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Tempo di lettura 3 minuti
di Silvio Rossi
Sta diventando la moda del momento. Così com’è avvenuto qualche tempo fa per Facebook, e più recentemente per Twitter, la nuova frontiera della comunicazione globale è l’app “Periscope”, che consente di inviare in streaming, in diretta, i video dal nostro telefonino.
Disponibile attualmente solo per I-phone, ma tra breve verrà rilasciata anche la versione Android, la piattaforma di condivisione ha conquistato un gran numero di utenti in pochissime settimane. Sta esplodendo la “periscopemania”, che coinvolge normali cittadini e, soprattutto, i vip.
Molti personaggi pubblici, infatti, stanno sperimentando per primi questa forma di comunicazione “social”, così com’erano tra i più assidui twittatori. Forse perché un attore, un cantante, un personaggio del mondo dello spettacolo, è più predisposto a condividere con proprio pubblico le emozioni, perché ha già infranto il velo di riservatezza che spesso frena i “comuni mortali”.
Ne parliamo con Giulio Base, attore e regista che è tra i primi in Italia a “divertirsi” con il nuovo media.
Tu sei una persona che si lancia volentieri in queste “avventure”, usi Twitter in maniera intensiva, qual è stato il tuo approccio con Periscope, e perché lo usi?
Il mio approccio parte dalla curiosità, soprattutto la curiosità. Credo che venga dall’amare da sempre la tecnologia, il futuro… e anche le persone, e quindi in un mondo in cui effettivamente si sta un po’ rinchiusi, è vero da una parte che i social possono rendere ancora più rinchiusi, ma invece il lato della medaglia che piace a me, è che ti fa conoscere migliaia, decine di migliaia, milioni di persone.
I social comunque possono anche farti conoscere persone che poi si incontrano dal vivo e ci si fa amicizia.
Certo, ma non hai idea. Gli ultimi migliori amici, amiche, persone belle che ho incontrato, le ho incontrate proprio sui social. Ci si studia, ci si capisce, si vedono tante affinità, poi quando ci s’incontra, sembra di conoscersi da sempre, ed effettivamente si è molto affini, e le amicizie durano.
Tu sei regista, quindi impegnato nelle riprese di video con una ben definita scrittura. Realizzando questi video “per gioco”, li vedi sempre con l’occhio del regista, o ti abbandoni alla parte più ludica?
Io direi le due cose insieme. In quell’attimo sono io, Giulio che riprende, che certamente si diverte, quindi la componente del gioco esiste, però sono io, con tutto quello che io ho, quindi evidentemente con una capacità, diversa se vuoi, di saper guardare le cose, e nello stesso momento dimenticandomi che quello è uno strumento non adeguato a fare delle cose professionali, per quanto ormai gli I-phone hanno qualità di altissimo livello. Quindi mi butto, diciamo, mi piace, mi diverte l’idea. Adesso, per esempio ho fatto dei video, cinque minuti fa, perché ho visto un tramonto meraviglioso a Castel Sant’Angelo mentre andavo a casa, e vedevo che dal mondo, dal Texas, dalla Thailandia, dalla Cina, dall’India, dal Messico, dalla Turchia, dagli Stati Uniti, che mi salutavano, che dicevano “che bello, grazie per condividere questo”, che è un’emozione abbastanza nuova. Infatti parlavo in inglese, qualcuno mi chiedeva perché parlavo in inglese, e ho preso a parlare italiano, poi mi hanno salutato dalla Francia e mi sono messo un po’ a parlare francese. L’emozione della diretta, in cui tutti ti ringraziano per quello che tu stai facendo, è un’esperienza sicuramente nuova, ma non per me, per il mondo. Quindi è sicuramente affascinante.
Ma mettere tutto in diretta, non fa perdere il rischio della perdita dell’intimità? Non ci fa rischiare di rimanere scoperti?
Quello io credo sia il rischio di tutti i video, diretta o meno. Se tu fai un video mentre stai al bagno, o mentre fai l’amore, e lo metti su youtube, l’intimità l’hai persa lo stesso, la diretta è la stessa cosa, cioè si tratta di saper calibrare la propria, io la chiamerei la propria dignità.
È un po’ come il pilota che deve sapere qual è il punto in cui deve frenare?
Sì, certo. La mia la conosco, ed è abbastanza alta, cioè non metterei mai le cose mie intime: il mio bagno, la mia camera da letto, le mie cose private. Però ognuno il limite della sua dignità lo decide da se. Così come ha recentemente detto papa Francesco: “Chi sono io per giudicare un altro?”, cioè è evidente che delle regole vengono date, io credo che la stessa organizzazione di Periscope sia pronta a cancellare materiale pornografico o pericoloso.
Tu comunque, a volte hai twittato foto in famiglia, in momenti di divertimento, quando hai comprato l’asticella per i selfie.
È, vero, mi sa che a Pasqua li faccio di nuovo…
Hai comunque un rapporto con i figli che ti vedono come partecipe all’uso della tecnologia, mentre molti genitori sono in imbarazzo nell’uso di questi strumenti. Cosa ti dicono loro? Sono contenti di avere un padre che si mette in gioco?
Loro mi fomentano. Stiamo parlando di nativi digitali. Per loro il fatto che adesso sto su Periscope, li diverte da morire, mi seguono, vogliono farlo loro, questo è il loro modo di comunicare.
Sono contenti allora di avere un padre che parla il loro linguaggio?
Sono strafelici. Mi dicono: “Papà, ieri hai fatto un video, che figata, che bello, facciamone un altro”, io direi che il motivo per cui sono così attivo, è per stare al passo loro.
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