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Editoriali

Referendum costituzionale: Tg2 Rai e prove di regime.. "democratico"

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Tempo di lettura 4 minuti Lunedì sera, dunque, è stato trasmesso un servizio che illustrava come e qualmente la riforma costituzionale porterebbe benefici imprescindibili alla nazione Italia e ai cittadini tutti

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di Roberto Ragone
Nonostante il diversivo studiato dallo stratega di Matteo Renzi  Jim Messina, cioè la discussione in aula sulla libera vendita delle droghe cosiddette ‘leggere’ – che poi tanto leggere non sono, anzi – , argomento di cui si sentiva l’impellente necessità, soprattutto in prossimità dei quaranta giorni di ferie estive dei nostri parlamentari, i quali si spargeranno attorno al globo terracqueo a mostrare, chi andrà al mare, i rotoli di grasso attorno alla cintura accumulati nei mesi trascorsi a Montecitorio; nonostante questo, che avrebbe distolto dal referendum vitale per questo governo, quello della riforma costituzionale, l’attenzione dei cittadini in odore di voto, attenzione che stava orientandosi pericolosamente verso una preponderanza del NO; nonostante questo, dicevamo, lunedì sera al TG 2, ma probabilmente anche sulle altre reti RAI, in obbedienza agli ultimi diktat di Campo Dell’Orto, leopoldino della prima ora – quello che quando si è trattato di stabilire il suo compenso come direttore generale si è magnanimamente affidato alla generosità di Renzi & Co., con il bel risultato di vedersi premiato con oltre 650.000 euro all’anno, cosa che neanche un giocatore di serie A – lunedì sera, dunque, è stato trasmesso un servizio che illustrava come e qualmente la riforma costituzionale porterebbe benefici imprescindibili alla nazione Italia e ai cittadini tutti, quasi un farmaco salvavita senza del quale non si potrà più procedere ad amministrare la nazione, ma ci si impantanerà in una palude di sabbie mobili – o meglio, immobili, come se fino ad oggi tutto fosse stato bloccato. Se poi il sistema democratico blocca le iniziative di cui Renzi non vuole dar conto al Parlamento, in questo ha perfettamente ragione, perché il SI’ gli spalancherebbe le porte di un potere assoluto, potendo oltretutto influire sulla scelta dei componenti la Corte Costituzionale. Il servizio, con uno spacchettamento parziale e fazioso ad usum delfini, con slogan da venditore di aspirapolvere,  illustrava quelli che, secondo Santa Maria Elena e don Matteo sarebbero gli irrinunciabili vantaggi dell’operazione Salvaitaliaconlanuovacostituzione, ripetendo ad libitum i soliti slogan che ormai non trovano più credito nelle bocche dei nostri due protagonisti, anche perché ripetuti fino allo sfinimento e non più originali, dimostrando che anche se una bugia viene ripetuta più volte, talvolta non diventa verità. S’è pensato quindi, non avendo più nulla di nuovo da dire, di cambiare il soggetto parlante. Certo, in una nazione in cui il Tiggì, che sia Rai 1, 2 o 3, porta la cronaca in casa della gente, presumendone quindi la veridicità, un servizio a proposito della Nuova Costituzione assume il crisma dell’infallibilità papale. Dopo le solite ovvietà miste a bugie, il servizio continuava con due interviste: la prima ad un parlamentare Cinquestelle, Roberto Fico, movimento notoriamente contrario a questa riforma perché mal fatta, ma non contro una riforma costituzionale che non portasse tutto il potere in mano ad una sola persona, come ampiamente dimostrato dai più fini ed esperti, ma altrettanto inascoltati, costituzionalisti. La seconda non è una novità, essendone il protagonista Emanuele Fiano, notoriamente uno dei più fantasiosi difensori di questo governo e delle sua iniziative, insieme a Claudio Romano e Gennaro Migliore. Secondo Fiano, sorrisetto mellifluo e voce flautata, la Nuova Costituzione sarà un toccasana per tutta la nazione, portando ricchezza, amore, fortuna, prosperità e vincite al Lotto. Potere sbilanciato verso il Premier? Ma neanche per sogno! Come avete mai potuto immaginare una cosa simile, in un contesto democratico come quello in cui – grazie a Dio – viviamo e prosperiamo! E poi, il Partito, non si chiama Piddì, che vuol dire Partito Democratico? Come fa un partito che ha nella sua denominazione già un programma di questo genere a comportarsi in modo antidemocratico? Ma siamo matti? E giù una risatina ironica. Come disse il medico al malato di tumore: non si preoccupi, vedrà che presto le sue sofferenze finiranno. La scorrettezza di questa operazione mostra una volta di più, se ce ne fosse bisogno, la svolta autoritaria e dittatoriale del premier Renzi, dopo l’acquisizione in toto dei vertici RAI e non solo di quelli. Oggi don Matteo ha a disposizione tanti bei soldatini che obbediscono al comando del suo sergente maggiore Campo Dell’orto, in totale assenza di obiettività. Infatti gli spazi televisivi sono stati militarizzati a favore solo del suo governo, mancando totalmente un contraddittorio ed una equa divisione degli spazi politici. Il servizio, infatti è stato mandato in onda senza un vero contraddittorio, in quanto l’intervista a Roberto Fico è stata subito seguita da quella a Emanuele Fiano, quasi la correzione paterna alla castroneria detta da un figlio cretino, ma, si sa, i ragazzi sono così, devono crescere. La cosa più grottesca, è che il referendum è stato programmato ab initio, quando la riforma è stata votata a maggioranza semplice, presumendo, Matteo Renzi, che il risultato del conseguente referendum confermativo sarebbe stato nelle sue mani. La cosa corretta sarebbe stata far votare in aula la Nuova Costituzione con la maggioranza prevista per le modifiche agli tabella costituzionali. Ma tant’è, il Bomba va avanti nonostante gli Italiani, il Parlamento e la latitante democrazia – che significa ‘governo del popolo’. E grottesco sarà anche il caso in cui il referendum passi, per cui poi, a cose fatte e impacchettate, ci sentiremo dire che questa era la volontà dei cittadini. Oltre al danno, la beffa, ovvero, cornuti e mazziati, con un governo Renzi che abdicherà non prima del secondo mandato, e a quel punto non possiamo prevedere dove il nocchiero ci avrà condotti. Tutto però, secondo Renzi, in pieno rispetto della democrazia. Quella, diciamo noi, che l’Italia ha abbandonato da tempo. Semmai l’ha conosciuta.

 

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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