Connect with us

Editoriali

Referendum: con il NO l'Italia riparte

Clicca e condividi l'articolo

Tempo di lettura 4 minutiAll’Italia serve che ci sia un governo prima di tutto che faccia gli interessi dei cittadini

Published

on

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 4 minuti

 

di Roberto Ragone

 

Per molti versi questa ‘riforma’ costituzionale – fra virgolette, perché più che una riforma, la nuova Costituzione riveste il carattere di un vero e proprio colpo di Stato, abbiamo tutti il coraggio di riconoscerlo, specialmente quelli che votano SI’ perché a loro non piacciono quelli che votano NO. Ma non è un fatto politico: la nuova Napolitano-Verdini-Boschi-JP Morgan-Bilderberg che modifica la ‘vecchia’ Costituzione – ritoccata comunque ben sedici volte dal ‘48 ad oggi – è sempre stata contestata nel merito, e mai nel fatto politico.

 

Solo Renzi ha voluto farne un fatto personale, con la sua famosa promessa di andare a casa.  Ma, nella realtà, tutti i più eminenti costituzionalisti italiani – e in queste colonne abbiamo avuto il piacere di ospitare un’intervista alla professoressa Lorenza Carlassare – sono insorti come un sol uomo contro un provvedimento raffazzonato, pasticciato, manovrabile, e soprattutto orientato in una unica direzione: quella di togliere agli Italiani, insieme alla nuova legge elettorale, ogni e qualsiasi libertà e democrazia, accentrando tutto il potere nelle mani di un uomo solo al comando.

 

Certo, non c’è scritto espressamente così, e ci mancherebbe: ma con tutti i giri di parole, gli arzigogoli, le norme, leggi, leggine e disposizioni ad incastro che troviamo nei vari tabella, nei fatti succederebbe proprio questo; come, ad esempio, l’elezione del capo dello Stato, dei membri del CSM, la maggioranza assoluta in Parlamento, l’egemonia del partito di governo, e così via, a cascata. Presentare una legge di iniziativa popolare, o un referendum – le uniche manifestazioni di democrazia dal basso – diverrebbe praticamente impossibile. Agli ex presidenti della Repubblica – leggi Napolitano – verrebbe riconosciuto, avulso da qualsiasi altro conteggio, un emolumento mensile vitalizio di poco meno di 50.000 euro. Il pareggio di bilancio, una norma che costringerebbe l’Italia ad accantonare decine di miliardi all’anno per eliminare un debito pubblico che spiace solo all’Europa della Merkel, diverrebbe costituzionale, senza possibilità di ritocco: mentre gli economisti di tutto il mondo hanno sempre considerato il pareggio di bilancio un suicidio, per una nazione.

 

Il Senato di nominati – nonostante l’ultimo coniglio dal cappello, quello della falsa scheda elettorale per il Senato velocemente elaborata al computer in esemplare unico, ma di cui mancano le disposizioni ed ogni altro strumento per metterla in opera – farebbe il gioco del governo, impedendo di fatto ogni iniziativa con solo il 30% dei voti, se il governo non fosse quello che questo Senato ha nominato. Fermo, e dimostrato, restando, che i sindaci e i consiglieri regionali non possono materialmente svolgere con efficacia due compiti come quelli proposti. E se dobbiamo votare noi i futuri senatori, perché farli passare attraverso le Regioni, e non lasciarli eleggere liberamente a quell’incarico nelle politiche, come s’è sempre fatto? E via così. Non possiamo qui fare una disamina completa di tutta la nuova Costituzione, né è questa l’intenzione.

 

Renzi non ama perdere, questo l’abbiamo capito, e la scheda elettorale per il nuovo Senato ne è la prova: invocare un falso a tre giorni dalla consultazione è contro ogni correttezza, contro ogni etica, contro ogni regola del vivere civile e di quella mens democratica che dovrebbe ispirare chiunque voglia impegnarsi nell’agone politico. Che sia una toppa, è evidente: togliere ai cittadini, e agli Italiani all’estero, la possibilità di eleggere i loro senatori, è stato un argomento cardine delle contestazioni. Sfilare dalla manica una falsa scheda elettorale, stravolgendo tutto ciò che si è pubblicizzato fino ad un momento prima, vuol dire aver capito che quello era un punto dolente, e che si è voluto mettere una pezza a colore, l’improvvisazione fatta politica, adottata a gestione della nazione e delle sue leggi. Ma noi non vogliamo gli improvvisatori, le amebe politiche, quei personaggi che cambiano le tre carte in tavola secondo il vento. All’Italia serve che ci sia un governo prima di tutto che faccia gli interessi dei cittadini: questo è il significato di ‘democrazia delegata’. Ridurre il numero comunque dei parlamentari di ambedue le Camere è un provvedimento che rispecchierebbe i tempi in cui viviamo: anche a loro farebbe bene un po’ di austerity. Toglierci la democrazia, no.

 

Altri paesi hanno un’amministrazione diversa, senza due camere paritarie, me il loro ordinamento – Germania, Francia, Inghilterra – e i loro meccanismi sono diversi. Insomma, questa riforma è un gran cavallo di Troia di Renzi, dove si vuol far passare dalla finestra ciò che non può far passare dalla porta. Insieme a tante strombazzate ‘buone’ modifiche, passerebbero altre cose poco piacevoli. Se in vece del SI’ vincerà il NO, dal giorno dopo gli Italiani potranno incominciare a riprendersi l’Italia, scevri da lacci e lacciuoli, liberi da un orientamento politico liberticida e totalitario. Finalmente potremmo riprenderci la nostra democrazia; con tutti i suoi difetti, con le liti in Parlamento, con le contrapposizioni più o meno ideologiche, con i giochi di palazzo, ma è meglio una brutta democrazia che una bella dittatura, specialmente se sappiamo da dove viene. Se gli investitori internazionali – dei quali non abbiamo avuto bisogno per settant’anni – non verranno a comprare i nostri titoli di Stato, o i nostri gioielli di famiglia, le nostre eccellenze – che è bene che rimangano nostre – ce ne faremo una ragione. Meglio così che diventare una colonia. L’Italia ha in sé gli anticorpi, la capacità di risollevarsi da sola, a dispetto di qualsiasi deleteria globalizzazione, tesa soltanto a renderci schiavi di grosse multinazionali, – il Nuovo Ordine Mondiale –  a cui Renzi e tutta la sua truppa spianano il terreno per la conquista. Se vince il NO, il giorno dopo l’Italia riparte, ma nella direzione giusta, con i cittadini italiani che potranno ancora alzare la voce. La Costituzione, non è assolutamente vero che non si possa più modificare per trent’anni: questo slogan è stato preso dalle vendite televisive, dove lo sconto è praticato solo se ordinate subito il prodotto reclamizzato; ma il giorno dopo, la canzone è la stessa. Se vince il NO, l’Italia riparte, senza una casta deleteria, come si è dimostrata fino ad oggi, e con una democrazia, con tutti i suoi difetti, ma che da’ voce anche a chi non ne avrebbe più.