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Redazione
PRATO – Nella mattinata di ieri, i carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Prato, con l’ausilio della Squadra Investigativa della Polizia Municipale, hanno fatto irruzione in un capannone adibito a ditta tessile in via di Nebbiaia (Tavola). L’operazione è stata condotta in esecuzione di un decreto di perquisizione emesso dalla dott.ssa CANOVAI della Procura di Procura di Prato che coordina le indagini. L’attività investigativa è iniziata la scorsa estate, a seguito di diversi arresti di cittadini cinesi per furto in ditte tessili. Nel corso delle indagini i carabinieri hanno accertato l’esistenza di un fenomeno diffuso nell’ambiente tessile gestito da cittadini orientali, ossia il furto, quasi sistematico, di macchinari da cucire all’interno di ditte sottoposte a fermo produttivo per irregolarità, fermo che si estrinseca con il sequestro dei macchinari da cucire con contestuale affidamento, per motivi logistici, allo stesso titolare. Da qui l’anomalia riscontrata, ossia il furto dei macchinari da cucire che normalmente avveniva nei giorni successivi al sequestro. Gli investigatori ipotizzano che, in alcuni casi, sia stato lo stesso titolare ad organizzare il furto dei macchinari per poi riottenerli e riaprire una nuova ditta tessile, con altro prestanome, in un diverso capannone. Dopo alcuni accertamenti i carabinieri hanno individuato il deposito temporaneo dei macchinari, sottoponendo lo stabile a perquisizione.
Nel capannone in via di Nebbiaia era presente una ditta tessile ma al momento priva di operaia e, nascoste in un magazzino sotto alcune coperte, sono stati trovate 32 macchine da cucire per uso industriale. I carabinieri e la Polizia Municipale stanno verificando le matricole delle macchine per accertare la loro provenienza e se, come si ipotizza, siano state sequestrate in altri controlli ad aziende tessili. Verifica non sempre semplice perché alcune matricole sono state rimosse. Nel frattempo i carabinieri hanno denunciato per ricettazione la titolare dell’azienda, S.F. cinese di 46 anni. Infatti la donna non ha fornito alcuna giustificazione valida circa la presenza di tutti quei macchinari, non ha esibito le fatture di acquisto, né appare credibile l’ipotesi che quei macchinari servissero per lavorare, visto che l’azienda è ferma e comunque conta solo 4 operai.
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