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Editoriali

POLITICI E RIFORME. A CHI INTERESSANO?

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di Silvio Rossi

 

Ne resterà uno solo. Al Senato, in questi giorni, sta avvenendo una battaglia storica, di quelle che possono essere paragonate a film epici, dove i protagonisti si affrontano con tutte le armi a loro disposizione, e alla fine, come narrava “Highlander”, solo uno rimarrà in vita.
La bagarre sulla riforma del Senato appare, però, agli occhi della maggior parte degli italiani, una questione riservata esclusivamente ai rappresentanti del parlamento, che non porterà cambiamenti alla vita dei cittadini, e che ha una priorità, se confrontata con i problemi di tutti i giorni: disoccupazione, mancanza di case, servizi inadeguati.
La disaffezione, che negli ultimi anni ha prodotto una forte diserzione alle urne, in particolare nelle votazioni regionali, sembra raggiungere punte eccezionali nel caso delle riforme. Gli italiani, a parte una minoranza di tifosi sfegatati delle varie fazioni, non partecipano.
Forse proprio questa lontananza dalla vita reale, ha prodotto dei mostri istituzionali, che vivono solo grazie all’indifferenza della massa. Altrimenti, non sarebbe stato possibile, per un solo senatore, presentare oltre ottanta milioni di emendamenti, generati da un algoritmo che di “intelligente” non ha realmente nulla. Non sarebbe stato possibile, neanche da parte di un senatore vicino al governo, presentare un emendamento, il «canguro», che blocca tutti gli emendamenti contrari, quasi fosse una sorta di “tana libera tutti”.
Una politica seria, che dimostra di interessarsi realmente della vita dei propri cittadini, riuscirebbe a stimolare l’opinione pubblica, a pretendere dai senatori il rispetto dei propri cittadini, obbligandoli a presentare solamente gli emendamenti realmente pensati e scritti dall’autore, che servano a migliorare una legge e non a generare entropia parlamentare. Un’opinione pubblica che pretenderebbe dal governo il rispetto del parlamento, con la lettura degli emendamenti, e non con il bypass generato da un emendamento di comodo. Pretenderebbe anche dai politici, che le leggi, alla fine della discussione, vengano applicate, e non si ricorra alla richiesta di firme per un referendum abrogativo, prima ancora che la stessa sia stata applicata. Richiesta che, proprio per la disaffezione alla politica, ha ben poche possibilità di raggiungere il quorum, così come è appena avvenuto a Civati, sulla riforma della scuola.

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