono ancora più complesse le analisi. Per poter iniziare ad inquadrare il fenomeno è utile valutare lo stato dell’industria turistica nei paesi comunitari, partendo dal numero di strutture ricettive di accoglienza e il numero di posti letto.
 
Nel suo complesso, l’Unione Europea conta oltre 636mila strutture ricettive con più di 29 milioni di posti letto. In questo dato si comprendono non soltanto gli alberghi ma anche altre strutture di alloggio simili come i B&B oltre a campeggi e aree camperistiche attrezzate.
 
Negli anni delle restrizioni dovute alla pandemia si registra un calo ma i valori attuali (riferiti al 2023) sono in crescita rispetto al periodo pre-Covid. Per quel che riguarda il numero di strutture ricettive, si registra un incremento del 3% rispetto al 2019 mentre per i posti letto l’aumento è dell’1,5%. Il 21,1% delle strutture turistiche europee si trova in aree urbane centrali, che comprendono il 22,6% dei posti letto. Seguono poi le zone periferiche (32,5% strutture, 33,6% posti letto) e le zone rurali (46,4% e 43,8%). Circa la metà delle infrastrutture turistiche europee si trova in aree costiere (51,1%) e copre il 41,6% dei posti conteggiati.
 
Come informa Openpolis, su elaborazione dati da Eurostat, in termini assoluti l’Italia è il paese europeo dotato del maggior numero di strutture ricettive (229.513) e di posti-letto (5,2 milioni). Rispettivamente, coprono il 36,1% e il 17,8% dell’offerta nel continente; per quel che riguarda le infrastrutture turistiche, seguono Croazia (117.476, il 18,5%), Germania (48.275, 7,6%) e Francia (29.375, 4,6%). In coda,  tre piccoli paesi dell’unione: Cipro (771, 0,1%), Lussemburgo (357, 0,1%) e Malta (335, 0,1%).
 
Per quel che riguarda invece i posti-letto, al nostro paese seguono Francia (5.094.909, 17,5%), Germania (3.665.302, 12,6%) e Paesi Bassi (1.400.003, 4,8%). Gli stati caratterizzati da una minore quantità di posti letto sono invece Lussemburgo (57.830, 0,2%), Lettonia (52.263, 0,2%) e Malta (51.041, 0,2%). Occorre evidenziare che risultano mancanti i dati dell’Irlanda mentre quelli della Spagna sono invece parziali, motivo per cui non sono stati considerati nell’analisi.
 
Questi dati sono disponibili a livello regionale per quasi tutte le aree dell’UE. Per poter permettere di confrontare il dato tra regioni con popolazione differente, è stata calcolata l’incidenza ogni 10mila abitanti. La regione europea con l’incidenza maggiore di strutture ricettive è Jadranska Hrvatska (857,64 ogni 10mila abitanti), che comprende tutta l’area della Croazia. Seguono Ionia Nisia (Grecia, 223,90) e la provincia autonoma di Bolzano (221,55). Tra le prime dieci europee, quattro sono italiane: oltre al territorio già citato, sono presenti anche il Veneto (123,84), la Valle d’Aosta (103,39) e il Friuli-Venezia Giulia (83,07). Sui posti letto invece i valori maggiori si registrano nella regione di Notio Aigaio (Grecia, 9.084,56), Jadranska Hrvatska (Croazia, 8.357,92), Ionia Nisia (Grecia, 7.714,12) e Corsica (Francia, 4.728,77).
 
È importante notare che valutare l’incidenza delle strutture ricettive turistiche sul territorio è solo uno degli elementi utili per considerare lo stato del turismo in una regione. Di fondamentale importanza è considerare anche la quantità di notti passate dai turisti in un paese, così come l’incidenza del settore nel calcolo del Pil.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Privo di virus.www.avast.com

Continua a leggere

Economia e Finanza

Sicilia, discariche sature: 90mila tonnellate di rifiuti in partenza per la Finlandia

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 3 minuti
image_pdfimage_print

Di Paola (M5s): “Parliamo di cifre da capogiro che alla fine graveranno sulle casse pubbliche”

È da tempo risaputo come anche i rifiuti siano una risorsa ma una risorsa non facile da gestire e trasformare in prodotti utili. Si apprende dunque sa organi d’informazione siciliani che è stata recentemente definitiva una disposizione o decreto regionale, del 1° agosto scorso, che consente di spedire i rifiuti della Sicilia all’estero fino al prossimo 30 giugno e questa volta con destinazione Finlandia.

L’assessorato regionale competente pei rifiuti ha deciso che dall’isola Sicilia saranno effettuate almeno 3 mila spedizioni di rifiuti indifferenziati, trattati negli impianti Tmb, che non possono essere più smaltiti in loco, per complessive circa 90 mila tonnellate di rifiuti, decisione provocata dalla saturazione delle discariche locali, come quella di Lentini, gestita dalla Sicula Trasporti.

Questi trasferimenti, però, non sono indolori per i Comuni siciliani, che vedranno sobbarcarsi un costo extra

Lo smaltimento in Sicilia costava tra i 200 e i 250 euro a tonnellata, mentre in Danimarca, nel termovalorizzatore di Copenaghen, la cifra è salita a 400 euro a tonnellata. Adesso, l’immondizia di circa 150 Comuni siciliani, soprattutto della Sicilia orientale ma anche del Trapanese, Agrigentino e Palermitano, finirà in Finlandia trasportata dalla ditta lombarda Vibeco, nel termovalorizzatore della società Loviisan Satama Oy, sita a Valko, ove verranno trattati nell’ottica del recupero energetico.

Ed è prevedibile che i costi lieviteranno ulteriormente. Il porto di Loviisa è un porto marittimo baltico nella città di Loviisa, situato sulla costa meridionale della Finlandia e sulla sponda settentrionale del Golfo di Finlandia. a poco meno di una novantina di km. da Helsinki.
Il decreto non indica alcun prezzo né fornisce un ristoro economico ai sindaci, che già dall’anno scorso avevano chiesto uno stanziamento extra per fronteggiare i costi.

La situazione è ora più complessa e pesante

Secondo l’attuale governo regionale, i rifiuti potranno in futuro essere trattati in Sicilia utilizzando un paio di inceneritori che dovrebbero essere realizzati a Palermo e Catania, ma il cui iter autorizzativo non sembra breve, ragion per cui la soluzione dell’esportazione non appare di breve durata.


Il M5S, con il vicepresidente dell’ARS, Nuccio Di Paola, fiuta il pericolo di una manovra inevitabile per la Regione dichiarando che “se spedire i rifiuti in Finlandia è la soluzione di cui tanto parlava Schifani pochi giorni fa, allora c’è davvero da preoccuparsi.

Parliamo di cifre da capogiro che alla fine graveranno sulle casse pubbliche. Con queste cifre, una amministrazione coscienziosa avrebbe dovuto stringere i tempi per accompagnare le due grandi città siciliane, Catania e Palermo, a ridurre il quantitativo di raccolta non differenziata. Invece a quanto apprendiamo, la musica non cambia. Lo avevamo visto già con Musumeci, continuiamo a vederlo con Schifani”.

Alla destinazione finnica si aggiunge anche una destinazione turca: infatti altri 5 decreti hanno autorizzato l’invio a Aliaga-Izmir, nell’impianto Ege Celik Sanay Ticaret, di 5.733 tonnellate. Anche in questo caso l’autorizzazione all’invio, concordata con i ministeri dell’Ambiente italiano e turco, durerà un anno.

Continua a leggere

Costume e Società

Croazia: boom di turisti e prezzi alle stelle

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print

La Croazia ad oggi è parte dell’Unione Europea e come tale ha acquisito i diritti e i doveri degli altri Paesi che ne fanno parte. Diverse testimonianze di turisti confermano che quest’anno si è osservato un boom turistico proveniente da zone limitrofe e oltre: Italia, Bulgaria, Romania, Moldavia, Grecia e Francia.

Tuttavia, è credibile che l’entrata della Croazia tra le “stelle” dell’Unione Europea abbia incentivato la costruzione di alberghi e di ristoranti per ospitarne il turismo da un lato, ma dall’altro ha sicuramente rialzato le spese dell’economia croata.

Questo aspetto finanziario dettato dalla moneta unica, rispetto a quello che era il valore della moneta croata, ha “meravigliato” sia la popolazione croata che il turismo, subendo alcuni contraccolpi sia nelle spese che nei ricavi economici.

L’euro, in un certo senso, ha equiparato la Croazia con gli altri Stati Europei da un punto di vista dei tre settori economici: agricoltura, industria e turismo.

Questo requisito ha però modificato la vita quotidiana di ciascun croato che si è ritrovato a dar di conto ad un’economia più ampia e complessa rispetto al passato.

Non c’è alcun dubbio sul fatto che la Croazia si stia notevolmente sviluppando nel turismo con la costruzione di alberghi, di strutture marittime etc…, ma questi nuovi investimenti hanno richiesto all’economia croata di creare adeguate risorse non solo per il turismo, ma anche per gli abitanti stessi.

La Croazia ad ora ha prezzi elevati e poco concorrenziali soprattutto negli alimenti, nelle postazioni turistiche (es. ombrelloni, sdrai), nei vestiti e nell’oggettistica (es. souvenirs), rischiando un saldo economico di ritorno più basso del previsto.

Un tempo il turista che arrivava in Croazia pagava meno rispetto ai servizi di cui necessitava, oggi è inevitabile che l’aumento dei prezzi possa portare con sé il rischio di abbassare il flusso turistico.

La Croazia ha però una particolarità intrinseca rispetto al passato: nelle città costiere i prezzi si sono elevati rispetto alle isole. Questo dato è tratto da alcune ricerche svolte sul campo nei periodi di luglio e agosto; è come se la vita da isolano costasse meno rispetto a quella di città. Il dato potrebbe essere scontato, ma non lo è, poiché prima dell’ingresso nell’Unione Europea, l’intera Croazia aveva costi poco concorrenziali e soprattutto similari nel triangolo costa, città e isola.

Nel frattempo che la Croazia continui il suo “viaggio” di inserimento in Europa, ogni turista sicuramente “farà due conti in tasca prima di avventurarsi in zone della Croazia dove i costi sono saliti alle stelle”.

Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

I più letti