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Quando Cetto comunica e la corte pubblica c’è un plebiscito tracotante di ignoranza allo stato puro che offusca tutto il belvedere e come una coltre fitta distribuisce perle ai porci e veleni ai dissidenti.
Cetto, firmato dalla testa ai piedi, disoccupato ma feudatario, odia essere criticato e soprattutto smascherato. Guai solo a pensare che agisce contro legge, guai a supporre che si fa solo i fatti suoi. Di fronte alla sua schiera di radiocomandati è lui l’unico in grado di tenerli al guinzaglio, di allargare la presa quando è tempo e stringerla quando ci si muove troppo. I nostri nonni lo avrebbero definito puparo degli stolti ….scarpe grosse e cervello fino. Ma lui è Cetto e pensa ingrugnito a quale altra strategia mettere a punto per non scrostarsi dal palazzo e rimanere aggrappato a quella tanto agognata fascia. Non ci dorme la notte. E intanto forma i discendenti diretti alla condotta più nobile: l’arroganza.
Cetto non è lì a caso perché si fa scegliere e fa di tutto, anche quello che non si può, per tenersi stretto la servitù che gli permette di banchettare. Porta l’acqua con le orecchie, annulla debiti, distribuisce permessi, concede benefici per poi portare il conto quando è ora. La pandemia lo ha lasciato al posto suo ma quando fioriranno le rose, lui comincerà ad appassire.
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