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Editoriali

Regionali siciliane, astensionismo e impresentabili: le due note stonate di una democrazia sull’orlo del baratro

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Quel che si vede nelle strade del capoluogo siciliano oggi è un frenetico viavai di cittadini impegnati nelle loro faccende, che concentrati a testa bassa rincorrono i loro impegni quotidiani a poche ore da un verdetto politico che ha messo in risalto la reale situazione politico-sociale in Sicilia.

Si percepisce una sensazione celata di mesta rassegnazione e nelle code agli uffici postali o nelle sale di attesa degli uffici burocratici non si assiste agli improvvisati e consueti scambi di opinioni fra persone sconosciute un po’ per “ammazzare” il tempo nell’attesa del proprio turno e un po’ perché in fondo persiste una certa curiosità che porta a discutere con il vicino per comprendere meglio gli umori alla ricerca di qualche dettaglio magari sfuggito. Questa volta no. Sembra che i palermitani abbiano la sensazione che, ancora una volta, persista l’ennesimo “deja-vu” che induca a rinunciare a credere che sia arrivato il momento in cui la politica possa finalmente tornare ad essere una svolta concreta per il bene del cittadino.

 

Le due note stonate che rendono amaro l’esito delle ultime elezioni Regionali in Sicilia sono stati l’astensionismo e l’impresentabilità di una serie di candidati a cui si è permesso con “charme” di partecipare alle elezioni. Due note stonate che segnano i tempi e che rappresentano un campanello d’allarme da non sottovalutare.

L’astensionismo registrato ad un valore di oltre 53% conferma in modo definitivo che la politica sembra non essere presa “sul serio” e che viva e percorri una linea parallela accanto a quella dei cittadini senza che stimoli o interessi possano in determinate circostanze unirsi insieme. Una credibilità persa che non sembra mai impensierire nessuno ma che invece appare come un elemento accettato e quasi “fisiologico dei tempi moderni”. Una dissociazione pericolosa a scapito della sicurezza e della autorevolezza del sistema politico e della società che dovrebbe esserne rappresentata e guidata. Una “strafottenza” forse imposta dall’assoluta inaffidabilità di una politica interessata solo dai propri “giochetti di poltrona” che, una volta scrollatosi di dosso l’importanza del valore storico della propria ideologia politica, è diventata per alcuni solo una opportunità di arricchimento dove l’interesse principale è resistere il più a lungo possibile per garantirsi pensionamenti e vitalizi da nababbi alla faccia del cittadino che come unica arma “democratica” gli resta una matita per segnare una croce su un logo con partito e “sponsor”.

Risulta davvero arduo contestare quel senso di nausea che ha spinto due palermitani su tre a disertare le urne ma è pur vero che darla vinta gettando la spugna sul ring non consente alla speranza di poter agire come farmaco contro la nausea stessa che va combattuta nell’interesse collettivo.

La storia parla chiaro. I cambiamenti seppur lenti arrivano e anche Giuseppe Tomasi di Lampedusa magari nella tomba si potrà avvedere che gli sforzi per cambiare le cose prima o poi pagheranno davvero. Detto questo si deve comunque iniziare a ripulire la contesa politica da una sempre più dilagante accettazione che coloro che partecipano alla cosa pubblica possano farlo essendo persone “pulite e pure” senza macchia e senza che la loro agenda di appuntamenti sia farcita di date di partecipazione ad udienze in corso per reati commessi o pendenti.

 

La squadra più forte è quella che vince in modo pulito non approfittando certamente di bacini di voti garantiti da persone impresentabili. Se si accettano “impresentabili”, allora si gioca “sporco” e poco vale l’ipocrita e risibile frase di comodo “riguardo gli impresentabili non li votate”. I Siciliani sono un popolo che soffre il peso di una malattia che non guarisce e che il tempo ha reso forse “cronica” ma non ci sono i presupposti per una dilagazione totale e fatale senza speranza di guarigione. E prima o poi, come prassi vuole, si paga sempre il conto di scelte errate sia da parte di coloro che disertando le urne hanno mostrato disinteresse per il proprio futuro e chi, pur di vincere, ha scelto di avvalersi nella propria squadra di elementi a cui la legalità non rappresenta un valore assoluto.

Paolino Canzoneri

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