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Referendum Costituzionale: il 4 dicembre il popolo è chiamato a votare

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Tempo di lettura 4 minuti Ne parla con noi Giovanni Cicchitelli, Avvocato e Criminologo "se si presta mente a quei principi, non si può prestar fede a Renzi"

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di Angelo Barraco
 
Roma – In data 4 dicembre il popolo è chiamato a votare per il referendum costituzionale. La data è stata comunicata ufficialmente dal premier Matteo Renzi ai ministri riuniti a Palazzo Chigi per il Cdm. Matteo Renzi aprirà ufficialmente la campagna per il Si al Referendum il prossimo 29 settembre nella sua Firenze e sarà la prima di una serie di tappe che lo porterà in giro per lo stivale in vista del tanto atteso voto popolare. La Cei, nella persona del Card. Bagnasco, ha lanciato un appello al popolo che dovrà decidere sulla  Costituzione “il Paese è atteso per un importante appuntamento, il Referendum sulla Costituzione. Come sempre, quando i cittadini sono chiamati ad esprimersi esercitando la propria sovranità, il nostro invito è di informarsi personalmente, al fine di avere chiari tutti gli elementi di giudizio circa la posta in gioco e le sue durature conseguenze”. Si sono innescate polemiche in merito alla data scelta da parte di Forza Italia e Sinistra Italiana, che lamentano il fatto di non essere stati consultati. Il Movimento Cinque Stelle intanto alza la voce e piomba a gamba tesa sulla questione referendum “Quando abbiamo detto No alle Olimpiadi hanno tremato, ma con il No al referendum vedranno la loro fine” ha detto la Sindaca Virginia Raggi che ha gridato a gran voce “"No a una riforma scritta dalla P2”. Una Palermo in delirio che li ha accolto esponenti di spicco come Di Maio e Di Battista che hanno puntualizzato punti fondamentali per il movimento, nell’attesa che il loro leader Grillo desse un ulteriore scossone in merito alla vicenda: “La Costituzione è stata scritta negli anni 50 in un modo semplice, che si potesse capire” sottolineando quindi le ragioni del No. Inoltre i deputai del M5S hanno mosso polemiche in merito alla data prescelta: “Data indegna, Renzi non ha consultato le opposizioni, prestigiatore del gioco delle tre carte. Grave che Renzi abbia scelto la data del referendum costituzionale senza neanche consultarsi con le opposizioni. Ed è altrettanto grave e vergognoso che abbia negato ai cittadini, per così tanto tempo, la possibilità di esprimersi su un tema così delicato e importante, facendo un'indegna melina. Inoltre, se avesse potuto, il Presidente del Consiglio ci avrebbe fatto votare a Natale o, magari, a Capodanno, nella speranza di scoraggiare la maggioranza degli italiani, che è a favore del no, a recarsi presso le urne e nel tentativo di arrivare a mangiarsi il panettone”
 
Ma che cos’è il Referendum costituzionale? A cosa serve il voto popolare? Serve ad approvare o respingere la riforma costituzionale vigente portata in auge dalla ministra Maria Elena Boschi e promossa dal governo Renzi. L’articolo 138 della Costituzione italiana stabilisce che “Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata , se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti”. Le leggi costituzionali attuali devono essere approvate da entrambe le camere, la riforma invece propone  di superare il bicameralismo perfetto e la camera dei deputati diventerebbe così un unico organo eletto dai cittadini con suffragio universale diretto, diventando così l’assemblea unica di approvazione delle leggi ordinarie e di bilancio. Ettore Rosato, capogruppo Pd alla Camera, scrive su Twitter: “Si vota il 4 dicembre. Per cambiare la Costituzione, per cambiare il Paese”. 
 
Noi de L’Osservatore D’Italia abbiamo parlato della Riforma Costituzionale con Giovanni Cicchitelli, Avvocato e Criminologo che ci ha espresso il suo punto di vista.
 
“Appartengo a quella schiera di giuristi formatisi sulle pagine del celeberrimo testo del messinese Temistocle Martines, Maestro del Prof. Michele Ainis, uno dei costituzionalisti che più apprezzo e che lo ha definito un “uomo che passò la vita a difendere la Costituzione”. Quando ero studente conobbi un altro insigne costituzionalista, già Presidente della Consulta: il calabrese Aldo Corasaniti, oggi anch’egli scomparso. Quando Corasaniti venne nel Collegio dove risiedevo e tenne la sua lectio sulla Costituzione ad un piccolo gruppo di studenti di Giurisprudenza, tra i quali io, ci disse: “I principi fondamentali della nostra lex suprema, ossia gli artt. Da 1 a 12, sono tra i meglio scritti del mondo”. Non riesco a comprendere chi pensa che le modifiche ad una parte della Costituzione non possano arrivare a confliggere con la restante parte, provocando una vera e propria “crisi di rigetto” da corpo estraneo. Non solo: trovo intollerabile che a proporre la modifica (buona o cattiva che sia), sia un Esecutivo privo della necessaria legittimazione popolare, che non brilla peraltro per preparazione tecnico-giuridica. Non vorrei cioè che l’ansia di rinnovamento, pure sentita e radicata nei più di noi, induca a “fermarsi alla prima taverna” di una riforma poco sentita, con chiare mire accentratrici e difettosa sotto il profilo del rispetto delle regole democratiche e della tecnica legislativa.La mia, in sintesi, è una questione di principio, anzi di principi, cioè quelli della nostra bella Costituzione, scritta col sangue dei partigiani di ogni fede politica: se si presta mente a quei principi, non si può prestar fede a Renzi e ad i suoi accoliti. Per questo voterò NO”

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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Editoriali

La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Roma, aggressioni e borseggi in metro. Riccardi (UdC): “Linea più dura per garantire la sicurezza pubblica”

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“Ci troviamo ad affrontare un problema che il Governo non può più ignorare: i borseggiatori operano impuniti nelle metropolitane di Roma. Questa situazione è inaccettabile e richiede un intervento deciso e immediato. Ritengo che la sicurezza dei cittadini debba essere una priorità assoluta e che la moderazione non significhi inazione”.
È assai dura la reazione del commissario cittadino di Roma Capitale dell’UdC, il dottor Roberto Riccardi, circa le continue, ripetute aggressioni e borseggi nella Capitale.

Dottor Riccardi secondo Lei dove bisogna intervenire in fretta nella legislazione italiana in tale materia?
I recenti episodi di furto nei mezzi pubblici mettono in luce una legislazione troppo permissiva. La normativa attuale, che prevede l’intervento delle Forze dell’Ordine solo su querela dei borseggiati, è del tutto inefficace. Questo non solo rallenta l’intervento delle autorità, ma spesso disincentiva le vittime a denunciare, sapendo che le conseguenze per i borseggiatori saranno minime o inesistenti.
Le leggi attuali non sono sufficienti per contrastare efficacemente questo fenomeno. È necessario un cambio di rotta deciso.

il commissario cittadino UdC di Roma Capitale, dottor Roberto Riccardi

E cosa può fare in più, in questo frangente, l’organo giudiziario?
Bisogna smettere di essere troppo indulgenti con i delinquenti. Va adottata una linea più dura per garantire la sicurezza pubblica.
Lei rappresenta uno dei partiti di governo nazionale. Esiste una vostra “ricetta” in merito?
Ecco le misure che proponiamo; arresto obbligatorio per i borseggiatori con l’introduzione dell’arresto obbligatorio per chiunque venga colto in flagrante a commettere furti nei mezzi pubblici. Questo deterrente è essenziale per scoraggiare i delinquenti e proteggere i cittadini.
Modifica della normativa vigente; bisogna consentire l’intervento delle Forze dell’Ordine anche in assenza di querela da parte della vittima, permettendo un’azione tempestiva e decisa contro i borseggiatori.
Inasprimento delle pene ed introduzione di sanzioni più severe per i reati di furto, specialmente quando commessi in luoghi pubblici e affollati come le metropolitane.
Campagne di sensibilizzazione informando i cittadini sui loro diritti e sull’importanza di denunciare ogni atto di borseggio, contribuendo così a creare una comunità più sicura e coesa.
Ma Lei crede che con tali misure si possa mettere un argine alla questione che preoccupa non solo i romani ma le decine di migliaia di turisti che ogni giorno arrivano nella capitale?
Non possiamo più permetterci di essere indulgenti. Dobbiamo agire con fermezza per garantire la sicurezza di tutti i nostri cittadini.
Le Forze dell’Ordine devono essere messe nelle condizioni di poter agire senza ritardi e senza ostacoli burocratici.
Dobbiamo essere determinati nello spuntare le armi dei buonisti ed a ripristinare la legalità nelle nostre strade e nelle nostre metropolitane. Solo con un intervento deciso e risoluto potremo garantire una Roma più sicura e vivibile per tutti.

Risposte chiare e concrete quelle del commissario cittadino UdC di Roma Capitale Roberto Riccardi.
Ci auguriamo che questa volta la politica affronti davvero con tale determinazione questa assenza di sicurezza per i romani e per le migliaia di turisti che si apprestano a giungere nella Capitale per l’imminente apertura, il 24 dicembre 2024, dell’Anno Giubilare.

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