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5 anni faon
Il paese dei voltagabbana, 8 settembre 1943 – 3 settembre 2019: Come voltagabbana abbiamo una bella tradizione. Qualcuno ha paragonato, a ragione, Giuseppe Conte al Badoglio del dopo 8 settembre. Senza voler fare della dietrologia sterile e nostalgica, i tedeschi si trovarono improvvisamente in un paese nemico e a questa condizione reagirono da par loro, trucidando enormi masse di innocenti. I tedeschi sono fatti così, è nel loro DNA, e nel tempo non sono cambiati. Non reagiscono, infatti, alla richiesta di danni di guerra, né hanno mai voluto consegnare i loro criminali, rei di aver compiuto quelle stragi che tutti conosciamo. Tranne poi a chiedere scusa, come di recente, da un palco pubblico, ma assolutamente gratis, in Polonia.
Così, da buon Italiano rispettoso della tradizione e del globalismo europeo, il professor Giuseppe Conte, dal curriculum lungo due braccia, ha ‘svenduto’, con il suo collega Tria, alla Merkel & Co. la manovra economica che invece molti si sarebbero aspettati, rendendo noto, a parer suo, d’aver evitato, novello supereroe, la manovra di infrazione da parte della UE. La quale UE è sgradita alla maggioranza degli Italiani, ma tant’è, noi ‘non contiamo un cazzo’, come disse il marchese del Grillo ai suoi compagni occasionali di bisbocce.
Il professor Conte, apparso come sir Galahad all’orizzonte di una politica che voleva essere pettinata, ordinata, per funzionare – leggi M5S-Lega – ci aveva gabbati tutti, e incominciavamo, nonostante le altre amare esperienze, a confidare in lui, nella sua esperienza di giurista, nel suo aplomb all’inglese, nei suoi nodi alla cravatta che rasentavano la perfezione, nei suoi colletti della camicia sempre impeccabili, sempre uguali. Fino all’attacco fuori della grazia di Dio in Senato, contro un Salvini che ha avuto l’unico torto di sbagliare i… conti, non calcolando che, cadendo il governo, non saremmo andati alle elezioni, ma ad un governo di rattoppo della legislatura. E confidando, probabilmente, nel fatto che fino ad allora i 5 stelle e il PD se l’erano date di santa ragione, sui social, sui media, in parlamento e dovunque fosse possibile.
Confidando nei ‘duri e puri’, capo quel Di Maio che non più di una settimana prima aveva dichiarato pubblicamente che mai sarebbe andato con il ‘partito di Bibbiano’: cioè con il PD. Un PD che già un’altra volta aveva tentato, senza convinzione, di amalgamarsi con i duri e puri, ma senza risultato, un incontro, se ricordate trasmesso in streaming: condizione ormai sparita dal vocabolario cinquestellato. Che dire? Conte, lo scrivono i giornali, già da sei anni era un fan del Giglio magico (chi l’avrebbe mai detto?).
E Giggino Di maio, ‘er bibbitaro’, come alcuni lo definiscono – soprattutto quel Berlusconi che farebbe meglio a star zitto: il più delle volte sta zitto, al massimo legge, e fa parlare gli altri – il duro e puro per eccellenza, l’abbiamo visto in costume da bagno, anche lui al mare. Dopo aver criticato il suo collega Salvini alla spiaggia Papeete, che probabilmente diventerà luogo di pellegrinaggio, con annesso Mojito. È un piccolo uomo; anzi, un piccolo ragazzo. Senza il suo abito blu con annessa cravatta, è davvero insignificante, fisicamente. Ma ancor più s’è rivelato un piccolo uomo in questa occasione. Doveva salvare la faccia, e ha evocato Rousseau, del quale s’era completamente scordato, preso nell’ingranaggio della politica reale, quella che bada solo alle poltrone e alle posizioni di prestigio. Ha evocato Rousseau, e tutti si sono precipitati a votare sulla piattaforma – pare… non abbiamo i conteggi in mano, ma le cifre sono bulgare. Tranne che qualcuno, sui social, ha riscontrato che venivano contati solo i voti per il Sì all’inciucio. Un voltagabbana anche Di Maio? I fatti direbbero di sì. Ma di una dimensione ridotta, siamo proprio alla frutta.
Una volta erano i grandi uomini che cambiavano opinione, oggi ci dobbiamo accontentare. Comunque vale sempre l’osservazione di qualcuno che mi fece, anni addietro, a proposito di ben altra faccenda, e cioè che non si manda un ragazzo a fare il lavoro di un uomo. I maligni potrebbero dire che abbiamo altri esempi: Renzi, ad esempio, dovrebbe, secondo quanto da lui dichiarato pubblicamente insieme alla sua sodale Santa Maria Elena Boschi, – a proposito del famoso fallimento del tentativo napoletanizzato di modifica della Costituzione – essere fuor della politica e dei santissimi. O cabbasisi, per dirla con Camilleri. Il quale, nato con la falce e martello tatuata sul cuore, tale è andato nel regno dei più, lui sì, coerente fino all’ultimo. A differenza, absit iniuria, di Napolitano, convertitosi dall’orbace alla camicia rossa nel 1945, dopo un ‘ripensamento’.
Insomma, per farla breve, il concetto è chiaro: nel DNA italiota c’è un germe che ci porta a ‘cambiare opinione’ un po’ troppo e un po’ troppo in fretta. Se poi questo cambio precede una situazione di convenienza, transeat: l’uomo non è di legno, come scriveva quel viaggiatore di commercio mettendo in conto alla ditta le prestazioni sessuali delle prostitute: dopo tutto, per fare il suo lavoro, era costretto a sta lontano da casa, e si sa, quando certe cose premono, non riesci più a dormire. Quello che rimane è uno spettacolo squallido della nostra politica e dei nostri politicanti – incluso lo spettacolo indecente della riunione al Senato in cui Salvini fu massacrato da un Conte che aveva già cambiato giacchetta, ma nessuno lo sapeva. Peccato. Avevamo incominciato a pensare che esistesse Babbo Natale, e magari anche Sir Galahad, il cavaliere bianco, senza macchia e senza paura. Purtroppo, come nella barzelletta, vince sempre il Cavaliere Nero, e a lui ‘nun je dovete rompe li cojoni.’