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Cronaca

Piacenza, Arma dei Carabinieri: i vertici lasciano l’incarico

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Il comando generale dei Carabinieri ha disposto il trasferimento dei vertici dell’Arma a Piacenza dopo l’inchiesta che ha portato in carcere diversi militari: a partire da oggi hanno lasciato l’incarico il comandante provinciale Stefano Savo, il comandante del reparto operativo Marco Iannucci e il comandante del nucleo investigativo Giuseppe Pischedda. I tre non sono coinvolti al momento nell’inchiesta ma la decisione è stata presa, sottolineano fonti dell’Arma, da un lato per il sereno e regolare svolgimento delle attività di servizio e dall’altro per recuperare rapporto di fiducia tra la cittadinanza e l’Arma.

A 24 ore dalla clamorosa inchiesta della Guardia di Finanza che ha portato al sequestro di una caserma dei carabinieri e all’arresto di sei militari per reati gravissimi, e che ha sconvolto l’intera città emiliana, l’indagine della Procura della Repubblica di Piacenza prosegue. E nel frattempo emerge che la stazione Levante di Piacenza, sequestrata dopo l’arresto dei sei carabinieri che la componevano, nel 2018 ricevette un encomio solenne. Alla festa dei Carabinieri il comandante della Legione Emilia-Romagna li premiò “per essersi distinti per il ragguardevole impegno operativo ed istituzionale e per i risultati conseguiti soprattutto nell’attività di contrasto al fenomeno dello spaccio di sostanze stupefacenti”. 

Il procuratore Grazia Pradella preferisce non parlare, vista la delicatezza del momento, ma negli ambienti investigativi è palpabile la certezza che di lavoro da fare, a livello di indagine, ce n’è ancora un’enormità. A cominciare dalle tante persone informate sui fatti, soprattutto colleghi degli arrestati, che verranno sentiti nelle prossime settimane. Sul fronte giudiziario, mentre escono altri dettagli contenuti nell’ordinanza di oltre 300 pagine del gip Luca Milani che ha portato agli arresti, c’è attesa per gli interrogatori di garanzia che si terranno tra oggi e sabato in carcere, dove i carabinieri sono attualmente detenuti in isolamento, tranne il maresciallo comandante della stazione che è agli arresti domiciliari. Vista la mole di accuse a loro carico, è prevedibile che le tempistiche degli incontri con il gip siano lunghe. Altrettanto ipotizzabile è che per il momento alcuni possano avvalersi della facoltà di non rispondere.

Parallelamente all’inchiesta cardine (partita dalla segnalazione dell’ex comandante del nucleo investigativo Rocco Papaleo, in una segnalazione fatta alla polizia municipale) si sono aggiunte quella della Procura Militare di Verona, competente su Piacenza, che come riferito dal procuratore Stanislao Saeli ha già “ravvisato gli estremi per reati militari”, e quella interna alla stessa Arma della quale ha parlato il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, “per accertare se vi sono stati elementi di criticità nei controlli e più complessivamente nell’organizzazione della realtà territoriale di Piacenza. Un lavoro che verrà fatto in maniera molto esigente e molto scrupolosa”.

L’Arma dei carabinieri ha dato un segnale forte e importante, nominando all’istante un nuovo comandante di Compagnia al posto dell’ufficiale sospeso dal servizio per il suo coinvolgimento, ancora comunque da valutare, nella vicenda dei carabinieri corrotti. Il nuovo comandante è un giovane capitano che arriva dalla Sicilia. Nel frattempo il comando Generale di Roma ha attivato di fronte all’ingresso della Caserma Levante, alla quale sono ancora apposti i sigilli, una stazione mobile con carabinieri di rinforzo a disposizione dei cittadini per non interrompere la presenza dell’Arma in quel punto così delicato della città. I fatti di Piacenza, però, fanno discutere. Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, ha parlato di “un fatto enorme e gravissimo che ricorda la vicenda di mio fratello. Basta parlare di singole mele marce, i casi stanno diventando troppi. Il problema è nel sistema: mi vengono in mente i tanti carabinieri del nostro processo che vengono a testimoniare contro i loro superiori e mi chiedo con quale spirito lo facciano quando poi spuntano comunicati dell’Arma subito dopo la testimonianza come nel caso del loro collega Casamassima”

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In Italia primi casi di puntura letale: sono i “parenti” della Dengue

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Un virus d’importazione, “parente” della Dengue e del West Nile, della famiglia delle arbovirosi che è già stato diagnosticato in Italia, intorno alla metà di luglio, nel laboratorio dedicato alle Bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano in due pazienti arrivati dal Brasile e da Cuba, e anche in Veneto, al Dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell‘Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona), sempre in una paziente con una storia recente di viaggi nella regione tropicale caraibica. In tutto, i casi diagnosticati finora in Italia sono stati quattro. L’infezione provoca febbre molto alta, dolori articolari e muscolari e rash cutaneo e si trasmette all’uomo attraverso le punture di moscerini o di zanzare, principale vettore (la zanzara Culicoides paraensis) è attualmente presente solo in Sud e Centro Americhe e non è presente in Europa e ad oggi non esistono prove di trasmissione interumana del virus Oropouche.

Il segretariato di Bahia riferisce che i pazienti deceduti a causa della febbre Oropuche avevano sintomi come febbre, mal di testa, dolore retro-orbitale(nella parte più profonda dell’occhio), mialgia (dolore muscolare), nausea, vomito, diarrea, dolore agli arti inferiori e debolezza. In entrambi i casi, poi, i sintomi si sono evoluti con segni più gravi come macchie rosse e viola sul corpo, sanguinamento, sonnolenza e vomito con ipotensione, gravi emorragie e un brusco calo dell’emoglobina e delle piastrine nel sangue.

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Aggredito giornalista de “La Stampa”: l’ennesimo attacco alla libertá di stampa

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Parto da un fatto semplice, apparentemente banale, ma che dovrebbe, condizionale d’obbligo, far riflettere tutti: la violenza va condannata senza se e senza ma.
E quando la violenza parte da un presupposto di odio da parte di un gruppo la condanna deve essere fatta ancora con più forza e con più decisione.
E va fatta con ancora più veemenza quando l’aggressione viene rivolta a chi, da sempre, è in prima linea per consentire ad un paese democratico che verità ed informazione possano essere sempre un connubio di libertà: un collega giornalista.
L’ aggressione ai danni di Andrea Joly, giornalista de La Stampa di Torino, è l’ennesima dimostrazione di come l’odio troppo spesso popoli il nostro paese. Dietro di esso si nasconde il tentativo forte di delegittimare una categoria, quella dei giornalisti, da sempre coscienza libera in quanto lettori attenti ed obiettivi della realtà.
Diventa necessaria, quindi, una levata di scudi dell’intera classe politica nazionale per ristabilire un argine di rispetto e di sicurezza che eviti i troppi tentativi di bavaglio che violano il principio, sancito dalla nostra Carta Costituzionale, della libertà di stampa.
Scriveva Thomas Jefferson:
“Quando la stampa è libera e ogni uomo è in grado di leggere, tutto è sicuro”.
Mai parole sono state così attuali.

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Crollo della vela a Scampia, gravi due bambine

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Sono in gravissime condizioni due dei sette bimbi ricoverati all’ospedale Santobono di Napoli dopo il crollo della scorsa notte a Scampia.

Due delle sette piccole pazienti, rispettivamente di 7 e 4 anni, sono in gravissime condizioni per lesioni multiple del cranio e, attualmente, sono ricoverate in rianimazione con prognosi riservata.

Nello specifico, si legge nel bollettino dell’Ospedale Santobono, una bimba è stata sottoposta nella notte ad intervento neurochirurgo per il monitoraggio della pressione intracranica, presenta emorragia subaracnoidea, fratture della teca cranica e versa in condizioni cliniche gravissime, con prognosi riservata. L’altra, ha una frattura infossata cranica e grave edema cerebrale. È stata sottoposta ad intervento di craniectomia decompressa nella notte e impianto di sensore per il monitoraggio della pressione intracranica. Attualmente è emodinamicamente instabile e versa in condizioni cliniche gravissime con prognosi riservata. Altre tre piccole pazienti, rispettivamente di 10, 2 e 9 anni, hanno riportato lesioni ossee importanti e sono attualmente ricoverate in ortopedia. Una per un trauma maxillo facciale con grave frattura infossata della sinfisi mandibolare e con frattura di femore esposta, un’altra con frattura chiusa del terzo distale dell’omero sinistro, l’ultima con frattura dell’omero sinistro scomposta prossimale. Sono state stabilizzate e saranno sottoposte in giornata a intervento chirurgico ortopedico. Le ultime due, rispettivamente di 2 e 4 anni, hanno riportato contusioni multiple con interessamento splenico, trauma cranico non commotivo e contusioni polmonari bilaterali, ricoverate in chirurgia d’urgenza sono state stabilizzate e, al momento, non presentano indicazioni chirurgiche.

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