Connect with us

Editoriali

RESPONSABILE LA PERCEZIONE

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 4 minuti
image_pdfimage_print

RESPONSABILE: LA ‘PERCEZIONE’
UN REALTA’ LE RAPINE E I FURTI SONO FRUTTO DI FANTASIA
DI ROBERTO RAGONE
La professione del giornalista si abbraccia per passione, il più delle volte. Informare il pubblico dovrebbe essere visto quasi come una missione, un’attività che coinvolge il cuore, oltre che il cervello, e comunque mai come un’attività burocratica. Ne sono prova gli inviati in zona di guerra, ad esempio, che rischiano la vita per un’inquadratura, per una sequenza, per una notizia. Una per tutti, Ilaria Alpi, della quale si presume chi furono i mandanti dell’omicidio, insieme a Miran Hrovatin, e si conoscerebbe anche il movente. Ma non si può dire. Soprattutto non si può mandarli in tribunale. Di fronte a queste persone, non possiamo che inchinarci, con un senso di ammirazione e di santa invidia, e chiederci se al loro posto ci saremmo sentiti privilegiati, o se invece non avremmo chiuso un occhio, o tutti e due. Insomma, il ruolo del giornalista dovrebbe essere un po’ come quello del Grillo Parlante di Pinocchio, e tutti sappiamo che fine ha fatto: ma tant’è, è uno dei rischi del ‘mestiere’. Per questo motivo, il sentimento che suscita una persona che si fa chiamare ‘giornalista’,-  e lo è, perché iscritto all’albo dei professionisti, – quando in un programma televisivo del mattino, di grande share si comporta in maniera contraria all’etica non scritta della nostra, della sua, professione, per usare un eufemismo, manca di obiettività. Parliamo di Gerardo Greco, e del suo ‘Agorà’. Gli espedienti per impedire che gli ospiti, convocati per dovere di contrappesiamo, possano esporre la loro tesi, sono tanti, primo fra tutti il ‘dargli sulla voce’, quando il conduttore si accorge che la persona tocca argomenti scomodi, confondendone l’eloquio e velatamente – ma mica tanto –  far comprendere come il malcapitato sia dalla parte del torto. Come il sindaco di stamattina, che ha probito l'accattonaggio nel suo paese, non perchè voglia negare un pezzo di pane a che ne ha bisogno, ma perchè frutto di un'organizzazione che 'manda' le persone a molestare chicchessia, come ben vediamo spesso proprio a Roma. Tutt’altra storia quando a parlare sono quelli che possiamo racchiudere in una certa parte politica, notoriamente privilegiata in RAI, dato che ne ha il controllo a tutti i livelli. Agorà è un programma che fa opinione, ed è importante che il conduttore spinga su certe argomentazioni, bocciandone altre, in obbedienza alle istruzioni ricevute dall’alto. Un ‘alto’ controllato politicamente dal partito al potere. Non so quanti accetterebbero di ‘tirare quattro paghe per il lesso’, tradendo la vocazione giornalistica e trasformandosi in tanti agenti propagandisti. Certe cose le abbiamo viste e le vediamo nei TG dei paesi totalitari, come la Russia o la Corea del Nord. Da noi la faccenda è strisciante, ma ugualmente efficace. E veniamo al dunque. Da un po’ di tempo, dopo che i giornali hanno ricominciato a parlare di rapine e furti a danno della ‘gente comune’, – cosa che era stato ‘consigliato’ di evitare, come dei suicidi ai tempi di Monti – l’establishment, non potendo più negare l’evidenza, s’è inventata la ‘percezione’ di rischio, che, secondo chi comanda, genera una paura e una tensione che non fanno bene alla ‘crescita’, in soldoni a quella Primula Rossa di cui tutti parlano ma nessuno sa dove sia. In poche parole, la responsabilità di ogni male, in Italia, è di chi ‘percepisce’ una mancanza di sicurezza che non esiste. Testimoni, i dati ufficiali che dicono che sono diminuite la rapine, i furti, e insomma siamo tutti più contenti. Nessun motivo, quindi, per armarsi. Le richieste di nulla-osta per l’acquisto e la detenzione di armi sono respinte d’ufficio, come se acquistare un’arma fosse un reato da punire, nella presunzione di un cattivo uso della stessa. Respinte anche le domande più che legittime di permessi di trasporto per uso sportivo. C’è da dire che una fonte di medaglie durante le Olimpiadi è proprio il nostro tanto vituperato Tiro a Segno, da molti visto come praticato da soggetti psichicamente poco stabili. La ‘percezione’: è tutto lì, e il buon Greco fa i suo dovere, quello che i suoi superiori gli hanno imposto, continuando a ripetere la parola ‘percezione’ come un mantra. Tutti d’estate seguiamo le previsioni del tempo, che sono comprensive di temperature, in special modo quando queste raggiungono livelli alti. In più ci viene dato anche un altro dato, che in genere varia a seconda dell’umidità prevista, cioè la ‘percezione’ del calore, che di norma supera di molto quella del calore effettivo. È chiaro che il dato non viene trascurato, anzi, agli anziani è consigliato di rifugiarsi nei supermercati, dove sono in azione i condizionatori d’aria. Ora, se la percezione del calore non tiene conto del calore reale, e non possiamo dire ad una persona anziana di non andare dove l’aria è più fresca, per non correre rischi di collasso, analogamente dovremmo agire per ciò che riguarda la nostra sicurezza. Anche se i dati ufficiali lo smentiscono, la nostra sicurezza è a rischio. La gente, infatti, non denuncia più intrusioni domestiche, furti, piccoli reati, che tanto sono stati depenalizzati. E non lo fa perché ha perso totalmente la fiducia in questo governo, in questo Stato, nella sua capacità di mantenere la sicurezza dei cittadini e di controllare il territorio. Nello stesso modo, anche la magistratura viene vista come un organismo che non tutela, che libera i delinquenti il giorno dopo, che commina pene troppo lievi, e che, insomma, non protegge. Salvo quando a cadere nel suo tritacarne non sia una persona per bene. Quindi, i dati ufficiali non sono esatti e non possono esserlo, stante il fatto che non tutti i reati vengono denunciati. La sicurezza è un fatto oggettivo, e non una semplice percezione. I cittadini hanno tutto il diritto, ove lo stato dovesse latitare, di provvedere alla propria sicurezza domestica. Senza per questo trasformare l’Italia in Dodge City, o Tombstone. Il Far West è già fra noi, e chi lo nega, come Gerardo Greco, lo fa per istruzioni ricevute, e la responsabilità è tutta del governo. Agorà deve continuare a fare opinione, e soltanto in una direzione. Tanto, lo sappiamo, i responsabili di tutto questo non corrono rischi, neanche il buon Gerardo. Loro sì, sono protetti, e non hanno bisogno di tenere una calibro 9 sul comodino. Hanno chi le armi le maneggia per mestiere, ed è comandato alle loro scorte, giorno e notte. A Davide Fabbri, ucciso da quello che tutti hanno chiamato Igor il russo, e che pare che non sia russo, né che si chiami Igor – un elemento pericolosissimo, che la nostra giustizia non è riuscita a neutralizzare, e che ora è ricercato nella campagne del bolognese da 800 uomini – bisognava dire che quella rapina, la ‘sua’ rapina, era frutto di fantasia, e i colpevoli erano, e sono, soltanto i populisti, quelli che soffiano sul fuoco, e che trasformano in realtà la ‘percezione’ della mancanza di sicurezza. Così avrebbe riso sul muso a Igor, avrebbe allontanato la canna della doppietta, gli avrebbe offerto un bicchiere di vino, e avrebbe aspettato che la sua allucinazione svanisse. Facendo la felicità di Gerardo Greco, giornalista a cui preme più lo stipendio che l’essere giornalista.

Continua a leggere
Commenta l'articolo

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print


Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

Continua a leggere

Editoriali

La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print


La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

Continua a leggere

Editoriali

Un anno senza Silvio Berlusconi

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura < 1 minuto
image_pdfimage_print

Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

I più letti