Connect with us

Editoriali

Renzi e le camice gialle: vincere e vinceremo!

Clicca e condividi l'articolo

Tempo di lettura 4 minuti Il documento a firma del segretario Pd è redatto in stile Ventennio

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 4 minuti
image_pdfimage_print


di Roberto Ragone

Un’Ansa di oggi riporta che il 14 maggio tutto il PD in maglietta gialla è convocato nelle strade di Roma per ripulirle dai guasti di vent’anni di cattiva amministrazione della nettezza urbana. Il documento a firma Matteo Renzi è redatto in stile Ventennio: lo riportiamo così com'é: ""Domenica 14 maggio le Magliette Gialle – il simbolo del PD che sta sul territorio e coniuga valori alti e progetti concreti – sbarcheranno a Roma. Con la città invasa dai rifiuti e nell'incapacità dell'amministrazione comunale di dare risposte, il PD romano presenterà le proprie idee sulla gestione dell'emergenza dei rifiuti ma lo farà dopo che per una mattinata saremo stati a pulire la città". Il segretario del Pd ha parlato anche dell'assemblea di sabato e sottolineato che, a suo avviso, "il vento sta cambiando. E i sondaggi – per quello che valgono – fotografano una impressionante ripresa del PD. Bene così". Da notare la Magliette Gialle, che tanto ricordano Camicie di ben altra tinta, denominate "il simbolo del PD che sta sul territorio e coniuga valori alti e concreti, (che) sbarcheranno a Roma". Mussolini c'è arrivato via terra, lui via nave. Toni trionfalistici anche per ciò che riguarda "l'incapacità dell'amministrazione comunale di dare risposte". Evviva, arrivano i nostri! "I sondaggi fotografano un'impressionante ripresa del PD. Bene così." Dopo aver parafrasato l'infelice frase della Raggi, per cui "il vento sta cambiando". Benito avrebbe aggiunto: "Vinceremo!"

L’accusa è contro la Raggi e il suo governo, – visto che l'obiettivo primario, ora, è screditare i Cinquestelle, sua spina nel fianco – senza tener conto che questa situazione di degrado dura da più di vent’anni, periodo durante il quale si sono succedute giunte di ogni colore politico. Gli operatori ecologici in TV dichiarano che il problema è antico, e che mancano sia i mezzi che gli uomini – o le donne. In un panorama di questo genere, di fronte ad una situazione incancrenita, non si può pensare o pretendere che il problema monnezza venga risolto in pochi mesi. Ma tant’è, proprio Renzi, che rinnega ogni strumentalizzazione fatta dai suoi avversari, in questi giorni ne sta affrontando una macroscopica. D’altra parte la strumentalizzazione, la demagogia, e quel populismo che rimprovera agli altri, sono le sue armi di tutti i giorni. Sempre pronto ad inversioni ad U, come nel caso recente della nuova legge sulla legittima difesa. “Meno male che c’è il Senato” ha detto con tono di sfottò proprio Grasso, che di quella camera è presidente. Ma il reuccio ha ancora l’animo del boy scout e così ha convocato, lui, segretario del partito di maggioranza relativa, tutte le ‘mani’ disponibili, e tutte in maglietta gialla, per ripulire la strade di Roma, magari con il foulard al collo e i pantaloncini corti.

Naturalmente anche don Matteo sarà della partita, giusto il tempo per qualche scatto fotografico e un paio di riprese TV, chiamato poi urgentemente ai suoi impegni istituzionali. Come nel caso di una certa maratona mai indagata da chi di dovere, al cui traguardo arrivò fresco e senza affanno, pur non essendo un maratoneta.  Non credano, comunque, gli intrepidi piddini in maglietta canarino, di riuscire a sgombrare le strade di Roma in una sola giornata, facendo un gran favore non solo ai Romani, ma soprattutto a Zingaretti, dato che pare proprio che la responsabilità di questa situazione sia della Regione Lazio, sorda da anni al grido di dolore che si leva dal popolo romano,  insieme ad espressioni colorite, cacio e pepe.

Penso che nessun segretario di partito avrebbe avuto una pensata del genere: immaginate un De Mita, un Andreotti, un Berlusconi o un Berlinguer – e potrei continuare – in maglietta d’ordinanza, con un sacchetto nero e una scopa in mano, girare fra le montagne di rumenta e i topi, di domenica mattina? Forse Mussolini, sì, come nei filmati della campagna del Grano. Ma Renzi ci ha abituati alle sue stravaganze. Che poi tanto strane non sono. Specialmente in occasione delle primarie, durante le quali è stato chiuso in anticipo un seggio pugliese, a Nardò, in provincia di Lecce, per infiltrazioni destrorse; mentre ad Ercolano hanno votato i richiedenti asilo: senza documenti, vien da pensare, visto che era richiesta almeno la carta d’identità, se non – come nel caso di Nardò, ma questo non corrisponde a verità, e il sottoscritto lo può testimoniare – l’iscrizione al partito.

Sta di fatto che a tutti i ‘neri’ in coda al seggio – o ai seggi – era stato promesso un permesso di soggiorno in tempi un po’ meno lunghi. Indovinate per chi hanno votato? Miracolo! Renzi a quasi il 70%, salvo conguaglio, e gli altri dietro. Come i partecipanti al voto (renziano) in Campania, dove, nelle zone governate da De Luca – Vincenzo, non il figlio Piero, che s’affaccia alla politica già con buone referenze, visto che il 29 maggio dovrà affrontare a Salerno un processo per bancarotta fraudolenta, per il crac della società immobiliare IFIL, come scrive il Fatto Quotidiano – pare che l’affluenza di votanti sia stata superiore a quella di città molto più popolate, come ad esempio Napoli: miracolo delle fritture di pesce?
Insomma siamo in piena democrazia: i destrorsi favorevoli a Emiliano non hanno potuto votare a Nardò. Dove addirittura il seggio è stato chiuso anticipatamente, mentre ad Ercolano quest’anno hanno votato i richiedenti asilo, visto che i Cinesi lo avevano già fatto nel 2011. I quali richiedenti asilo sono la totalità degli sbarcati, dovendosi ancora discriminare chi ha diritto all’asilo e chi no.  Ma bisogna perdonarlo, Renzi, per la sua giovane età, nella quale capita ai migliori di fare disastri, e poi i genitori devono sistemare le cose. In questo caso, magari, è il contrario, ma il suo governo in tre anni ha aumentato il debito pubblico, pare, di venti miliardi di euro. 

Lo abbiamo rivisto l’altro giorno in TV dare una botta a quella Ruota della Fortuna che l’ha portato per la prima volta in televisione, e forse pensava che quella Ruota sarebbe stata la sua Fortuna. Aveva un’espressione smarrita, il labbro pendulo e somigliava tanto a mister Bean. Vai a pensare che l’avremmo avuto al governo. Intanto la Boschi è stata messa a guardia di Gentiloni, che non si monti la testa, per filtrare ogni sua iniziativa. È proprio vero che le disgrazie, come i terremoti, non sono prevedibili, e non arrivano mai da sole.  Appena ho letto la notizia dell’adunanza domenicale a scopo rumentizio in me s’è acceso un barlume di speranza: ho detto, vuoi vedere che finalmente don Matteo ha trovato la sua vera strada, e si toglie dalle scatole? Così, io spero ancora: la speranza è l’ultima a morire.
 

Continua a leggere
Commenta l'articolo

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print


Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

Continua a leggere

Editoriali

La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print


La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

Continua a leggere

Editoriali

Un anno senza Silvio Berlusconi

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura < 1 minuto
image_pdfimage_print

Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

I più letti