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Editoriali

Propaganda fascista: caro Fiano il nemico oggi è un altro…

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Tempo di lettura 3 minuti Che l’onorevole Fiano, per suoi motivi propagandistici personali, abbia voluto far sua una proposta della presidente della camera Laura Boldrini, ai più appare un’iniziativa poco intelligente.

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di Roberto Ragone
Sono passati settanta e più anni, ma ogni tanto spunta fuori qualche nostalgico. Non parlo di coloro che, bene o male, giocano a fare i fascisti o i nazisti, ma di coloro che, memori delle atrocità del deprecato ventennio, con un colpo di coda degno di uno scorpione, vogliono colpire vestigia storiche ormai delegate soltanto appunto alla nostra memoria. Tutto ciò che riguarda il fascismo, come tutto ciò che riguarda Hitler e il regime nazista, fa parte della storia, e, grazie a Dio, non potrà mai più essere riesumato.

Che l’onorevole Fiano, per suoi motivi propagandistici personali, abbia voluto far sua una proposta della presidente della camera Laura Boldrini, ai più appare un’iniziativa poco intelligente. Ricordare di Mussolini solo le leggi razziali – abominevoli, senza dubbio, ancor più perché adottate per non mettersi in contrasto con l’alleato germanico – non risponde a verità storica. Bene o male, nel ventennio fascista furono fatte opere pubbliche rilevanti, che qui non mette conto di ricordare, perché sarebbe piaggeria fuori posto e non basterebbe lo spazio di questo articolo. Diciamo solo che, a questo punto, bisognerebbe demolire tutti i palazzi storici di Roma, costruiti da Mussolini, come ad esempio tutto il quartiere della Garbatella – ma anche a Bari, mia città natale, il lungomare, la Legione dei Carabinieri, la Questura e quant’altro ce n’è – per eliminare ogni traccia evidente nelle linee e nell’architettura ‘stile ventennio’: per coerenza. Ma quest’ultima qualità pare che sia disprezzata proprio da coloro che della coerenza dovrebbero fare il loro pane quotidiano, visto che noi cittadini – bene o male, chissà! – abbiamo affidato loro, per interposta persona, l’amministrazione della cosa pubblica.

Pretendere oggi di cancellare le scritte sugli obelischi e sui monumenti – alcuni palazzi a Roma portano ancora la scritta riguardante l’anno di costruzione calcolato sull’era fascista – non è decisamente una nostra priorità, e dimostra mancanza di coerenza. Dovremmo allora, in accordo con i Tedeschi, eliminare quell’odiosa frase che campeggia all’ingresso di numerosi campi di sterminio,, quell’ARBEIT MACHT FREI che oltre ad essere un insulto per chi aveva la sventura di esservi internato, suona anche come un estremo, cinico insulto per la vita umana, tenuta in nessuna considerazione. Ricordare, a proposito delle leggi razziali, che all’inizio in Italia esse venivano applicate all’acqua di rose, sarebbe una difesa inopportuna, né cambierebbe l’astio di chi vuol cancellare un pezzo di quella che ormai è solo storia, e che, al contrario, suona come un ammonimento alle nuove generazioni. Né si puo pensare – attività molto ardua per molti – che eliminando la scritta DUX e MUSSOLINI dall’obelisco incriminato cambierebbe qualcosa.

 

Cancellare la nostra storia non è intelligente: farne tesoro, sì. Non si può prevedere il futuro senza conoscere il passato: non è una frase di chi scrive, ma è un principio autentico. Ormai il fascismo è alle nostre spalle, né rischiamo che ci si ripresenti. Il nemico oggi è un altro, ma è più comodo far finta di nulla, quando magari non ne si è addirittura complici. Oggi il pericolo è la globalizzazione, l’assorbimento delle nostra identità nazionale, la sua omologazione a canoni che non ci appartengono, la nostra schiavizzazione economica e sociale a poteri che del denaro fanno un’arma di conquista – leggi Bilderberg, Nuovo Ordine Mondiale, Rotschild, Rockfeller, JPMorgan, Goldman Sachs eccetera.

 

Venezia sta morendo, e i potenti della terra se la stanno comprando a quattro soldi, ormai deserta e disabitata. Una delle nostre perle. Con tutte le sue smanie di conquista, Mussolini non è riuscito neanche quasi a conquistare un posto sicuro al cimitero di Predappio, visto che i soliti imbecilli ogni tanto ne fanno oggetto di un’incursione devastatrice. Lasciamo dormire in pace i morti. Le leggi razziali non sono un pretesto sufficiente per deturpare i simboli della nostra storia più recente, per operare una devastazione che ai bambini di domani suonerebbe come un’idiozia. Né possiamo rinnegare tutto ciò che è successo. Chi scrive non è mai stato per un’estremismo di un certo colore molto scuro: ma questo accanirsi contro scritte e simboli potrebbe – questo sì – creare una reazione ‘uguale e contraria’. Che i morti dormano in pace, finalmente, e lasciamoli alla storia, i nostri MUSSOLINI DUX come gli ARBEIT MACHT FREI, che i Tedeschi mai si sognerebbero di togliere dall’ingresso dei criminali campi di sterminio, nei quali, fra indicibili sofferenze fisiche e morali, hanno trovato la morte più di sei milioni di nostri simili, soltanto perché erano ebrei.

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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