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di Chiara Rai
Era un po’ di tempo che le tremavano le mani, che la sua attenzione su fatti, eventi, sul quotidiano, sembrava essere diminuita in cambio di una sorta di torpore diffuso. Quando venni a sapere che il suo sistema nervoso sarebbe degenerato a causa del Parkinson, il mondo sembrò crollarmi addosso, senza darmi il tempo di pensare a come l’avrei vista da anziana e come sarebbe cambiata la nostra vita. La immaginavo già con le mani rugose, tremolanti, la salivazione ancora più accentuata e l’incapacità di riconoscermi. Poi mi soffermavo a guardarla, con quella sua dolcezza e irrequietezza che negli studi medici avrebbero poi denominato demenza. Quando tempo dopo vidi quelle stesse mani tremanti e quella veste bianca e semplice degna di un Papa Santo, riconobbi la stessa malattia di mia madre. La stessa bontà d’animo e la stessa incapacità di muoversi, di parlare. Solo guardando i suoi occhi si poteva comprendere l'enorme sofferenza e croce che aveva sulle spalle. Giovanni Paolo II non ci ha lasciati un attimo, ha esalato il suo ultimo respiro consapevole di aver lasciato un segno all’umanità. Il suo compito sulla terra era ormai terminato, così come quello di Giuliana le cui mani non sono mai invecchiate. E’ appena passata la giornata mondiale del Parkinson. In Italia ancora non esiste, in un vero e proprio “registro” di q uesta malattia neurovegetativa. Tuttavia, secondo le ultime stime, nel nostro Paese ci sono circa 250mila persone affette da questa patologia. E la cifra, secondo gli esperti, è destinata a raddoppiare entro il 2030 a causa dell’invecchiamento della popolazione. Non dimentichiamo chi si trova in difficoltà. E’ un nostro diritto dovere assisterli.
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