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Pisa: quel modello di sinergia tra pubblico e privato che merita di essere riproposto

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Il giornalista scrittore Giuseppe Meucci intervista il Prefetto Francesco Tagliente il quale presenta oggi l’ultimo libro degli Amici dei Musei sul Palazzo Medici sede della Prefettura di Pisa. L’iniziativa riporta alla luce il suo impegno, quale Prefetto di Pisa, nell’approccio ai problemi che ha lasciato il segno nei rapporti con la città e le istituzioni “…di antichissima fondazione.

“Il Palazzo del Governo di Pisa” è il titolo dell’ ultimo volume sul Palazzo Medici della Città della Torre, sede della Prefettura, curato dalla storica dell’arte Maria Giulia Burresi, che verrà presentato al pubblico oggi pomeriggio nella prestigiosa cornice del Salone degli Arazzi di Palazzo Reale di Lungarno Pacinotti.

Il libro, della Collana “I libri de Gli Amici dei Musei e Monumenti Pisani”, edito da Pacini, conclude il percorso di divulgazione e conoscenza di palazzo Medici, iniziato tre anni fa grazie alla condivisione di un progetto voluto dal prefetto Francesco Tagliente, che in quel periodo guidava la locale Prefettura e da Mauro Del Corso, indimenticato presidente dell’associazione “Amici dei musei e dei monumenti pisani”.

A presentare l’interessante volume, che raccoglie gli interventi di numerosi studiosi oltre a una cospicua quantità di pregevoli illustrazioni, dopo i saluti del sindaco Marco Filippeschi, saranno Piera Orvietani Santerini, presidente degli Amici dei Musei e Monumenti Pisani, la curatrice dell’opera Maria Giulia Burresi e lo stesso Prefetto Tagliente. “Dal Palazzo Mediceo è stata scrollata di dosso la polvere, sono state spalancate porte e finestre, riscoperti antichi dipinti e arredi ed ora entra a far parte a pieno titolo del ricco e fruibile patrimonio della città. E per molti sarà davvero una sorpresa. A cominciare dal giardino, quello spazio esterno poco conosciuto che richiama alla memoria una delle ospiti illustri del palazzo, la duchessa Eleonora di Toledo. Fu lei che quel parco verde allungato sul lato est della Prefettura, invisibile dai Lungarni, volle, coltivò e frequentò a partire dal 1551 nei lunghi periodi trascorsi a Pisa, dove si spense nel 1562.

A far prendere corpo a questa nuova stagione del Palazzo Mediceo, a pensare e coordinare il restauro e l’apertura al pubblico del giardino e del loggiato è stato il prefetto Francesco Tagliente, che fin dal suo arrivo a Pisa si è posto il problema, anche al di là dei suoi specifici doveri d’ufficio, di come favorire la valorizzazione di un bene monumentale della città” lo scrive il giornalista e scrittore Giuseppe Meucci per introdurre l’intervista fatta al Prefetto Francesco Tagliente per cercare di capire meglio con quali risorse e quali apporti determinanti delle forze vive della città è stato possibile realizzare l’ambizioso progetto di valorizzare il Palazzo Medici di Pisa sede della Prefettura, anche con il recupero restauro conservativo del contesto monumentale, e far conoscere le opere pittoriche, “La raccolta segreta”, custodite nel Palazzo del Governo. …

 

Ecco uno stralcio dell’intervista realizzata dal giornalista e scrittore Giuseppe Meucci:

 

Prefetto Tagliente, che cosa l’ha spinta ad impegnarsi in questa iniziativa che ha a che fare con la difesa del patrimonio monumentale ed artistico ma che certamente non fa parte dei suoi doveri istituzionali?

Sono sempre stato convinto che l’identità di un territorio sia un’autentica e insostituibile ricchezza e che le istituzioni debbano far di tutto per valorizzarla. E per quel che mi riguarda anche al di là di quelli che sono i compiti che mi spettano e che assolvo. Di questo sono fermamente convinto. Del resto a Firenze e poi a Roma, dove ho svolto le funzioni di questore prima di essere assegnato a Pisa come prefetto, ho affiancato ai miei doveri specifici proprio impegni di questo genere.

 

Da questo punto di vista non è difficile ammettere che togliere polvere e ragnatele da un Palazzo come quello Mediceo è un compito non privo di fascino…

Beh, non posso negarlo. Ma c’è dell’altro. Innanzitutto la soddisfazione di lasciare in condizioni migliori di come l’ho trovato un patrimonio che mi è stato affidato. Anche se nessuno mi ha chiesto di farlo, come non è stato chiesto ai miei predecessori. Ma comunque penso che per un uomo dello Stato, come io sono, poco importa che certi compiti siano o non siano scritti nei regolamenti. Mantenere vivi e valorizzare i simboli di una comunità è un impegno primario e sento il dovere di assolverlo al meglio delle mie possibilità. A Pisa come altrove.

 

Indubbiamente una visione ampia e forse inedita del ruolo di un prefetto. Non crede?

Guardi, io credo che non ci si possa sottrarre alle spinte riformatrici provenienti dal Paese, che si stanno facendo largo anche nelle istituzioni. E ciò riguarda tutte le cariche dello Stato, dunque anche i prefetti. Per questo mi auguro che quello che ho fatto a Pisa per il Palazzo Mediceo, analogamente a Firenze e a Roma, possa servire come spunto di riflessione da offrire ai miei futuri colleghi. D. Ma veniamo al palazzo e, più in dettaglio a quello che si appresta ad essere per la città. Non le nascondo che arrivando a Pisa, nel palazzo sede della Prefettura ho provato una forte emozione. Non si può non essere coinvolti emotivamente vivendo in stanze ricche di storia e di memorie umane illustri. È impossibile non cogliere il messaggio che ci lanciano attraverso mille impalpabili segnali e suggestioni. Per questo ho inteso questo lavoro di riqualificazione come un tentativo – spero riuscito – di offrire ai cittadini e ai futuri ospiti della Prefettura uno spaccato che consenta loro di leggere il territorio e la sua storia mettendo nelle giuste caselle anche questo patrimonio, che d’ora in avanti recupererà gran parte della sua antica bellezza. Un modo anche per far condividere a più persone possibili quell’emozione che ho vissuto io varcando per la prima volta il portone del Palazzo Mediceo.

 

Ed ora parliamo di cose più prosaiche. Quant’è costata l’intera operazione?

Nemmeno un euro. Non ce lo saremmo potuto permettere. Purtroppo oggi lo Stato non gode di condizioni di salute tali da poter provvedere in modo autonomo alla cura del proprio patrimonio artistico e monumentale, che è immenso. Per questo bisogna ricorrere a quei soggetti che mi piace definire come gli eredi della cultura del mecenatismo. Esistono, sono numerosi e pieni di buona volontà. Basta saperli trovare e coinvolgere e i risultati, come si vede, non mancano.

 

In questo caso a quali porte ha bussato?

A diverse e devo dire che non sono andato deluso. Mi hanno risposto tante persone, animate da un forte spirito di volontariato sociale e culturale ed il risultato è sotto gli occhi di tutti. Dal giardino al nuovo auditorium. Un particolare ringraziamento però lo debbo soprattutto all’associazione de Gli Amici dei Musei e al suo presidente con il quale ho condiviso l’esigenza di effettuare una precisa ricognizione di tutte le opere d’arte conservate nel palazzo, finalizzata ad una pubblicazione specifica. Inoltre, Mauro Del Corso ha coordinato i diversi interventi posti in essere sino ad oggi nell’auditorium, dove è stato realizzato uno skyline con un figura stilizzata di Kinzica e con le rappresentazioni dei monumenti pisani celebri nel mondo. E non dimentichiamoci il restauro del giardino, oggi che ne consente la piena fruibilità.

 

Ma, in concreto, come potranno i Pisani partecipare a quella emozione di cui ha parlato e vivere il palazzo e le sue bellezze?

Grazie a pubblicazioni con un’ampia documentazione fotografica che ha un duplice obbiettivo: da una parte documentare lo sforzo dei diversi soggetti che si sono impegnati in un progetto così ambizioso e ringraziarli; dall’altra raccontare ai cittadini che cosa c’è dietro quella ‘quinta’ spalancata sul Lungarno Mediceo, a fianco di uno dei musei più belli del mondo. Chissà quante persone sono convinte che ci siano soltanto uffici grigi e anonimi e qualche salone di rappresentanza.

 

Lei è arrivato a Pisa quale ultima tappa di un percorso che lo ha portato a contatto con realtà e collaboratori diversi. Non è difficile e un po’ frustrante dover ogni volta ricominciare daccapo?

Forse con una precisazione riesco a rispondere alla domanda. Io credo che il segreto per realizzare qualunque progetto che richiede necessariamente l’apporto di altre persone sia quello di far sì che gli obiettivi fissati siano condivisi anche da queste. Occorre cioè che chi lavora a un progetto ci creda, a prescindere dalla fonte iniziale dell’idea. Credo che questa sia la fortuna più grande che possa capitare a chi si accinge a realizzare un progetto, qualunque esso sia. D. Dunque sta dicendo che oggi come qualche anno fa può contare sostegno dello stesso team? Sì, è così. Continuo a rimanere in contatto con tantissimi “compagni di viaggio” che mi hanno consentito di realizzare i progetti e non mi fanno mancare il loro contributo, a volte con la semplice condivisione di una idea.

E allora diciamo chi sono.

Per certi aspetti sono persone molto diverse tra loro, soprattutto dal punto di vista umano, ma tutte accomunate da una ben precisa determinazione. Aggiungo che riescono ad esprimere individualità capaci di fondersi nello spirito del lavoro di gruppo. Sono tantissimi e per il momento mi limito a citare quelli che mi hanno dato una mano per realizzare gli skyline. Penso dunque a Oreste Ruggero, un artista che ha saputo raccogliere l’embrione dell’idea di legare le istituzioni ai simboli del territorio, partorendo i tre skyline realizzati nelle sedi della Questura di Firenze e di Roma e della Prefettura di Pisa. Penso a chi ha voluto condividere con il mio stesso entusiasmo la voglia di comunicare e far conoscere alla città gli obiettivi prefissati. Penso ad un “giovane collega”, come mi piaceva chiamarlo all’inizio del percorso comune, che ha saputo crescere, condividendo importanti scelte anche con uno spirito critico costruttivo, e che custodisce un po’ la memoria di quelli che sono stati i miei progetti e delle energie investite per la loro realizzazione. Per concludere, penso al capo di gabinetto e al responsabile della organizzazione e della logistica che, negli anni in cui ho ricoperto l’incarico di Questore, mi hanno seguito nella realizzazione di progetti ambiziosi, finalizzati al recupero delle condizioni di decoro degli ambienti delle Questure di Firenze e di Roma. Insomma, penso con gratitudine a queste persone con le quali, nonostante il percorso lavorativo si sia interrotto, prosegue quel viaggio umano che, ne sono convinto, rappresenti la ricchezza reale.

 

Prefetto Tagliente, nel momento in cui si sta avviando a conclusione il recupero e dunque la riscoperta del Palazzo Mediceo non crede sia il caso di dare un nome anche a tutti gli altri componenti di quella squadra pisana che ha contributo al buon esito dell’iniziativa?

Certamente sì. Non c’è dubbio che non soltanto io ma la città intera dobbiamo qualcosa alle persone che, con il più genuino spirito di servizio, mi hanno concretamente affiancato in questa impresa. Lo hanno fatto senza particolari sollecitazioni, ma in virtù del rapporto personale di stima che sono riuscito a stabilire con loro e condividendo con me un progetto che si inserisce a pieno titolo nel più ampio capitolo della necessaria tutela dei beni comuni. Ed è proprio per questo particolare rapporto che si è creato con tutti loro che voglio qui citarli – e ringraziarli – senza nominare l’ente, l’istituzione o l’impresa di riferimento. Soltanto i nomi e i cognomi, perché è solo grazie alla cultura e sensibilità di ciascuno di loro, indipendentemente dalla funzione svolta, che la Prefettura di Pisa non è più soltanto una sede di uffici ma è tornata ad essere un grande palazzo, parte integrante della storia e della cultura della città. Ecco i loro nomi Oreste Ruggero, Gianni Overi, Claudio Pugelli, Antonio Salini Guicciardini, Alessandro Bandini, Vito Vitarelli, Roberto Posarelli, Roberto Domiziani, Giuseppe Sardu, Gina Giani, Giuseppe Meduri Stefano Bruni e Matteo Guarino, Fulvio Bernardini. … In un momento di crisi generale del Paese, in cui le stesse Istituzioni vengono messe in discussione da quanti non ne colgono, in modo pieno, il loro ruolo di argini della democrazia e in cui soprattutto la burocrazia viene additata come principale responsabile di gran parte delle difficoltà vissute dai cittadini e dalle imprese, suscita soddisfazione leggere che due anni trascorsi a Pisa dal prefetto Francesco Tagliente hanno lasciato il segno nei rapporti con la città, le istituzioni e, non ultima, con la stampa.