Pietro Maso: quell’intervista che fa tanto discutere

Ha fatto molto discutere l’intervista rilasciata da Pietro Maso a Maurizio Costanzo, anche se l’opinione pubblica si era già espressa sui social ancor prima della messa in onda del servizio, manifestando piena disapprovazione e perentorio diniego, chiedendo inoltre a gran voce il boicottaggio della trasmissione. Un’indignazione che poneva alla base leciti dubbi che, in un’ottica razionale d’informazione pubblica, fa risultare tale l’intervista in netto contrasto con tutto ciò che quotidianamente viene propinata sulle grandi reti e che mira all’accertamento della verità attraverso le testimoniante delle vittime. I palinsesti televisivi dedicano ogni giorno intere trasmissioni alla cronaca nera, alle violenze di ogni genere e ai soprusi; puntualmente si affidano alle testimonianze delle vittime con il fine ultimo di informare e contrastare le forme di violenza. Ma dinnanzi ad un’intervista che va in netto contrasto con una tv pubblica che da spazio alle vittime piuttosto che al carnefice, la domanda sorge spontanea: un uomo che ha premeditato e ucciso i propri genitori per fini prettamente economici e con la complicità di due amici, quali insegnamenti può lasciare alle nuove generazioni e che messaggio può dare? Certo, nella vita tutti fanno errori e tutti meritano una seconda possibilità, anche dopo il carcere. Pietro Maso ha scontato 22 anni di prigione, osservando ogni giorno dal suo letto lo stesso soffitto bianco, la stessa porta di metallo quasi sempre chiusa. Avrà sicuramente pensato a quel cielo blu così lontano ma dal sapore di libertà. Chissà se in questi lunghi anni gli è tornata in mente la carneficina compiuta da lui e dai suoi compari la notte del 17 aprile 1991, quando papà Antonio e mamma Rosa erano appena rientrati a casa dal consueto incontro di preghiera. Quella sera ad accoglierli però, non ci fu l’amore e l’affetto di un figlio, ma la furia cieca di una persona che voleva mettere mano all’eredità dei propri cari, ai beni mobili e immobili per poi dividere il tutto con gli amici e fare la bella vita. Papà Antonio Maso è stato assalito e colpito alla testa a sprangate da Pietro, l’amico Damiano è intervenuto colpendolo con una pentola. Nel frattempo era arrivata mamma Rosa, che fu tramortita con forti colpi alla testa da Paolo e Giorgio. Giorgio soffocò Rosa con una coperta, mentre gli altri la colpivano sulla testa e ripetutamente su tutto il corpo. Antonio Maso è stato ucciso con un piede sulla gola, soffocato. Venti minuti di incontrollata furia omicida che ha sconvolto l’Italia degli anni 90 e che ancora oggi rimane impressa nella memoria di chi ha vissuto quel periodo e non. Nell’intervista rilasciata a Costanzo ha dichiarato: “Mi sono già pentito. Mi sono già pentito di quello che ho fatto e cerco di ricostruire una vita”, il giornalista incalza con le domande e sottolinea di non aver ai visto in lui un vero e proprio pentimento. Maso risponde: “Non l’ha mai letto o non l’ha mai visto perché il pentimento per me è una cosa seria e oggi, magari, ho l’opportunità di dirlo”. Ha inoltre parlato del periodo antecedente l’omicidio: “Era un momento prima dell’episodio che mi segna per tutta la vita, e io lì avevo alzato tutte le barriere per affrontare il momento. Dunque io in quel momento mi ero staccato completamente dai miei genitori. Lei aveva percepito questo e mi chiese, appunto, questa frase che riascoltandola oggi mi fa male”.

 

Le ferite richiedono tempo per cicatrizzarsi e in taluni casi sarebbe opportuno rispettare il dolore delle persone coinvolte in determinate vicende giudiziarie mediante il silenzio, l’oblio. Questo brutale omicidio, così efferato nonchè premeditato, non ha turbato soltanto un’Italia intera, ma ha distrutto la vita di Nadia e Laura, sorelle di Pietro Maso e figlie di Antonio e Rosa che sono vive perché in quel momento non si trovavano in casa. Costanzo dice che Maso meriterebbe una seconda possibilità; la seconda possibilità l’ha certamente avuta, infatti nel marzo scorso si è tornato a parlare di lui in merito ad alcune vicende legate ai soldi e vecchi incubi e turbe del passato che lo hanno coinvolto in prima persona. Gli inquirenti hanno infatti intercettato una sua conversazione dai toni preoccupanti: “Le mie sorelle? Su di loro devo finire il lavoro di 25 anni fa”. Una minaccia rivolta alle sorelle Nadia e Laura, successivamente la questura di Milano gli ha notificato un foglio di via obbligatorio e ha dovuto lasciare la città. Gli incubi del passato son tornati e hanno accesso i campanelli d’allarme quando Pietro Maso invia per sbaglio a una delle due sorelle un sms che era destinato all’amico Fabio in cui c’era scritto: “Ora Fabio pensaci bene. Domani mattina ti chiamo e se rispondi bene, e fai quello che dico, ok. Altrimenti vengo lì e ti stacco quella testa di cazzo che hai”. La sorella, preoccupata, presenta un esposto alla magistratura per tentata estorsione e Maso risponde: “Mi avete messo nei casini, adesso ve la vedrete con i miei avvocati”. A seguito delle minacce ricevute, i militari dell’Arma hanno intensificato i controlli nei loro riguardi. Sempre a Maurizio Costanzo, nel corso dell’intervista, ha dichiarato: “Penso che i miei genitori mi accompagneranno a essere veramente la persona di oggi”. La famiglia Maso ha vissuto questi anni di dolore in silenzio, lontana dai riflettori poiché non ha voluto portare nei salotti quanto compiuto dal fratello ai danni dei genitori, vittime innocenti di una crudeltà premeditata e con fini prettamente economici. Un sincero pentimento non ha bisogno di essere ostentato nei salotti buoni della tv o sulle pagine dei rotocalchi da barbiere di periferia, ma alla luce di quanto accaduto e nel rispetto delle persone coinvolte, il mesto e proverbiale silenzio rappresenta la più alta forma di pentimento che ci possa essere nonché di rispetto nei confronti delle persone coinvolte e costrette a convivere con un mal d’animo latente.

 

Noi de L’Osservatore D’Italia abbiamo parlato la Dott.ssa Mary Petrillo, Psicologa, criminologa, Coordinatrice del Crime Analysts Team, Docente Master Univ. Niccolò Cusano e ci ha dato il suo punto di vista in merito alla vicenda.
Alla luce della intervista rilasciata al giornalista e conduttore Maurizio Costanzo, si torna a parlare di Pietro Maso, sul soggetto in questione posso anche esprimere un mio parere professionale, ma gli omicidi da lui commessi si commentano da soli, tra l’altro, riferivano alcuni giornali, qualche tempo fa, che, quando Maso venne rimesso in libertà, pare tentò una estorsione, accompagnata da minacce, ai danni delle sorelle. Questo comportamento certamente non depone a favore di un suo eventuale “recupero”, anzi ha, forse, evidenziato una probabile situazione di disagio psicologico che questa persona ancora vive e che non ha elaborato abbastanza! Soggetti che hanno commesso reati simili, infatti, ad un accurato esame psicodiagnostico si sono rivelati non trattabili e quindi la loro situazione potrebbe anche risultare non risolvibile a livello psicopatologico. Molti soggetti che commettono reati così efferati dovrebbero essere in strutture adeguate, ma messi nelle condizioni di non nuocere a nessuno. Personalmente prima di rimettere in libertà soggetti che commettono reati molto violenti, credo dovrebbero ripetersi le perizie che vennero loro fatte, per riconoscere una eventuale pericolosità sociale di questi individui. Nei delitti come quelli commessi da Pietro Maso, si evidenzia una alta conflittualità nei rapporti parentali e questa difficile gestione delle relazioni tra genitori e figli, infatti, può sfociare in un potenziamento della rabbia, della disperazione e frustrazione, che se non adeguatamente affrontata e risolta, con un aiuto professionale e se non elaborata, può sfociare in atti di violenza estremi ed esecrabili.

Angelo Barraco