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Cronaca

Regionali siciliane, esclusione del simbolo di Unione Cristiana: Scilipoti annuncia ricorso al Tar

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Il senatore Scilipoti Isgrò ha stigmatizzato, durante una conferenza stampa, l’esclusione del simbolo del movimento politico di cui è fondatore e presidente, Unione Cristiana, in lizza per il confronto elettorale in Sicilia, dopo che il Dipartimento delle Autonomie Locali, Servizio Quinto Elettorale della Regione Sicilia lo ha invitato a sostituire il contrassegno, in quanto riporterebbe un simbolo religioso, cioè una croce bianca al centro del simbolo.

 

“Denuncerò con forza, – ha detto Scilipoti – l’assurdità di questo invito. La croce rappresenta, infatti, il simbolo dell’Europa e un elemento di sintesi di una molteplicità culturale che deve essere rispettata da tutti gli stati. I valori spirituali e morali – ha proseguito il senatore – sono tutelati infatti dallo statuto del Consiglio d’Europa e dalla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo (Cedu). La croce non è solo il simbolo della salvezza per noi cristiani ma anche, ad esempio, quello rappresentato sulle bandiere di alcuni stati tra cui quelli scandinavi. La decisione assunta, nei confronti di Unione Cristiana, non ha dunque fondamenti democratici, – ha spiegato Scilipoti – soprattutto in un paese come l’Italia. Ricorreremo al Tar contro la decisione, dell’Ufficio Centrale Elettorale della regione Sicilia presso la Corte d’Appello di Palermo, di escludere Unione Cristiana dall’appuntamento elettorale regionale del 5 novembre, solo perché nel suo contrassegno è rappresentata una croce. E’ una decisione inaccettabile poiché si inserisce in un clima culturale pericoloso che si sta diffondendo soprattutto nel nostro paese. Non permetteremo – ha evidenziato Scilipoti –  che le istituzioni nazionali e locali favoriscano il laicismo, ostacolando così la partecipazione dei cristiani, che costituiscono il 98% della popolazione italiana, alla vita pubblica. Ci prepareremo anche alle elezioni parlamentari, come ribadiremo durante il prossimo congresso nazionale di Unione Cristiana che si terrà il 25 novembre a Roma, in difesa della sana laicità dello stato. Constatiamo con profonda amarezza – ha poi aggiunto il fondatore di Unione Cristiana –  come la società in cui viviamo sia in preda a una dittatura culturale che vuole distruggere i valori espressi dai seguaci di Gesù. Non possiamo permettere che più di 58 milioni di persone vengano discriminate e ingiustamente contestate, come la giornalista Marina Nalesso, che è stata al centro di dure polemiche per avere condotto il Tg1 indossando al collo un crocifisso. Esprimiamo piena solidarietà alla cronista, invitandola a unirsi alla nostra battaglia di civiltà che intendiamo proseguire in Italia. Fermeremo tutti insieme – ha concluso Scilipoti Isgrò – questo pericoloso processo di scristianizzazione che sta generando un crollo di quei principi antropologici alla base del nostro vivere.”

 

Viene da pensare, a margine di quanto dichiarato dal senatore Scilipoti, al simbolo della vecchia Democrazia Cristiana, uno scudo crociato a proposito del quale nessuno ha avuto mai da ridire, ripreso poi negli ultimi tempi da un piccolo partito che vorrebbe restaurare quella grande organizzazione e che in effetti non fa altro che viverne all’ombra. Viene da pensare che l’abolizione della croce dal simbolo di Unione Cristiana sia richiesta, oltretutto, per fare un favore a quanti la croce non la gradiscono neanche nelle aule scolastiche, il che sarebbe rinnegare le nostre radici giudaico-cristiane.  Viene da pensare che la vecchia DC aveva l’appoggio del Vaticano e dei vari Papi, in quanto ispirata ad un cattolicesimo radicale trapiantato nella vita politica e nei comportamenti – leggi, ad esempio, censura sulla allora televisione di Stato.

 

Non essendo Unione Cristiana un movimento appoggiato da piazza San Pietro, ma che vuole raccogliere attorno a sé tutte le denominazioni evangeliche presenti sul territorio italiano, ecco che, secondo ciò che se ne evince, scatta, a quanto sembra, una persecuzione strisciante, operante da sempre nei confronti delle chiese evangeliche dalla solita longa manus. Ovviamente ci si augura che quanto appena scritto non corrisponda al vero, e che il buon senso e la democrazia – sempre invocata, mai praticata – insieme alla ragionevolezza che comunque dovrebbe sussistere nelle Istituzioni preposte, possano prevalere, permettendo l’accettazione di un simbolo politico. “Non vogliamo portare la chiesa in politica, né la politica in chiesa”, copiando ciò che ha asserito un fedele evangelico, è giusto che anche gli evangelici abbiamo in politica una voce che faccia rispettare i loro diritti civili, e un Movimento che unisca le tante, troppe denominazioni solo in apparenza in contrasto fra di loro. Se anche i principi evangelici fossero condivisi da una maggioranza di cittadini, certamente la nostra società sarebbe migliore.

Roberto Ragone