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La terra trema sempre sulla penisola italiana. Una media di oltre 120 scosse al giorno, 5 ogni ora, cioè una ogni 12 minuti. Sono in tutto 44.459 i terremoti sul territorio italiano e nelle zone limitrofe registrati nel corso del 2017 dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). Tra i 44.459 rilevati dalla RSN, circa 37.000 possono essere considerati repliche della sequenza in Italia centrale, iniziata il 24 agosto del 2016 e tuttora in corso. Il numero totale è sensibilmente inferiore a quello dell’anno precedente (circa 53.000), ma molto più alto del 2015 e del 2014 (rispettivamente 15.000 e 24.300 circa).
Quasi il 90% dei terremoti localizzati in Italia nel 2017 hanno magnitudo minore di 2.0, il che vuol dire che probabilmente non sono stati avvertiti dalla popolazione, salvo qualche eccezione (per esempio in caso di ipocentri molto superficiali). Non è una novità , che il bel paese è esposto a terremoti. Del resto i pensieri sono rivolti alle drammatiche immagini delle ultime catastrofi che hanno colpito l’Italia centrale negli ultimissimi anni. Ma di fronte ad una esposizione del genere è doveroso ricordare alcuni dati: il 35% delle abitazioni italiane è esposto a elevato rischio sismico, mentre il 55% è esposto a elevato rischio idrogeologico.
Secondo l’Ania l’Italia è il sesto Paese al mondo per danni subiti da catastrofi naturali e ogni anno il settore pubblico interviene per circa 3 miliardi di euro di danni. Altri dati confermano la criticità delle istituzioni di fronte ad un problema serio. Un’indagine di Legambiente parla da sola: quasi nove scuole italiane su 10 (l’87%) sono costruite senza criteri anti-sismici. Dall’analisi emerge che il 65,1% delle scuole è stato costruito prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica del 1974 e il 90,4% prima della legge in materia di efficienza energetica (1991). Un altro dato è che “Il 40% delle scuole si trova in aree a rischio sismico e il 3% in aree a rischio idrogeologico”.
Sul fronte della sicurezza antisismica, prosegue il report, “anche se cresce la percentuale media degli edifici che hanno effettuato verifiche di vulnerabilità sismica, che passa da circa il 25% dello scorso anno al 31%, rimane troppo bassa la media nazionale di quelli costruiti secondo criteri antisismici, meno del 13%. Ancora forti le differenze tra Nord e Sud: i capoluoghi di provincia del Sud dichiarano di avere 3 scuole su 4 in aree a rischio sismico e una necessità di interventi di manutenzioni urgenti che è del 58,4%”, quasi il 20% in più della media nazionale; “il nord, invece, mantiene una discreta capacità di investimenti, per esempio nella manutenzione straordinaria, con 62.807 euro ad edificio, cifre in media 5 volte maggiori delle altre aree del Paese”. Complessivamente – viene spiegato – “il 71% degli interventi avviati è stato di tipo non strutturale (19.724 interventi) e questo spiega perché non si vedono ancora grandi miglioramenti nella condizione strutturale delle nostre scuole”.
Ma, “su 5.861 edifici, il 39,4% necessita di interventi di manutenzione urgenti. Solo il 15,3% delle scuole ha effettuato indagini diagnostiche dei solai mentre il 5,3% ha effettuato interventi di messa in sicurezza. Certificazioni fondamentali come quello di agibilità, mancano al 40% delle scuole, nelle Isole all’80%, e di prevenzione incendi a circa il 58%, nelle Isole al 73%”. La sicurezza dei cittadini viene prima di tutto. L’Italia è un paese ad elevato rischio idrogeologico come spiegano gli esperti. Le scosse posso essere di lieve intensità, ma come abbiamo visto posso essere anche catastrofiche. Oggi abbiamo la capacità di studiare alcuni fenomeni. Bisogna costruire in maniera diversa, bisogna contrastare il pericolo terremoti con adeguate strutture se non si vuole piangere ancora.
Marco Staffiero
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