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Editoriali

PIRRO ED IL PIAZZISTA

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Tempo di lettura 2 minutiIl premier, nella sua furente loquela, non ha apparentemente concesso spazio a raffinatezze storico-culturali

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di *Alessandro Biaggi

Pur con il dovuto rispetto per gli uomini delle istituzioni la critica politica nei loro confronti non può che essere fatta senza sconti di sorta. La sera del 17 aprile il premier Renzi ha cantato vittoria per il mancato quorum del referendum.  È stato penoso: senza stile e senza spessore.  Si è limitato ad utilizzare la sua verve dialettica. Anzi l’ha sprecata in modo “sbrodoloso” come fa un piazzista quando “piazza” la sua merce.  Un imbonitore che tenta di convincere i potenziali clienti sulla qualità dei tappeti o sulle virtù straordinarie della guaina “a pelle” per dimagrire. Gli antichi eroi ammantavano di malinconia e mestizia le vittorie sul campo dedicandole così a quanti avevano dato la vita per quel traguardo.

Il premier, nella sua furente loquela, non ha apparentemente concesso spazio a raffinatezze storico-culturali, ma non ha potuto nascondere il magone di una vittoria che, politicamente parlando, gronda di sangue per il suo partito. Il premier è ben consapevole dell’immenso costo politico di questa “affermazione” referendaria, figlia della “diserzione” per la quale perfino Re Giorgio I, principe di Napoli e signore incontrastato dei Colli del Quirinale e dell’Esquilino, ha sguainato la spada, elargendo credibilità per il suo sagace balilla fiorentino, tutto pepe e niente arrosto.

Re Giorgio, veterocomunista emerito, ha, in sostanza, invitato gli italiani a disertare le urne, dimenticando tutte le altre volte in cui aveva bollato di infamia il partito del non-voto ma ricordandosi bene che il “pinocchio fiorentino” costituisce la sua terza impresa, e sicuramente l’ultima, di imporre a capo dell’Esecutivo personaggi non votati dal Popolo.

Renzi è ben conscio che la sua, al referendum, è stata una vittoria di Pirro. La guerra tra bande infuria all’interno del PD senza esclusione di colpi.  Tanto è vero che nella intervista del 17 aprile, dopo aver menato fendenti a destra e a manca, mostrando i denti come un furetto assetato di sangue, ha giocato la carta  pseudo-nobile della bonomia: “prendiamoci per mano!” ha biascicato rivolgendosi ad Emiliano e C, per andare verso un radioso “sole dell’avvenire” che invece, proprio in virtù di questi fatti, mostra i primi segni di un tramonto precoce ma ineluttabile.

Nessun può vincere sempre! E Renzi, se non si è montato la testa oltre ogni limite umano, sa che l’anima profonda del PD lo aspetta al varco, come quella di Cesare a Filippi contro Cassio e Bruto che lo avevano voluto morto!  Si tratta di due appuntamenti: le prossime elezioni Amministrative ed il referendum confermativo di ottobre. Renzi è consapevole di giocarsi tutto e lo dichiara nel suo modo sprezzante di  guascone dell’Italia Centrale, svezzato a cacio e chianti.Di certo, poi, in Parlamento non gli basterebbe la stampella verdiniana o dei versipelle dal cambio di casacca facile.

Però, non possiamo dimenticarlo c’è “Madonna Boschi” che prega ed opera per lui per farlo ancora “vincere facile”. Auguri

*Insieme per Nemi

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