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PAS, SINDROME DA ALIENAZIONE PARENTALE: SEPARAZIONE E AFFIDAMENTO FIGLI

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Tempo di lettura 6 minuti La Pas coinvolge almeno tre soggetti: bambino, genitore alienante e genitore alienato, e consiste in una continua campagna di denigrazione verso il genitore non affidatario

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A cura della Dott.ssa Catia Annarilli, Psicologa – psicoterapeuta

La Sindrome da Alienazione Parentale PAS è una complessa dinamica psicologica disfunzionale che si attiverebbe sui figli minori coinvolti in contesti di separazione e divorzio altamente conflittuali e non adeguatamente mediati. Il primo che ha parlato di questa situazione è stato Richard Gardner, psichiatra statunitense, che ha definito tale quadro psicologico per la prima volta nel 1984, ma ancora oggi la PAS è oggetto di esame e di controverso dibattito e non è ufficialmente riconosciuta né dall’ambito scientifico né da quello giuridico. Sembra che le cose stiano lentamente cambiando: infatti, recentemente l’APA – American Psychiatric Association – ha deciso di non definirla come un disturbo mentale, quanto piuttosto un problema di relazione tra genitore e figlio, o tra i due genitori; in Italia la Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dall’Adolescenza identifica la PAS come un abuso nelle “linee guida di abuso sui minori” del 2007. 

La Sindrome da Alienazione Parentale coinvolge almeno tre soggetti: bambino, genitore alienante e genitore alienato, e consiste in una continua e corposa campagna di denigrazione nei confronti del genitore non affidatario da parte del genitore affidatario; la si riesce a identificare dopo un’attenta valutazione e osservazione del comportamento del minore; viene instillata e mantenuta viva nel bambino dall’azione continua del genitore alienante sul di esso.
Gardner la definisce come: “… il risultato della combinazione di una programmazione (lavaggio del cervello) effettuata dal genitore indottrinante e del contributo dato dal bambino in proprio, alla denigrazione del genitore bersaglio. In presenza di reali abusi o trascuratezza dei genitori l’ostilità del bambino può essere giustificata e, di conseguenza, la Sindrome di Alienazione Parentale, come spiegazione dell’ostilità del bambino, non è applicabile”.
Nel dibattito riguardante il riconoscimento scientifico della PAS nel 2001 R.A. Warshak ha identificando alcuni elementi essenziali comuni a tutte le definizioni del disturbo: il rifiuto di un genitore; l'ingiustificatezza del rifiuto; il contributo causale (parziale) al rifiuto da parte dell'altro genitore. La manipolazione dei figli contro un genitore può essere considerata una forma di manipolazione affettiva, azione questa studiata fin dal 1960 dalla scuola di Terapia Familiare e dall’approccio sistemico relazionale come modalità di relazione disfunzionale all’interno della famiglia. La manipolazione dei figli contro i genitori è un fenomeno noto anche nei casi di sottrazione internazionale, pratica questa punita anche dalla Convenzione dell'Aia.
Il momento della separazione per una coppia è un momento importantissimo del ciclo vitale di una famiglia, e comporta una riorganizzazione profonda delle relazioni e degli equilibri familiari e individuali in cui però è necessario che le funzioni restino intatte; un figlio di genitori separati ha bisogno come gli altri bambini, e anche di più, di stabilità, di continuità nelle relazioni affettive, di sentirsi protetto dalle figure genitoriali, di un’educazione condivisa all’interno di un progetto più ampio di genitorialità.
Quando in una coppia si instaura un conflitto, il progetto coniugale è fallito e quello genitoriale potrebbe entrare in crisi determinando la contrapposizione dei due genitori che ritengono, ognuno per sé che il proprio progetto genitoriale sia il migliore per il figlio e, in questo clima teso e conflittuale, il figlio può allora divenire oggetto di strumentalizzazioni a discapito di quello che sarebbe il suo miglior interesse educativo. Il bambino può sentirsi conteso tra le due posizioni, oscillando continuamente tra il senso di accoglienza di uno e il rifiuto dell’altro in una ciclicità sempre uguale e ripetitiva; in questo clima emotivo ansia e aggressività, ma anche tristezza e impotenza possono diventare modalità diverse con le quali il bambino tenta di fronteggiare lo stress derivante dalla conflittuale dinamica di coppia.
La mancata elaborazione della separazione da parte dei coniugi potrebbe determinare uno stallo nel ciclo vitale della famiglia, situazione in cui i comportamenti e le tensioni tendono a cronicizzarsi, a irrigidirsi, e il conflitto a cristallizzarsi non lasciando alcuno spazio per la mediazione. Nel tempo ciò comporta lo strutturasi di dinamiche relazionali sempre più patologiche che vedono la messa in atto di comportamenti ostili verso l’ex-partner, il coinvolgimento e la triangolazione del bambino all’interno del conflitto coniugale. Proprio perchè è una distorsione relazionale la sindrome da alienazione parentale è di difficile diagnosi.
La PAS si manifesta principalmente nel rifiuto immotivato del figlio a mantenere i rapporti con il genitore non affidatario, rifiuto accompagnato da una forte e ingiustificata campagna di denigrazione dello stesso, che è il risultato dell’azione di manipolazione che il genitore affidatario, o comunque con cui vive il figlio, consapevolmente o inconsapevolmente, mette in atto per allontanare il figlio dall’altro genitore “… in questa campagna di denigrazione il minore ha un ruolo attivo in quanto la manipolazione delle informazioni raggiungono il livello cognitivo del figlio influenzando le sue credenze trasformandolo in “giudice” dei propri genitori…” (Malagoli Togliatti, Franci, 2005)

Si identificano alcuni momenti distinti nell’induzione della PAS:
– guadagnare accondiscendenza – è per questo che il bambino deve essere giunto ad un livello di sviluppo cognitivo e morale sufficiente per la programmazione;
– testare come funziona la programmazione;
– misurazione della lealtà;
– generalizzazione ed espansione del programma sulle persone che si sono alleate all’altro genitore e sugli oggetti e animali che gli appartengono;
– mantenere il programma (quando il modellamento è stato ottenuto perché non si estingua bisogna tenerlo attivo mediante dei rinforzi); questo permetterà al genitore alienante di mantenere il condizionamento sul minore, che si estinguerebbe se per un prolungato periodo di tempo questi non ricevesse più alcun rinforzo … (Buzzi).

Negare sempre l’esistenza dell’altro genitore, manipolare i fatti a vantaggio proprio, sottolineare l’inaffidabilità dell’altro genitore, minacciare una diminuzione del proprio affetto se il bambino mostra desiderio di avvicinamento all’altro genitore, soddisfare le richieste disapprovate dall’altro genitore, creare confusione e sensi di colpa nel bambino sono tutte tecniche che, se ripetute nel tempo, hanno l’effetto di vincolare il bambino al genitore alienante in un legame morboso e patologico. I motivi che possono spingere un genitore ad attuare tali strategie sono diversi e complessi, e possono includere ad esempio la rabbia per la fine del matrimonio, il desiderio di vendetta, il desiderio di mantenere comunque un rapporto con il partner anche attraverso il conflitto, il voler ottenere vantaggi economici.

Le caratteristiche principali con cui la sindrome si manifesta includono: la campagna di denigrazione; futili e/o assurde razionalizzazioni a sostegno della denigrazione; mancanza di ambivalenza; sostegno automatico del genitore alienante nel conflitto parentale; assenza di senso di colpa in relazione alla crudeltà e/o insensibilità nei confronti del genitore alienato; estensione dell’ostilità alla famiglia allargata e agli amici del genitore alienato.
Un bambino coinvolto in una PAS riferisce continuamente messaggi immotivati e superficiali di disprezzo nei confronti dell’altro genitore, una visione totalmente buona del genitore alienante, e una visione totalmente negativa del genitore alienato. E’ pienamente coinvolto nel confitto di coppia conoscendo aspetti ed argomenti che solo il genitore alienante può avergli confidato, e usa queste informazioni contro l’altro genitore; l’ostilità è diffusa ed estesa anche alla famiglia dell’altro genitore.

Gli effetti di questa dinamica relazionale disfunzionale possono essere gravi e invalidanti, manifestandosi su ognuno dei singoli protagonisti, ma in particolare è possibile che il bambino con la crescita possa manifestare alcuni sintomi tipici come un cattivo esame di realtà, sviluppare patologie inerenti l’area narcisistica, avere difficoltà nelle relazioni affettive, in particolare nei rapporti di fiducia, soffrire di ansia, di paure e di fobie.
Indicazioni per l’intervento psicoterapeutico
L’intervento psicoterapeutico dovrebbe tenere in considerazione tutti i soggetti coinvolti, anche se la persistenza del conflitto di coppia potrebbe rendere impossibile seguire le indicazioni per una terapia familiare per il rifiuto di uno dei due genitori, in questo caso si potrebbe suggerire o un intervento sulla coppia, in cui il conflitto ancora aperto potrebbe comunque trovare uno spazio di contenimento ed elaborazione senza danneggiare ulteriormente il bambino, o un intervento distinto di terapia individuale.
Le indicazioni di terapia individuale dovrebbero tenere in considerazione queste caratteristiche:
– nel lavoro con il bambino, dedicare tempo per la ricostruzione di un rapporto con il genitore alienato lavorando sul senso di colpa e sullo svincolo dal legame simbiotico con il genitore alienante;
– la psicoterapia con il genitore alienante si dovrebbe centrare sull’elaborazione della separazione e della fine del matrimonio, sul superamento del conflitto di coppia e su azioni a tutela del minore, attivando infine movimenti di ricostruzione dei legami del bambino con l’altro genitore;
– la psicoterapia con il genitore alienato dovrebbe prevedere un lavoro psicoterapeutico sul vissuto di sofferenza ed impotenza, sul destino di vittima e sull’acquisizione di nuove e più efficaci strategie di gestione del conflitto.

Dott.ssa Catia Annarilli
Psicologa – psicoterapeuta
Cell. 347.130714 dott.catia.annarilli@cpcr.it
www.centropsicologiacastelliromani.it
Piazza Salvatore Fagiolo n. 9 00041 Albano laziale

Bibliografia di riferimento
Gulotta G., Cavedon A., Liberatore Milano, 2008.
Cigoli V., Gulotta G., Santi G., Separazione divorzio e affidamento dei figli. Tecniche e criteri della perizia e del trattamento, Giuffrè editore, Milano, 1997
Gardner R. A., The relationship between the Parental Alienation Syndrome (PAS) and the False
Memory Syndrome (FSM). The American Journal of Family Therapy, 32,79-99. Traduzione di Luca Milani.
Gulotta G., Manni Y., Ricerca sulla possibilità di riduzione della suggestionabilità infantile, in Maltrattamento e abuso all’infanzia, 3, 2006.
Gulotta G., Cavedon A., Liberatore M., La Sindrome di Alienazione Parentale (PAS). Lavaggio del cervello e programmazione dei figli in danno dell’altro genitore. Giuffrè Editore, 2008.

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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Editoriali

La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Roma, aggressioni e borseggi in metro. Riccardi (UdC): “Linea più dura per garantire la sicurezza pubblica”

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“Ci troviamo ad affrontare un problema che il Governo non può più ignorare: i borseggiatori operano impuniti nelle metropolitane di Roma. Questa situazione è inaccettabile e richiede un intervento deciso e immediato. Ritengo che la sicurezza dei cittadini debba essere una priorità assoluta e che la moderazione non significhi inazione”.
È assai dura la reazione del commissario cittadino di Roma Capitale dell’UdC, il dottor Roberto Riccardi, circa le continue, ripetute aggressioni e borseggi nella Capitale.

Dottor Riccardi secondo Lei dove bisogna intervenire in fretta nella legislazione italiana in tale materia?
I recenti episodi di furto nei mezzi pubblici mettono in luce una legislazione troppo permissiva. La normativa attuale, che prevede l’intervento delle Forze dell’Ordine solo su querela dei borseggiati, è del tutto inefficace. Questo non solo rallenta l’intervento delle autorità, ma spesso disincentiva le vittime a denunciare, sapendo che le conseguenze per i borseggiatori saranno minime o inesistenti.
Le leggi attuali non sono sufficienti per contrastare efficacemente questo fenomeno. È necessario un cambio di rotta deciso.

il commissario cittadino UdC di Roma Capitale, dottor Roberto Riccardi

E cosa può fare in più, in questo frangente, l’organo giudiziario?
Bisogna smettere di essere troppo indulgenti con i delinquenti. Va adottata una linea più dura per garantire la sicurezza pubblica.
Lei rappresenta uno dei partiti di governo nazionale. Esiste una vostra “ricetta” in merito?
Ecco le misure che proponiamo; arresto obbligatorio per i borseggiatori con l’introduzione dell’arresto obbligatorio per chiunque venga colto in flagrante a commettere furti nei mezzi pubblici. Questo deterrente è essenziale per scoraggiare i delinquenti e proteggere i cittadini.
Modifica della normativa vigente; bisogna consentire l’intervento delle Forze dell’Ordine anche in assenza di querela da parte della vittima, permettendo un’azione tempestiva e decisa contro i borseggiatori.
Inasprimento delle pene ed introduzione di sanzioni più severe per i reati di furto, specialmente quando commessi in luoghi pubblici e affollati come le metropolitane.
Campagne di sensibilizzazione informando i cittadini sui loro diritti e sull’importanza di denunciare ogni atto di borseggio, contribuendo così a creare una comunità più sicura e coesa.
Ma Lei crede che con tali misure si possa mettere un argine alla questione che preoccupa non solo i romani ma le decine di migliaia di turisti che ogni giorno arrivano nella capitale?
Non possiamo più permetterci di essere indulgenti. Dobbiamo agire con fermezza per garantire la sicurezza di tutti i nostri cittadini.
Le Forze dell’Ordine devono essere messe nelle condizioni di poter agire senza ritardi e senza ostacoli burocratici.
Dobbiamo essere determinati nello spuntare le armi dei buonisti ed a ripristinare la legalità nelle nostre strade e nelle nostre metropolitane. Solo con un intervento deciso e risoluto potremo garantire una Roma più sicura e vivibile per tutti.

Risposte chiare e concrete quelle del commissario cittadino UdC di Roma Capitale Roberto Riccardi.
Ci auguriamo che questa volta la politica affronti davvero con tale determinazione questa assenza di sicurezza per i romani e per le migliaia di turisti che si apprestano a giungere nella Capitale per l’imminente apertura, il 24 dicembre 2024, dell’Anno Giubilare.

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