PISA, ISTIGAZIONE ALLA JIHAD: ARRESTATO GIOVANE MAROCCHINO

di Angelo Barraco
 
Pisa – E’ in corso un’operazione di contrasto al terrorismo internazionale. La Polizia di Stato di Pisa ha compiuto un Blitz, sotto le direttive della Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze. Quel che emerge è che un uomo del Marocco è stato arrestato per reati specifici di propaganda ed istigazione alla Jihad. 
 
Gli effetti della propaganda. L’Isis fa paura poiché uccide, dove passano le bandiere c’è solo morte e distruzione di villaggi e città un tempo popolate e produttive, ma l’Isis attrae, affascina e cambia radicalmente la vita di una persona; è esattamente ciò che è accaduto ad una donna australiana che ha deciso di abbandonare i figli per unirsi all’Isis. La donna si chiama  Jasmina Milovanov ed ha 26 anni, la donna si era convertita all’Islam, la donna improvvisamente ha lasciato i suoi due figli di 5 e 7 anni ad una babysitter e non si è più fatta vedere né sentire, il governo di Canberra si dice “disturbato” dalla vicenda. Inoltre la donna avrebbe inviato un messaggio al suo ex marito dove gli ha detto di trovarsi in Siria. L’uomo ha dichiarato: “Non posso credere che abbia abbandonato questi due meravigliosi bambini”, gli amici invece dicono che la donna aveva manifestato l’intento di voler sposare un combattente jihadista. 
 
Storia di crudeltà e propaganda. Un video mostra un ragazzino di appena 14 anni, di origine siriana che viene pestato e torturato senza pietà. Il video è stato girato con un telefonino ed è stato pubblicato dalla BBC che, per vie trasverse, lo ha ottenuto. La vittima si chiama Ahmed, bendata e legata e appesa ai polsi al soffitto di una stanza con i piedi che non poggiano per terra. Affianco a lui vi sono due uomini vestiti totalmente di nero e incappucciati che lo frustano violentemente. Il ragazzino è riuscito a scappare e successivamente ha raccontato a un giornalista in Turchia che è stato sottoposto anche a scariche elettriche nel momento in cui lui si metteva a gridare per invocare il nome della madre, il tutto aveva un fine, ovvero farlo confessare per aver cospirato all’eliminazione di un gruppo di loro complici. Il ragazzino scampato alla morte ha raccontato al giornalista “Ero convinto che sarei morto, che avrei lasciato dietro di me loro, i miei fratelli e i miei amici. E cosi' ho detto tutto quello che volevano”. Le torture sono durate per ben due giorni, dopo i due giorni il giovane è stato messo in prigione e condannato a morte. La sua libertà è stata resa possibile grazie ad un carceriere che si è impietosito e che gli ha permesso l’evasione. Il giovane viveva ad Al-Raqqah, città della Siria del nord-orientale diventata capitale del califfato nel 2014. In quel periodo il ragazzo fu attirato in una trappola perché volevano scoprire se fosse un pericolo o meno, due uomini si presentarono con una borsa piena di esplosivo e gle la diedero per fargli fare un attentato, il giovane stava per fare l’attentato ma fu subito arrestato. Subì numerose sevizie e dice in merito jihadisti “Quelli fanno finta di essere religiosi, ma sono solo infedeli, pretendono di seguire le regole proprie dei musulmani, ma non lo fanno. Fumavano sempre. Anzi, picchiano le persone e le uccidono”.