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Chiara Rai
Albano Laziale (RM) – Non siamo capaci di trattare con indifferenza chi ne merita a secchiate. Siamo stati italiani anche nella gestione delle esequie di Priebke.
Una giornata, ad Albano, di tumulti. Di destra contro sinistra schierate. Di molotov, di calci e pugni ad una bara che doveva passare nella piena inosservanza di tutti. Non doveva esserci nulla davanti alla confraternita di San Pio X.
Invece tutto quel disordine, tumulti e grida di indignazione umanamente comprensibili, hanno fatto in modo che la salma di un uomo impopolare che ha vissuto nell’ombra i suoi anni dopo il massacro delle Fosse Ardeatine, tornasse ad essere popolare. Tanto da esserci persino il sindaco di Albano Nicola Marini fuori dai cancelli. A protestare insieme alle persone s’intende. Ma c’era.
C’eravamo tutti e così le pagine dei giornali, compreso il nostro, si sono riempite di servizi.
La polizia è stata impiegata per un ex gerarca nazista che avrebbe dovuto avere soltanto la presenza dei parenti nel momento dell’ultimo saluto.
Noi italiani siamo intrisi di sentimenti e con il nostro calore, a volte, otteniamo l’effetto contrario di ciò che vorremmo. Volenti o nolenti, tutti abbiamo dato il nostro saluto a Priebke.
Dicendogli “boia”, “assassino”, ma l’abbiamo salutato.
Forse se ci fossimo raccolti tutti quanti con corone d’alloro e fiori vicino ai nostri caduti anziché aspettare la bara del gerarca nazista, avremmo onorato i nostri martiri e lasciato andare per sempre, in solitudine e nell’ombra il capitano delle SS.
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