Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
Redazione
Sceglievano le vittime con molta cura: più erano anziani e malati e meglio era. Entravano in casa, li immobilizzavano e si facevano consegnare soldi e oro. Se opponevano resistenza o non collaboravano li picchiavano con schiaffi e calci, arrivando anche a legarli al letto fino a che cedevano.
Al termine dell'operazione "Safety home", cinque persone, tre uomini e due donne, sono state arrestate dagli uomini della Squadra mobile di Ragusa e del commissariato di Vittoria.
I criminali erano ormai diventati l'incubo della provincia, e finalmente, dopo mesi di intense indagini, sono finiti in carcere con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di rapine in abitazione e furti.
L'attività investigativa è iniziata nel gennaio 2013 quando l'associazione criminale che fino a quel momento si dedicava alle attività commerciali, decise di spostare il proprio target, cominciando ad effettuare rapine in casa di persone anziane.
Gli arrestati sono sospettati di almeno 18 raid portati a termine nella provincia di Ragusa, nella quale tutti e cinque sono nati e risiedono. In particolar modo agivano nei comuni di Vittoria e Chiaramonte Gulfi.
La svolta nelle indagini c'è stata quando gli investigatori hanno individuato delle telecamere in una delle zone particolarmente bersagliate dalla banda. Dall'analisi dei video è emerso un fotogramma nel quale si vedeva la targa di un'auto che sarebbe potuta appartenere ai banditi.
Individuato il proprietario del veicolo sono partite le intercettazioni telefoniche e ambientali, che hanno permesso di individuare tutti gli appartenenti al gruppo criminale, acquisendo anche le prove che hanno consentito al tribunale di Ragusa, di richiedere al giudice per le indagini preliminari (gip) l'emissione degli ordini di custodia cautelare in carcere.
Gli uomini del gruppo eseguivano materialmente le incursioni negli appartamenti, dopo aver effettuato accurati sopralluoghi, e quando erano pronti entravano in azione. Dopo essersi accertati che gli appartamenti erano abitati, facevano irruzione e immobilizzavano le vittime utilizzando del nastro adesivo. Bloccate mani e piedi impedivano alle vittime di urlare con maglioni, cuscini e tutto ciò che trovavano, rischiando anche di soffocarle.
Le due donne partecipavano ai sopralluoghi, ma avevano poi un ruolo fondamentale come supporto logistico. Avevano infatti il compito di custodire la refurtiva e la cosiddetta "armatura", cioè passamontagna, armi e arnesi per lo scasso.
In un caso sono state proprio le donne ad effettuare il colpo, dimostrando di non avere scrupoli perché le vittime erano dei loro parenti.
Correlati