Connect with us

Editoriali

Renziade: mi dimetto, me ne vado, no rimango. Quando il carnefice diventa vittima…

Clicca e condividi l'articolo

Tempo di lettura 3 minutiRitardare, slittare, insabbiare, manovrare, inciuciare. Aspettiamoci anche questo, nonostante il segnale che ‘loro’ hanno ricevuto sia stato forte e chiaro

Published

on

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 3 minuti

 

di Roberto Ragone

 

Come prevedibile, di Matteo Renzi non ci si sbarazza facilmente, come della carta appiccicosa di una caramella. Non ancora spento l’eco delle sue lacrime di autocommiserazione, e il ringraziamento alla moglie Agnese e ai suoi figli – che cosa c’entrino, povere anime di Dio, Lui solo lo sa – in una sceneggiata degna di un feuilleton fin de siecle, che subito è partita l’azione di recupero alla ‘santo subito’ in televisione. Nella quale, rocambolescamente, il carnefice è diventato vittima.

 

Così, invece di dimettersi dalla vita politica in toto, ce lo ritroviamo ancora fra i piedi, aspettando che magari Emiliano gli batta sulla spalla, con uno ‘Stai ereno’. Un’incognita è il risultato del prossimo congresso PD, dove potrà succedere di tutto, anche l’imprevisto, nonostante Matteo Renzi sia stato abbondantemente squalificato per un ruolo di direzione. Per lui non sarà una passeggiata, specialmente se insisterà nel voler fare la vittima di un tradimento. L’intervista di Bersani con Floris è stata precisa e rivelatrice: tutti abbiamo potuto constatare che gli avvertimenti gli erano stati dati, e che gli errori che lui ha insistito nel voler commettere sono proprio quelli che gli sono stati contestati da tutta la nazione, e la causa del suo fallimento. Ora la domanda da un milione di dollari è: cosa si fa? La cosa più giusta sarebbe andare a votare subito, rispettati i tempi tecnici, con qualsiasi legge elettorale, visto che ne abbiamo tante da poter scegliere; ma proprio perché è la cosa più giusta, in questa Italia dai tanti misteri, non verrà adottata. Scartato un Italicum per il quale si è sprecata una fiducia e sei mesi di dibattimento, dato che oggi come oggi porterebbe i Cinquestelle dritti come un fuso al governo, ci rimane solo da ricordare la frase che Maria Elena Boschi ebbe a pronunciare alla Camera, rispondendo a chi contestava il fatto che il premio di maggioranza fosse troppo alto, su misura per Renzi e il PD: “L’Italcum non si tocca.”

 

Un’altra delle frasi famose di questo governo. Un quarto governo non eletto porterebbe gli Italiani, ormai stufi, sulle barricate, con grave rischio per l’ordine pubblico. Papabili per l’interim Piero Grasso, il più gettonato perché il più neutro, poi Graziano Del Rio, fedelissimo di Renzi, e Giancarlo Padoan, il suo alter ego, o anche Franceschini, proprio per quella su aria di bravo ragazzo.  Sullo sfondo lo stesso don Matteo, che pretenderebbe, lui ormai potentemente squalificato da tutta la nazione, di continuare a far carte, fidando sulla presenza di coloro che ha favorito piazzandoli nei gangli vitali dell’amministrazione pubblica.

 

Una mano glie la da’, ed era prevedibile, la Consulta, che si pronuncerà, bontà sua, dopo il 24 di gennaio 2017, a feste abbondantemente concluse e godute – loro. Mentre i cittadini rimarranno appesi ad una decisione che potrebbe slittare sine die, magari fino a settembre/ottobre, non foss’altro che per far beccare il vitalizio a chi ha bisogno di completare il suo excursus parlamentare. Intanto Napolitano tace, almeno ufficialmente. Mentre il suo successivo, Mattarella, grida allo scandalo qualora si dovesse andare subito al voto. In realtà, sarebbe più giusto, e anche farebbe bene alla nazione, votare subito dopo un parere che la Consulta potrebbe accelerare ottenendo una risposta prima di Natale: quando è necessario, si fanno anche gli straordinari, e poi ormai il tema lo conoscono a memoria, per il bene della nazione, si potrebbe votare a febbraio, per non lasciare l’Italia in balia del nulla. Ma questa soluzione favorirebbe i ‘populismi’, pericolosissimi e contagiosi batteri antidemocratici, quelli che hanno causato la malattia mortale che ha sconfitto – finalmente! – un Renzi che non vuole mollare. Allora, invece di andarsi a ritirare in convento sul Monte Athos, dove potrebbe più proficuamente riflettere sui suoi errori e sulla causa di una debacle epocale, il nostro riciccia sott’acqua, come un rigurgito di qualcosa mal digerito. Il tutto per fare in modo, complice Mattarella, che con i tempi giusti si inneschino i soliti giochi di corridoio fra PD, Forza Italia, ALA e compagnia cantante: il tutto per evitare che il M5S e le destre, capeggiate da Salvini, pssano cavalcare la protesta generale. Dopotutto, i populismi fanno male al fegato, no? Mentre una politica ‘razionale’ è quella più consigliata a tutta la popolazione, a dispetto di ciò che la nazione stessa possa desiderare. Rimane un’incognita: chi tirerà fuori il coniglio da cappello del prestigiatore? Di solito Napolitano, e questa volta potrebbe incaricare un suo fedele, magari una donna. Ma, beninteso, senza mai apparire. Da salvare, la riforma costituzionale, magari modificata, con tutto ciò ch’essa comporta, alla quale Napolitano & Co. non hanno rinunziato.

 

La caduta di Renzi è solo un incidente di percorso, ora si ricomincia, bisogna continuare il discorso interrotto con Bilderberg e soci, e le insidie per noi cittadini sono più sottili e velenose. Possiamo anche aspettarci un provvedimento autoritario, ogni ipotesi è valida, perché sappiamo dove ‘loro’ vogliono andare a parare.  Ma siamo in Italia, e conosciamo i sistemi della politica nostrana: ritardare, slittare, insabbiare, manovrare, inciuciare. Aspettiamoci anche questo, nonostante il segnale che ‘loro’ hanno ricevuto sia stato forte e chiaro.