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Cronaca

Palermo, arrestato il nuovo boss di mafia Giuseppe Calvaruso

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Calvaruso, 44 anni, gestiva i suoi affari dal Brasile, da dove era appena tornato quando, ieri pomeriggio, è stato fermato dai carabinieri

Nel corso della pomeriggio di ieri i Carabinieri del Comando Provinciale hanno dato esecuzione a un provvedimento di fermo di indiziati di delitto, emesso da un gruppo di Sostituti, coordinati dal Procuratore Aggiunto Salvatore De luca della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, nei confronti di 5 indagati, ritenuti a vario titolo responsabili dei delitti di associazione di tipo mafioso, estorsione consumata e tentata, lesioni personali, sequestro di persona, fittizia intestazione di beni, tutti reati aggravati dal metodo e dalle modalità mafiose.

IL RUOLO DI GIUSEPPE CALVARUSO
Le indagini condotte dall’Arma, secondo le valutazioni del P.M., hanno consentito, dopo l’arresto di Settimo MINEO nell’operazione Cupola 2.0, di individuare il presunto nuovo reggente del mandamento mafioso Pagliarelli, Giuseppe CALVARUSO, che è accusato di:

  • avere individuato di volta in volta gli uomini più affidabili per la gestione degli affari delle famiglie mafiose a lui subordinate ed in particolare Giovanni CARUSO quale suo personale referente nel corso della propria assenza dal territorio italiano, avendo soggiornato il CALVARUSO per molto tempo in Brasile;
  • aver mantenuto, attraverso il continuo scambio di contatti, riunioni ed incontri anche in luoghi riservati, un costante collegamento con esponenti apicali dei mandamenti mafiosi di Porta Nuova, Noce, Villabate, Belmonte Mezzagno per la trattazione di affari mafiosi;
  • essere intervenuto, nella sua funzione di uomo d’onore, per la risoluzione di controversie fra privati;
  • avere assicurato “l’ordine pubblico” sul territorio, ad esempio autorizzando e prendendo parte a un violento pestaggio ai danni di autori di alcune rapine non autorizzate dai vertici mandamentali;
  • aver assicurato il mantenimento in carcere dei detenuti appartenenti alle famiglie mafiose del mandamento (nel corso di un dialogo intercettato, CARUSO rivelava i dettagli degli esborsi ai familiari dei carcerati);
  • avere gestito, per il tramite di prestanome, il controllo di attività economiche dentro e fuori il territorio del mandamento.

CALVARUSO, da qualche tempo dimorante in Brasile, è rientrato momentaneamente in Italia con l’intendimento di tornare a breve in sud America

IL CONTROLLO DEL TERRITORIO
Secondo le valutazioni del P.M. e degli investigatori sono emersi diversi episodi riguardanti il sistematico ricorso di commercianti e imprenditori per ottenere autorizzazioni all’apertura di attività commerciali (una sorta di “amministrazione mafiosa” o risoluzioni di controversie (una sorta di “giurisdizione mafiosa”); l’organizzazione ha assunto, secondo consolidata tradizione mafiosa, una patologica funzione supplente rispetto alle Istituzioni dello Stato.

La famiglia mafiosa di Pagliarelli veniva infatti investita, fra le altre cose, per:

  • individuare e punire gli autori di più rapine in danno di un esercizio commerciale;
  • rinvenire e restituire ai legittimi proprietari un’autovettura rubata;
  • autorizzare l’apertura di nuovi esercizi pubblici.

LA SPEDIZIONE PUNITIVA
Le indagini hanno permesso di delineare, in particolare un episodio particolarmente cruento.
La ricostruzione che segue è conforme alle valutazioni contenute nei provvedimenti di fermo emessi dal P.M. dal quale emerge l’attualità del capillare controllo mafioso anche su soggetti dediti alla consumazione di reati predatori, la cui azione criminale in danno di attività commerciali deve essere preventivamente autorizzata da cosa nostra.

Il titolare di una rivendita di detersivi, a seguito di due rapine consumate nell’arco di 5 giorni, si rivolgeva, entrambe le volte, agli uomini di cosa nostra per identificare i responsabili delle rapine e per riappropriarsi delle somme di denaro sottrattegli.

L’imprenditore interessava della questione Giovanni CARUSO (consegnandogli anche le riprese video della rapina), ritenendolo il referente sul territorio per conto di cosa nostra; questi si attivava con efficienza per l’identificazione e il rintraccio dei rapinatori, che venivano sequestrati dai sodali all’interno di un garage, dove venivano trattenuti sino all’arrivo dell’ideatore delle rapine, che veniva “pestato a sangue” alla presenza di Giuseppe CALVARUSO, nel frattempo sopraggiunto.
Peraltro proprio il Caruso si occupava, a seguito di richiesta di un commerciante locale di rintracciare in 24 ore un’autovettura rubata.

LE IMPRESE OCCULTE RICONDUCIBILI A GIUSEPPE CALVARUSO
Secondo le valutazioni del P.M. le attività economiche di Giuseppe Calvaruso possono essere delineate come segue.

La gestione di attività economiche nella veste di imprenditore occulto risulta strettamente connessa all’assunzione da parte sua della qualifica di storico uomo d’onore della famiglia mafiosa di Pagliarelli; proprio il mantenimento di relazioni qualificate con gli esponenti di altri mandamenti, nonché la partecipazione alle attività illecite dell’associazione criminale gli consentiva infatti, nel corso degli anni, di acquisire una vasta rete di conoscenze spendibili nei più disparati settori economici, nonché di accumulare ingenti capitali di provenienza illecita, da reinvestire, poi, in società operanti nel settore edile e della ristorazione.

Le vicissitudini giudiziarie, determinavano in Giuseppe CALVARUSO l’esigenza di porsi al riparo da possibili sequestri in danno dei suoi beni; egli, pertanto, era indotto ad attuare una strategia di interposizione fittizia di carattere reale finalizzata, grazie alla collaborazione di fedeli prestanome, a tutelare i suoi beni da eventuali sequestri di prevenzione.

Inoltre, la peculiare e modernissima attitudine imprenditoriale impressa da Giuseppe CALVARUSO alla gestione del mandamento di Pagliarelli (rendendolo un fattore di distorsione del mercato) emergeva anche dall’interesse dallo stesso manifestato verso un flusso di capitali provenienti da investitori esteri. In particolare CALVARUSO tentava di intessere dei rapporti di natura economica con un cittadino singaporiano, interessato a investire ingenti capitali nel settore edile e turistico-alberghiero in Sicilia.

Connesse con tali affari vi sono, poi, alcune condotte estorsive, tutte finalizzate a costringere la proprietà degli immobili da acquistare e ristrutturare, a rivolgersi alle ditte edili di fatto di proprietà di CALVARUSO.

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Cronaca

Roma, San Paolo: due ladre tentano di investire la commessa di un negozio dopo la rapina

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ROMA – Nel pomeriggio di ieri, i Carabinieri della Stazione di Roma Garbatella sono intervenuti in viale Leonardo Da Vinci, arrestando due donne romane, di 20 e 30 anni, appartenenti a una nota famiglia di nomadi stanziali, con precedenti penali e disoccupate. Le due sono gravemente indiziate di rapina aggravata in concorso.
 
L’episodio è iniziato quando i titolari di un negozio di casalinghi, gestito da cittadini cinesi nel quartiere San Paolo, hanno denunciato che le due donne avevano sottratto diversi articoli per la casa. Una dipendente del negozio, notando il furto, ha cercato di fermarle, ma le due donne, nel tentativo di fuggire, sono salite a bordo della loro auto e hanno cercato di investirla.
 
I Carabinieri, giunti rapidamente sul posto, sono riusciti a bloccare le ladre. La refurtiva, trovata all’interno dell’auto, è stata restituita ai legittimi proprietari. Fortunatamente, la coraggiosa dipendente, visitata dai sanitari del 118, non ha riportato ferite.
 
Successivi accertamenti hanno rivelato che la 30enne era alla guida dell’auto senza patente, mai conseguita, motivo per cui è stata anche sanzionata per violazione al codice della strada. Il Tribunale di Roma ha convalidato l’arresto e disposto gli arresti domiciliari per entrambe le donne.
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Castelli Romani

Rocca Priora, arrestati due uomini sorpresi a sotterrare telai di auto rubate

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I Carabinieri della Stazione di Rocca Priora hanno arrestato due uomini italiani, rispettivamente di 59 e 67 anni, entrambi con precedenti penali, accusati di riciclaggio. L’operazione è avvenuta durante un normale servizio di pattugliamento del territorio, quando i militari hanno notato i sospetti intenti a scavare una buca con una ruspa in un terreno situato lungo la via Tuscolana, al chilometro 32. All’interno della buca, i Carabinieri hanno scoperto quattro telai completi di autovetture, successivamente identificati come proventi di furto.
 
Successivamente, i militari hanno eseguito una perquisizione in un capannone nei pressi del luogo del ritrovamento, anch’esso nella disponibilità dei due uomini arrestati. All’interno del capannone, sono state rinvenute numerose parti di veicoli smontati e privi di matricola, le quali sono state immediatamente sequestrate per ulteriori verifiche.
 
I due uomini arrestati sono stati posti agli arresti domiciliari nelle rispettive abitazioni, in attesa dell’udienza di convalida. Le autorità stanno proseguendo le indagini per chiarire ulteriormente la portata dell’attività illegale e identificare eventuali complici.
 
 
 
 
 
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Epidemia di Peste Suina, cresce la rivolta degli allevatori: il Ministro Lollobrigida nel mirino

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Il ministro dell’Agricoltura accusato di non aver saputo affrontare adeguatamente l’emergenza

L’epidemia di peste suina sta mettendo in ginocchio gli allevatori del Nord Italia, con nuovi focolai che si diffondono in Lombardia e Piemonte, alimentando rabbia e frustrazione tra i produttori. Nonostante l’adozione di nuove misure di sicurezza da parte del Commissario straordinario Giovanni Filippini, la situazione continua a peggiorare, con 26 allevamenti contaminati solo in Lombardia, coinvolgendo le province di Pavia, Milano e Lodi.

La diffusione del virus in queste aree altamente densamente popolate da suini, che contano circa 4,5 milioni di capi, ha suscitato un’ondata di proteste da parte degli allevatori, già provati da oltre due anni di gestione considerata fallimentare dell’emergenza. Assosuini, una delle principali associazioni di settore, ha espresso la propria indignazione, lamentando che gli allarmi lanciati dagli allevatori sono stati ignorati per troppo tempo, lasciandoli ora a dover affrontare costi insostenibili e una situazione sanitaria al limite.

La tensione è ulteriormente aggravata dalla critica dei vertici di Coldiretti, che chiedono l’immediata erogazione degli indennizzi alle aziende colpite e certezze sui rimborsi per chi è costretto a sospendere l’attività. Le nuove regole imposte dal commissario includono il divieto di movimentazione degli animali e l’accesso agli allevamenti nelle aree di restrizione, nonché la possibilità di abbattimenti preventivi in caso di rischio di contagio. Tuttavia, l’incertezza regna sovrana, con molti allevatori che si sentono abbandonati dalle istituzioni.

La critica si è rivolta anche verso il governo, e in particolare verso il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, accusato di non aver saputo affrontare adeguatamente l’emergenza. L’Eu Veterinary Emergency Team, gruppo di esperti della Commissione Europea, ha recentemente bocciato la strategia adottata, suggerendo che sarebbe stato più efficace un approccio basato sul monitoraggio e sul contenimento geografico dei cinghiali, piuttosto che sulla caccia.

Dichiarazioni recenti del ministro Lollobrigida, riportate dai media, sottolineano l’impegno del governo nel fronteggiare la crisi, pur ammettendo le difficoltà incontrate. Lollobrigida ha ribadito l’importanza delle nuove misure di biosicurezza e ha promesso un maggiore supporto agli allevatori, ma per molti queste rassicurazioni arrivano troppo tardi.

Con l’aumento dei focolai, l’epidemia di peste suina si sta trasformando in una catastrofe economica e sanitaria, con conseguenze che potrebbero essere devastanti non solo per il settore zootecnico, ma anche per l’intera economia delle regioni colpite.

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