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di Andrea Li Causi
Palermo – Nella mattinata di oggi i Carabinieri Provinciali di Palermo hanno smantellato il mandamento mafioso di Bagheria dando esecuzione a 22 provvedimenti restrittivi nei confronti di capi e gregari. I boss tratti in arresto e i gregari sono accusati di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, sequestro di persona, danneggiamento a seguito di incendio. Le indagini condotte dai Carabinieri, coordinate dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia hanno potuto evidenziare quanto fossero presenti le estorsioni esercitate dai temutissimi capi mafia che si sono succeduti nell’arco di tempo che va dal 2003 al 2013. Inoltre sono documentate circa 50 episodi di estorsione che sono stati ricostruiti grazie al coraggio degli imprenditori locali che, dopo anni di silenzio, hanno avuto il coraggio di alzare la voce e ribellarsi al “Pizzo”. Sono stati 36 gli imprenditori che si sono ribellati al “Pizzo”e hanno trovato il coraggio di denunciare. La richiesta del “Pizzo” si concentrava principalmente nel settore edile, ma si estendeva a macchia d’olio anche negli altri settori che generavano economia come negozi di mobili, di abbigliamento, sale gioco, centri scommesse. Salvatore Altavilla, comandante del Reparto operativo dei Carabinieri di Palermo ha riferito, in merito al blitz contro la cosca di Bagheria: “Trentasei imprenditori hanno ammesso di avere pagato il pizzo. Alcuni di loro sono stati sottoposti a vessazioni per anni. E' la breccia che ha aperto la strada per assestare un nuovo colpo a Cosa nostra, segno che i tempi sono cambiati e che imprenditori e commercianti finalmente si ribellano”. Oltre all’importante aiuto degli imprenditori che si sono ribellati al “Pizzo”, le indagini hanno avuto un incipit positivo grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di Giustizia e alle delicatissime quanto importantissime attività di intercettazione. Le conversazioni intercettate dagli inquirenti, dimostrano quanto fosse importanti le riscossioni del “Pizzo” per i mafiosi poiché servivano per il mantenimento delle famiglie dei carcerati.
Ecco alcuni stralci di intercettazione: “c’è stata quella mattinata che ci siamo visti … sono rimasti … duemila e cinquecento euro … da Ficarazzi … gli ha detto: “ZU GI’ … se li metta nella cassa …”. “glieli facciamo avere alla moglie di NINO che può darsi..i giorni di quelli che sono … deve andare a colloquio … cose … devono viaggiare … “ … “buono è … buono è” … quello anzi fa: “cinquecento euro mettiteli in tasca tu … “ … dice: “che fai sempre spese” dice: “e duemila euro glieli diamo alla moglie di Nino”. Ho preso questi soldi, me li sono messi in tasca”, da attivare prevalentemente in occasione del Natale e della Pasqua “e per Pasqua c’è stata la stessa cosa … io per qualche quindici giorni ho sentito dire che quella soldi non ne aveva ricevuto … lui doveva portarle duemila cinquecento euro che si è trattenuto … per portarglieli … fino a qualche quindici ..venti giorni dopo io ho saputo che lei soldi non ne aveva ricevuti …”.
Gli uomini finiti in manette sono: Bartolone Carmelo, Carbone Andrea Fortunato, Centineo Francesco, Di Bella Gioacchino Antonino, Di Salvo Giacinto detto “Gino”, Di Salvo Luigi detto “U Sorrentino”, Eucapiptus Nicolò detto “Nicola”, Flaminia Pietro Giuseppe detto “Il porco”, Gagliano Vincenzo, Girgenti Silvestro detto “Silvio”, Guagliardo Umberto, La Mantia Rosario, Lauricella Salvatore, Liga Pietro, Lombardo Francesco, Mineo Francesco, Mineo Gioacchino detto “Gino”, Morreale Onofrio, Scaduto Giuseppe, Trapani Giovanni, Tutino Giacinto.
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