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Editoriali

RENZI, LA BANCA ETRURIA, LA BOSCHI, LA ROTTAMAZIONE E… LA RESTAURAZIONE

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Tempo di lettura 3 minuti Sono tanti gli italiani che sono arrivati a rimpiangere i politici della prima Repubblica

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di Vincenzo Giardino

Dopo l'episodio del suicidio del pensionato Luigino D'Angelo, la cui unica colpa è stata quella di salvare i risparmi di una vita, il ministro Padoan parla di risposta del Governo. L'unica risposta immediata che dovrebbe dare il Governo è la richiesta di dimissioni del ministro Boschi, per l'evidente conflitto d'interesse tra la carica istituzionale e gli interessi privati della ministra.

La Boschi afferma che suo padre è una persona perbene per aver dato le dimissioni dall'incarico di vicepresidente della Banca Etruria poco prima del crac, ma da molte inchieste giornalistiche emerge che la dirigenza della banca spingeva il personale a convincere i risparmiatori ad investire in obbligazioni ad alto rischio. Il caso vuole che il genitore perbene rivestì l'incarico di vicepresidente della banca poco dopo che la figlia diventò ministro di questa Repubblica.

La Banca Etruria è ad Arezzo, la stessa cittadina del longevo Licio Gelli. Nel corso delle indagini sulla P2 emerse che proprio in questa banca il venerabile aveva un deposito chiamato “conto primavera”.

La stampa di Stato, quella che beneficia dei finanziamenti pubblici per intenderci ed è controllata dalla "politica", non sta dando sufficienti informazioni e Renzi continua a parlare di Leopolda piuttosto che fare chiarezza su questo episodio che coinvolge un ministro della Repubblica che è anche una stretta collaboratrice del suo staff.

Il premier continua a fare orecchio da mercante alla richiesta di dimissioni avanzata non solo dalle opposizioni, ma anche da una minoranza del PD. La sbandierata “rottamazione” di Renzi, alla luce dei coinvolgimenti negli scandali di molti esponenti PD, ha il sapore di una “restaurazione”. Il solido involucro invecchiato è solo ritoccato nell'apparenza dalle angeliche faccine di tutti quelli che rappresentano il potere politico di oggi. Basterebbe approfondire i legami parentali di molti di questi personaggi per capire che non è cambiato nulla, sono le solite lobby che stanno dietro le faccine a governare le sorti della penisola italica.

In questo periodo storico, in Italia, stanno avvenendo scandali che in altre altre epoche avrebbero fatto saltare i governi più forti. Attualmente tutti gli oppositori che gridano allo scandalo vengono tacciati dal premier con l'appellativo di “gufi”, guadagnandosi l'approvazione dei fans che lo seguono.

Intanto l'Italia si impoverisce sempre di più e Renzi fa spendere allo Stato Italiano una cifra scandalosa per un aereo ministeriale che non può decollare. La disoccupazione è palpabile per la gente comune che vive le difficoltà quotidiane e il ministro Poletti bacchetta i giovani laureati con 110 e lode perchè secondo lui la laurea a 28 anni non serve a niente. Mai come in questa epoca la voce degli operai, degli studenti e di intellettuali seri viene schiacciata con spietata intolleranza. I movimenti di opposizione, tranne che per speculazione politica, non stanno facendo nulla di concreto per ostacolare tutto questo. La gente comune ha l'impressione di vivere in una nazione che è in balia del nulla e Renzi continua a farsi i selfie in tutte le occasioni, offrendo l'immagine discutibile di leader di una nazione che, mai come in quest'epoca, non gode la stima di altri paesi europei.

Sono tanti gli italiani che sono arrivati a rimpiangere i politici della prima Repubblica che, anche nella misura dei comportamenti e del linguaggio, davano una maggiore impressione di affidabilità e serietà. La frequenza degli scandali, da Berlusconi in poi, avrebbero fatto impallidire anche il più spregiudicato dei politici di quell'epoca.

Purtroppo il numero di giornalisti e intellettuali che hanno il coraggio di evidenziare e informare con chiarezza su quanto sta avvenendo è veramente esiguo per stimolare  la coscienza popolare. Travaglio, Saviano e pochi altri non sono sufficienti per illuminare le menti, le masse continuano a seguire i media strafinanziati dal potere come non mai.

L'unica cosa chiara che emerge da questo stato di cose è che i giovani di oggi hanno il futuro molto più incerto della generazione che li ha preceduti.
 

Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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