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Costume e Società

Palermo, Festa dell’Immacolata tra solennità e tradizione

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Tempo di lettura 3 minutiDal 28 novembre al 17 dicembre, presso la Basilica di San Francesco D’Assisi

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PALERMO – Fin dall’VIII secolo, durante la dominazione bizantina in Sicilia, si sviluppò il culto per la Vergine Maria, grazie all’influsso della spiritualità e della liturgia bizantina, particolarmente pervasa da una intensa e tenera devozione alla Madre di Dio. Come consequenza divenne molto stretto il legame tra la Sicilia e l’Immacolata Concezione. I momenti più salienti della devozione alla Vergine Maria, furono vissuti dalla città di Palermo nel XVII secolo.

Nel 1624 scoppiò la peste, che incominciò a mietere migliaia di vittime; allora il Senato palermitano cercò di porre rimedio alla ferocia del morbo con ogni mezzo, adottando anche strumenti di natura spirituale. Infatti, il Senato, fece ricorso all’intercessione dell’Immacolata e di S. Rosalia, celebrando solennemente e in perpetuo la festa delle due icone religiose.

L’atto di fede compiuto dal Senato indusse il cardinale dell’epoca ad emettere il voto di credere e di difendere, fino all’ultimo spirito di vita, l’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria e di digiunare alla vigilia della festa.

Per questo motivo fu deciso di portare in processione il simulacro dell’Immacolata, dalla Cattedrale alla chiesa di S. Francesco (la chiesa e il convento di San Francesco, fin dall’arrivo dell’ordine religioso dei francescani, divennero un importante centro propulsore della devozione all’Immacolata).  Una volta che la peste fu debellata, il Senato palermitano non dimenticò tutti gli impegni assunti ed ancora oggi, ogni anno, le autorità civili rinnovano il giuramento pronunciato dal cardinale.

Le predette autorità intervengono alle solenni funzioni, ed erogano a favore del convento di S. Francesco una somma di denaro (a ricordo delle 100 onze versate nel 1624, per la celebrazione della festa e per le necessità del culto dell’Immacolata).

Tra il 1724 e il 1727, l’imperatore austriaco Carlo VI, che governava allora la Sicilia, aprì a Palermo la piazza antistante la chiesa di S. Domenico. Al centro della piazza fece erigere la colonna di marmo su cui fu innalzata la grande statua bronzea dell’Immacolata.

Questa  fu l’occasione perchè in città avvenisse il riavvicinamento, dopo tanti secoli di divisioni, tra i Domenicani e i Francescani; in segno della ritrovata unione, si stabilì con un atto pubblico, che i Francescani avrebbero da allora partecipato alla processione della Madonna del Rosario e i Domenicani a quella dell’Immacolata. In quegli stessi anni, sorse a Palermo una nuova confraternita in onore dell’Immacolata; a seguito della donazione al convento di S. Francesco della  statua d’argento dell’Immacolata (1647), che ancora oggi viene portata in processione,  si era imposta la necessità di reperire chi si assumesse l’onere di portarla a spalla durante le processioni.

Per questa ragione fu costituita la Congregazione  denominata “del Porto e Riporto”,  ancora oggi attiva.  Ogni anno, il fedele palermitano si reca in pellegrinaggio nella  chiesa di San Francesco d’Assisi (per tutta la serata del 7 dicembre) per omaggiare il simulacro d’argento esposto come di consueto, ogni anno, fuori dal tempietto in cui rigorosamente viene conservato.

Il giorno della festa, l’8 dicembre, il popolo palermitano si reca numeroso ad assistere alla solenne processione del simulacro argenteo dell’Immacolata. La processione ha inizio con “la’ scinnuta” (discesa), per mezzo di una particolare pedana che annulla il dislivello tra il piano stradale e l’ingresso della Basilica. Portato lungo Corso V. Emanuele e via Roma, il simulacro giunge presso la colonna votiva in piazza San Domenico, ove si assiste all’annuale offerta dei fiori alla Vergine, offerta effettuata dai Vigili del Fuoco.

In tale occasione la piazza si trasforma in un teatro popolare dove puntualmente le sue quinte sono rappresentate da tutti quei devoti che vogliono rendere omaggio alla Vergine medesima. Dopo l’acclamazione popolare il simulacro, scortato dalle autorità civili ed ecclesiastiche, viene portato sino alla Cattedrale.

Successivamente all’apposizione delle firme in un apposito registro da parte delle autorità ecclesiastiche e civili e del superiore della confraternita, i confrati riuniti attorno al fercolo riprendono il viaggio di ritorno verso la basilica, da qui il nome di porto e riporto.

Giunti nella piazza antistante l’ingresso alla basilica, il simulacro si ferma per affrontare l’ultima fatica che è l’entrata, preceduta dalla recita della preghiera mariana per pregevolezza, ossia il Magnificat. Per “l’acchianata” (la salita) si ripetono nuovamente gli stessi movimenti  adottati per l’uscita: pochi secondi, ma terribilmente lenti a scorrere. Quando uno squillo di tromba da il segnale,  il fercolo tenuto issato, viene introdotto, con gran fatica dei portatori, all’interno della basilica. Tutto ciò avviene tra gli applausi dei fedeli.