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Editoriali

Quirinale. Eletto Mattarella, e ora?

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Tempo di lettura 2 minuti Dopo il voto per l'elezione del Presidente le divisioni nei partiti sono più evidenti

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di Silvio Rossi

 

La fragilità del sistema politico, specialmente nei rapporti all’interno dei partiti, è emersa in maniera lampante durante l’elezione del Presidente della Repubblica. La tre giorni di camere riunite in seduta comune ha restituito i gruppi parlamentari con spaccature più profonde di quanto gli stessi protagonisti si attendessero all’inizio.
Il caso più evidente è Forza Italia. La dichiarazione di voto per Mattarella pronunciata da Raffaele Fitto è una vera e propria dichiaratone di guerra nei confronti del leader del partito, Berlusconi, che aveva dato indicazione di votare scheda bianca. La divisione tra i due non è certo stata provocata dalle scelte nella votazione, i rapporti sono tesi dal primo incontro al Nazareno, ma il risultato ottenuto può fornire la possibilità a Fitto di porre condizioni che fino a pochi giorni fa sarebbero state impensabili.
Non se la passa meglio il Nuovo Centro Destra. L’indecisione di Alfano, richiamato “al dovere” da Renzi in virtù del suo ruolo istituzionale ha fatto emergere i malumori di quanti, nel partito, non hanno accettato di vedersi dettare l’agenda dal Premier, tra cui l’ex ministro Sacconi e la portavoce Barbara Saltamartini, che ha votato scheda bianca.
Discorso diverso per il Movimento Cinque Stelle. In questo caso la spaccatura era precedente, e apparentemente il gruppo ha votato compatto per Imposimato. Resta però la sensazione di aver sbagliato strategia, preferendo una scelta dettata dal mero conteggio dei voti sul blog, rispetto alla possibilità di mettere in crisi il PD con un’eventuale candidatura di Prodi, che avrebbe suscitato più di un’indecisione tra i grandi elettori del Nazareno.
I partiti suddetti possono essere considerati gli sconfitti dall’elezione del Presidente. Anche il PD, che sulla carta si è ricompattato, convincendo a votare il proprio candidato anche diversi deputati di altre formazioni, e recuperando, almeno sul tema istituzionale, un dialogo con SEL, non può ignorare i tanti malcontenti che sono stati esternati da esponenti della minoranza, coi vari Fassina e Civati onnipresenti nelle trasmissioni TV o nelle interviste dei telegiornali, che non hanno mai lesinato critiche al gruppo dirigente, e che non possono ammettere oggi di aver sbagliato.
Le uniche formazioni che non hanno subito danni diretti sono state la Lega e SEL, pur senza però avere dei vantaggi reali. I primi con Salvini in testa stanno proseguendo la loro opera si proselitismo, puntando sull’uscita dall’euro, su un’alternativa a tutto il sistema che non poteva certo trattare sull’appoggio a qualsiasi candidato fosse stato proposto da Renzi. La formazione di Vendola, invece, ha sostenuto compattamente il candidato governativo, forse per non rischiare di rimanere spiazzati come i grillini. Se i loro voti fossero stati determinanti per l’elezione del Presidente, avrebbero potuto gridare al trionfo, ma i numeri hanno detto altro.

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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