Cronaca
Il profilo professionale degli operatori addetti alla ricezione delle richieste di soccorso pubblico: Intervista al prefetto Francesco Tagliente
Tempo di lettura 6 minutiL’Osservatore d’Italia arricchisce così la serie dei servizi dedicati “Al 113 con tanto amore”
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7 anni faon
L’Osservatore d’Italia con questa importante intervista al prefetto Francesco Tagliente, storico dirigente della Sala Operativa della Questura di Roma già Questore di Roma e prefetto di Pisa, arricchisce la serie dei servizi dedicati “Al 113 con tanto amore”. Per rendere omaggio al 113, un “personaggio” istituzionale molto famoso non solo per aver servito per circa 50 anni tutti i cittadini che lo hanno chiamato per esigenze di soccorso pubblico o di pronto intervento, ma anche e soprattutto per essere stato uno dei primi numeri telefonici unici al mondo per la ricezione delle segnalazioni e richiesta di soccorso pubblico e do gestione delle emergenze, L’Osservatore d’Italia ha ritenuto di intervistare nuovamente al prefetto Francesco Tagliente, storico dirigente della Sala Operativa della Questura di Roma, già Questore di Roma e prefetto di Pisa.
Il contributo del prefetto Tagliente ci consente di saperne di più sul profilo professionale richiesto agli operatori del centralino di soccorso pubblico e sulla strategia adottata per rendere il servizio 113 un modello di riferimento capace di garantire una risposta mediamente entro 6 secondi.
Prefetto Tagliente lei ha definito il 113 come un termometro dei rapporti di integrazione sociale, uno dei pilastri fondamentali della sicurezza delle persone e delle città. Ha sostenuto anche che uno dei punti focali dell’attività del 113 è Il fattore umano. Ci spiega meglio?
Facciamo intanto una premessa dando per scontati, una immediata accessibilità al servizio di soccorso pubblico, la disponibilità degli operatori e una professionalità da parte degli stessi idonea a garantire una risposta il più rispondente possibile alle aspettative. Ciò che qualifica lo standard di sicurezza di un intervento in emergenza non è soltanto il livello tecnico raggiunto dagli strumenti utilizzati, ma anche il fattore umano che ne determina la scelta sulla base del livello di professionalità, dell’esperienza e, soprattutto, della capacità di ascolto, ricettività e duttilità dell’operatore che riceve la chiamata da parte del cittadino in difficoltà. Di fronte ad una gamma infinita di sentimenti e stati d’animo che vanno dalla paura all’angoscia, dalla rabbia alla disperazione, dalla vergogna alla frustrazione, l’operatore del Servizio di emergenza deve saper gestire con assoluta professionalità una forma di comunicazione del tutto peculiare, in quanto unicamente verbale, strettamente finalizzata alla comprensione e risoluzione di un problema nel minor tempo possibile. Il rapporto con il cittadino in situazioni di emergenza richiede empatia, capacità di instaurare una relazione immediata e mantenerla in costante vicinanza emotiva, di comunicare fiducia e credibilità mentre si sceglie e si fornisce il supporto adeguato sulla base delle risorse disponibili.
Ci sta ripetendo che il fattore umano è uno dei punti focali dell’attività degli operatori addetti alla gestione delle richieste di soccorso pubblico e di pronto intervento in emergenza? Sto ribadendo, perché la ritengo una delle priorità, che l’operatore del centralino di soccorso pubblico deve effettuare scelte che richiedono grande professionalità e conoscenza di mezzi, luoghi e risorse materiali ed umane, mentre mantiene vitale e utile un delicato e fondamentale equilibrio tra atteggiamenti e modalità di comunicazione tra loro spesso conflittuali quando non anche diametralmente opposte. Deve far valere una posizione di autorevolezza fondata sul suo ruolo senza assumere atteggiamenti autoritari o valutativi; deve instaurare un rapporto partecipativo senza omologarsi e senza perdere la guida della comunicazione; deve mostrare professionalità senza cadere in tecnicismi; deve rassicurare senza creare false aspettative; deve assumere informazioni ma non atteggiamenti inquisitori; deve infondere calma senza minimizzare; deve riconoscere alla persona il diritto di vivere anche gli eccessi della sua paura ma fornirle istruzioni che ne favoriscano il controllo; deve contenere emozioni e disagi dell’interlocutore e nel contempo rispettare il suo stato d’animo. Per evitare che la contrapposizione di posizioni simmetriche inneschi e incrementi emozioni negative che impedirebbero una completa e lineare acquisizione di informazioni necessarie ad un intervento adeguato al problema reale, la flessibilità intellettiva e il mestiere dell’operatore sono le basi necessarie per poter instaurare con il cittadino una relazione di tipo “one down, one up“ (ad esempio, di fronte ad un utente impaurito e confuso, un atteggiamento rassicurante piuttosto che inquisitorio o esitante).
In pratica lei sostiene che a questo operatore viene richiesta una specifica esperienza operativa e flessibilità intellettiva?
Io penso che sia da pretendere che l’addetto al centralino di soccorso pubblico sia da selezionare tra le persone capaci di coniugare il fare, in base al proprio vissuto operativo su strada, con in sapere, acquisito dalla conoscenza delle scienze comportamentali. Non avendo disponibili importanti elementi di valutazione della comunicazione, a partire dall’interpretazione del pur complesso linguaggio del corpo fino a quella della mimica del volto, assumono un particolare rilievo quegli “indici vocali” che costituiscono la qualità della comunicazione, come il tono e la frequenza di alti e bassi della voce, la sua intensità e volume, il timbro. Per il medesimo limite tecnico, nella gestione del flusso della comunicazione assume una rilevanza fondamentale la gestione dei tempi del dialogo, come il dosare le pause in maniera efficace, la velocità e la continuità della conversazione, la sua stessa durata. Si tratta, quindi, di un ascolto attivo che implica una serie di abilità relazionali per compensare quella limitazione di informazioni che deriva dal suo essere limitata ad un processo verbale, quali: il riuscire a identificare (e verbalizzare) le emozioni, lo stato di bisogno e le aspettative dell’interlocutore verso il quale si dovrà assumere una funzione di specchio; il sapere porre le domande giuste e nel modo corretto, utile e mai negativo; la capacità di trasmettere messaggi in prima persona, modulando le proprie sensazioni per fornire incoraggiamenti. Occorrerà, ad esempio, modellare la comunicazione sulla deduzione delle caratteristiche socio-culturali del cittadino che rappresenta una esigenza, operando il riconoscimento e il rispetto di norme di status per evitare l’uso improprio di allocutivi che potrebbero determinare chiusura e allontanamento da parte di determinati interlocutori (ad esempio il “tu” o il “signor”): se tale operazione ottiene riscontro, sarà possibile giungere ad un linguaggio condiviso.
Ma se il numero degli operatori è insufficiente rispetto alle chiamate come fare?
La notte dell’emergenza neve al centralino di soccorso pubblico 113 di Roma sono giunte 24.000 segnalazioni e richieste di soccorso pubblico. La professionalità e le capacità tecniche di gestione e coordinamento delle risorse materiali ed umane da parte dell’operatore hanno un ruolo determinante nel caso di eventi di notevoli dimensioni che, inevitabilmente, comportano la necessità di gestire contemporaneamente un notevole numero di chiamate e di stabilire scale di priorità con estrema rapidità. Mantenendo comunque un atteggiamento di apertura e disponibilità nei confronti di tutti coloro che si rivolgono al Servizio per segnalare l’evento, le priorità dovranno essere rivolte soprattutto a selezionare i soggetti apparentemente più affidabili ai fini della raccolta delle informazioni o testimonianze più utili rispetto ad altre meno determinanti ai fini della risoluzione dell’emergenza e trattazione successiva delle sue conseguenze. In un contesto così delicato e complesso, l’operatore deve infatti assolvere a una molteplicità di funzioni finalizzate alla risoluzione del problema nel minor tempo possibile, ad ottenere informazioni utili, a trasmettere all’interlocutore la sicurezza di aver identificato il problema e attivato il processo di intervento, a valutare il rischio per la vittima e per gli operatori che la stanno raggiungendo nel teatro di un crimine, a gestire con fermezza e prontezza l’imprevedibilità e l’emergenza di situazioni che vanno dagli incidenti stradali alle segnalazioni di reati in atto, dalle segnalazioni false a possibili atti o intenti suicidari. Il tutto nella consapevolezza che, anche comuni emozioni umane, se lasciate senza risposta o cura, possono condurre a comportamenti negativi che possono a loro volta produrre danni ulteriori se non maggiori dell’evento stesso.
Come è possibile trovare persone con questi requisiti?
Un’altra importante area di intervento, individuata nel corso del 2007, legata alla considerazione dell’operatore del 113 come elemento determinante per la professionalità del servizio, è quella inerente la specializzazione del personale addetto al 113. Nella consapevolezza della delicatezza e complessità del ruolo, la Questura di Firenze ha sottoscritto un protocollo d’intesa con la Facoltà di Psicologia dell’Università degli Studi di Firenze per l’organizzazione, a cadenza periodica, di uno stage di formazione in psicologia della comunicazione per i poliziotti in servizio al 113, nonché per il gli operatori delle “volanti” e per i poliziotti di quartiere, con la docenza di quattro psicologi: il Direttore Tecnico Principale Psicologo della Polizia di Stato Dott.ssa Carla Cignarella, la Dott.ssa Silvia Calzolari Psicologa Criminologa esperta nella Comunicazione di massa e consulente del Ministero di Giustizia, la Prof.ssa Enrichetta Giannetti e il Prof. Stefano Taddei della facoltà di Psicologia dell’Università di Firenze. Questo progetto di formazione, poggiava sul presupposto di dover offrire agli operatori di polizia addetti a questo settore, dotati già di una professionalità molto elevata, di strumenti e spunti di riflessione per gestire gli aspetti relazionali ed emotivi nel rapporto con l’utente-cittadino ed è anche espressione di una volontà di apertura e di collaborazione rispetto istituzioni prestigiose come l’Università . Sempre sul versante della formazione sono stati organizzati una serie di incontri con le interpreti in servizio presso la Questura, per fornire un ulteriore e fondamentale supporto professionale agli operatori di polizia in una città come Firenze, ad alta frequentazione di turisti e studenti stranieri, utenti che necessitano di particolare attenzione in quanto si muovono in un contesto urbano a loro estraneo o comunque non familiare e dunque maggiormente vulnerabili.
di Chiara Rai
Si Ringrazia il Prefetto Francesco Tagliente per l’intervista rilasciata all’Osservatore d’Italia
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