Omicidio Tommaso Onofri, la mamma: “gli assassini devono rimanere dentro, devono pagare per quello che hanno fatto”

PARMA – La tragica morte del piccolo Tommaso Onofri è rimasta impressa nella memoria degli italiani in modo indelebile. E’ difficile dimenticare quei tragici e angoscianti giorni di marzo del 2006, quando tutta Italia si univa al dolore della famiglia che lanciava appelli in Tv, con la speranza  che i rapitori consegnassero il piccolo Tommy in vita, e che nei loro cuori vi fosse un briciolo di clemenza e un barlume di umanità  dinnanzi alla disarmante bellezza e innocenza di quel bambino dagli occhi azzurri e i capelli ricci. Ma così non è stato purtroppo, Tommy è stato ucciso. Ma ripercorriamo i fatti di quei giorni.

 

Quella del 2 marzo 2006 sembrava una sera come tutte le altre: erano le ore 21.00 e la famiglia Onofri si era riunita tranquillamente a tavola per consumare la cena. C’era papà Paolo, 46 anni, direttore di un Ufficio Postale di Parma; mamma Paola Pellinghelli poi c’era il fratellino più grande, Sebastiano di otto anni, ed in fine Tommaso, il piccolo di casa, di soli otto mesi, che però era febbricitante e soffriva inoltre di epilessia. Sembrava una serata come tante altre: cibo in tavola, risate, lecite preoccupazioni per il piccolo Tommy che stava poco bene, gli impegni per il giorno successivo con il lavoro e la scuola quando all’improvviso  due sconosciuti fanno irruzione in quella casa situata nella campagna Parmense; immobilizzano con il nastro adesivo i genitori e il fratello più grande e rapiscono Tommy, strappandolo  dal seggiolone e portandolo via dalla mamma e dal papà.

 

Paolo riesce prontamente a liberarsi e lancia immediatamente l’allarme. Il caso diventa mediatico e commuove l’intera nazione generando al contempo indignazione e incredulità. Successivamente vengono ascoltati alcuni operai che avevano lavorato nella casa della famiglia Onofri. Il 10 marzo, in seguito ad una perquisizione da parte delle forze dell’ordine viene scoperto del materiale pedopornografico nel computer del papà di Tommy e viene iscritto nel registro degli indagati per il possesso di tale materiale. Il 26 marzo comparve vicino la casa degli Onofri la scritta “ne hai abbastanza?” interpretata come messaggio dei malviventi rivolto alla famiglia. Il 28 marzo le indagini si concentrano su una traccia lasciata dai rapitori nel nastro adesivo. Accertamenti portano ad un muratore, Mario Alessi, un pluripregiudicato che ha ristrutturato la casa degli Onofri.

 

L’uomo era stato ascoltato in procura ma aveva un alibi che però era stato smentito. Il 1 aprile viene effettuata una vastissima operazione che coninvolge Polizia e Carabinieri che porta alla perquisizione di casolari e campagne alla ricerca del piccolo Tommy. Vengono ascoltate circa 40 persone e posti a fermo Mario Alessi, Antonella Conserva (la compagna) e Salvatore Raimondi, l’uomo a cui apparteneva l’impronta digitale sul nastro adesivo. Alessi dopo l’interrogatorio confessa il tragico delitto e confessa di averlo ucciso poco dopo il rapimento. Il 2 aprile gli inquirenti vengono condotti nel luogo in cui si trova occultato il corpo del piccolo Tommy. Il muratore Mario Alessi è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio, la compagna Antonella Conserva sta scontando ventiquatro anni, il complice Salvatore Raimondi sta scontando venti anni.

Oggi Paola Pellinghelli, mamma del piccolo Tommy, grida a gran voce che gli assassini del suo bambino “Devono rimanere dentro, devono pagare per quello che hanno fatto”. Il marito Paolo invece non c’è più, è venuto a mancare nel 2014, il suo cuore non ha retto all’incolmabile e profondo dolore per la perdita dell’amato figlio. Sono passati  undici anni da quella terribile sera e oggi dice che dice che quegli uomini che hanno strappato la vita al suo Tommy “hanno già la possibilità di ritornare in libertà; è questa la giustizia dopo solo undici anni. Alla fine solo per noi vittime c’è la condanna all’ergastolo, mai per i delinquenti. Solo per noi c’è il fine pena mai”. Ai microfoni di NewsMediaset ha inoltre dichiarato “C’è chi comincia il reinserimento, c’è chi con i permessi premio. Questa la giustizia dopo solo 11 anni. Alessi e gli altri complici si rimpallano le responsabilità ma devono pagare tutti e tre. Tommy oggi andrebbe alle scuole medie, vivrebbe i suoi primi innamoramenti. Ma Tommy tutto questo non ce l’ha”.

Angelo Barraco

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