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Cronaca

Omicidio Loris Stival: chiesti trent'anni per Veronica Panarello, intervista all'Avvocato Scrofani

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Tempo di lettura 7 minuti Avvocato: "la Signora ha individuato il movente nel fatto che il bambino ha visto, avrebbe visto, qualcosa che non doveva vedere"

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di Angelo Barraco
 
Ragusa – “Trent'anni?” è stata l’esclamazione di Veronica Panarello dopo che la Procura di Ragusa ha chiesto trent'anni di reclusione per lei, accusata di omicidio premeditato e occultamento di cadavere per l’omicidio del figlio Loris Stival uccido il 29 novembre del 2014 a Santa Croce Camerina. La richiesta di condanna è stata formulata a termine di una lunga requisitoria davanti al Gup di Ragusa Andrea Reale. Il Pm Rota ha definito Veronica Panarello “Egoista, bugiarda e manipolatrice” a seguito di un’accusata ricostruzione del contesto sociale in cui si è consumato l’omicidio e in cui Veronica “non era appieno genitore e Loris non era un figlio”. Una madre che viene dipinta in aula di Tribunale come una donna dalla “personalità controversa”. Secondo l’accusa è stata la donna ad uccidere il proprio figlio e successivamente ad occultarne il cadavere. Veronica nel corso dell’ultima udienza ha reso dichiarazioni spontanee, puntando il dito contro il suocero e affermando che: “Mi ha chiesto di legargli i polsi”. Nel corso della scorsa udienza ha cercato di convincere i giudici affermando la sua estraneità al delitto, precisando che il suo ruolo all’interno della scena delittuosa non è stato rilevante ne tanto meno attivo ma semplicemente di complicità poiché, a detta sua, sarebbe stato compiuto dal suocero Andrea Stival. L’udienza scorsa ha suscitato molto clamore e attese poiché in molti erano in fremito nell’attesa di un colpo di scena o di uno spiraglio di luce in una vicenda inabissata nell’ombra. La donna ha dichiarato nell’udienza scorsa: “Sono pronta ad essere punita ma per quello che ho fatto e non per quello che non ho commesso. Se ci sono mie responsabilità pagherò, ma con me deve farlo anche l'esecutore materiale del delitto: mio suocero”, indicando il suocero come responsabile. Ha inoltre ricostruito quelle che secondo lei sono state le dinamiche di quella giornata, collocando all’interno della scena del crimine il suocero che sarebbe stato lui, secondo quanto affermato da lei, ad ordinarle di legale mani e piedi al piccolo Loris. Successivamente lei si sarebbe allontanata un attimo per rispondere al telefono ma al suo ritorno avrebbe trovato il figlio privo di vita, ucciso mediante strangolamento con cavo usb grigio. Il corpicino sarebbe stato sceso e portato in contrada Mulino Vecchio. Ma le indagini svolte dagli inquirenti non collocano in nessun modo Andrea Stival all’interno della scena del delitto, ma a tal proposito la donna ha puntualizzato: “il fatto che non riesca a dimostrare che mio suocero fosse in casa con me al momento del delitto non significa che non ci fosse”.
 
La Procura ritiene comunque che sia stata lei ad uccidere il figlio e gettarlo nel canale di Santa Croce Camerina. In merito al tanto discusso movente la Procura ritiene che sia plausibile quello “introdotto da Veronica Panarello” cioè la presunta relazione extraconiugale che avrebbe avuto con il suocero, per i magistrati la relazione tale presunta relazione resta un fattore ininfluente rispetto alla richiesta di condanna e aggiungono: “Il movente non è indispensabile di fronte a una ricostruzione dei fatti che vada ogni oltre ragionevole dubbio: in questo caso non c’è bisogno ci sia per forza un movente”. L’Avvocato Villardita ha commentato così la tesi della Procura “Quello di oggi è un assist alla difesa, non me l'aspettavo. Non parlo di autogol, ma di presa di coscienza e totale onestà intellettuale dei pm, se non esiste la prova della sua presenza non è detto che non ci fosse: se la Procura non ha dimostrato che il suocero non fosse a casa, non ha neppure dimostrato che l'ha ucciso da sola”. 
 
Noi de L’Osservatore D’Italia abbiamo intervista in esclusiva l’Avvocato Daniele Scrofani, legale rappresentante di Davide Stival l’ex marito di Veronica Panarello che ci ha risposto ad alcune domande in merito a questa udienza.

– Il Pm Rota ha chiesto 30 anni per Veronica Panarello. Ve l’aspettavate?
Onestamente si, perché la richiesta di 30 anni è una richiesta che sta un po’ nelle regole nel senso che non ravvisando elementi per concedere circostante attenuanti o vizi parziali di mente la pena è quella effettivamente. Aderendo all’ipotesi accusatorie la pena è quella. 
 
– Nella requisitoria Veronica è stata definita “Egocentrica, bugiarda, manipolatrice”. Voi come la definite oggi Veronica?
E’ stata definita così ma il Pubblico Ministero ha tratto questi aggettivi dalle perizie psichiatriche cioè il suo tratto di manipolazione del dato processuale, anche del dato dei rapporti, non è un fatto che il Pubblico Ministero ha utilizzato di sua iniziativa ma ha tratto queste argomentazioni dalle perizie psichiatriche cui la signora è stata sottoposta, mi spiego meglio: le perizie hanno evidenziato una disarmonia caratteriale che ha come punti di riferimento questi elementi di cui abbiamo parlato cioè il fatto di manipolare i dati a proprio piacimento, un certo egocentrismo e centralità del proprio essere. La conseguenza è però che questo tipo di disarmonia non arriva conclamare un vizio parziale ne totale di mente. 
 
– Il movente di Veronica è stato ritenuto plausibile?
Si, nel senso che la Signora ha individuato il movente nel fatto che il bambino ha visto, avrebbe visto, qualcosa che non doveva vedere ovvero la relazione, dei gesti di affettuosità tra lei e il nonno…
 
– Quindi mi scusi Avvocato, la relazione, la presunta relazione tra Veronica e il suocero è ritenuta attendibile?
Diciamo che è ritenuta attendibile nell’ambito di una plausibilità logica nel senso che una volta che lei dice “l’ha ucciso perché aveva visto qualcosa” secondo la ricostruzione del Pubblico Ministero magari è valido il movente ma non è valido l’autore del reato nel senso che non è credibile lei quando dice che è stato il suocero. 
 
– La relazione quindi può essere ritenuta un elemento oggettivo accreditato…
No oggettivo perché non vi sono prove della relazione però vi sono degli elementi che possono portare a ritenerla effettivamente plausibile. 
 

LA STORIA Era il 29 novembre del 2014 quando un cacciatore di nome Orazio Fidone che si trovava vicino al piccolo mulino di Santa Croce Camerina fa una scoperta che cambierà per sempre la sua vita, rinviene il corpicino senza vita del piccolo Loris Stival. L’uomo finisce immediatamente sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti, numerose le perquisizioni presso la sua casa a seguito del ritrovamento, gli inquirenti sequestrano anche le sue autovetture che successivamente però vengono dissequestrate. Ma passa poco tempo che gli inquirenti concentrano la loro attenzione su Veronica Panarello e su alcune sue dichiarazioni in merito a circostanze e azioni che pongono quesiti ampiamente discutibili in merito alle azioni compiute dalla donna nel corso di quella giornata. Sulla donna infatti vengono pesanti i pesanti fari accusatori poiché viene accusata di aver ucciso il figlio mediante l’utilizzo di fascette che la stessa avrebbe consegnato con la scusa che fossero state utilizzate dalla maestra di Loris per dei lavori a scuola. Un’altra contestazione che viene fatta riguarda gli esiti delle immagini delle telecamere e secondo l’avvocato della donna il fatto che la macchina si dirigesse verso il canalone non può considerarsi un indizio di colpevolezza che può portare alla custodia in carcere della donna. L’accusa sostenuta dal procuratore Carmelo Petralia e dal sostituto Marco Rota si basa sulle presunte bugie dette dalla donne, poiché sostiene di aver accompagnato il figlio a scuola, ma le videocamere del paese non la inquadrano, altro elemento sono le fascette consegnate alla maestra che risultano compatibili con il laccio usato per strangolare Loris. La ricostruzione ha retto al vaglio del Gip e ha portato al fermo avvenuto il 12 dicembre. Ma un altro elemento che nel mese di maggio ha suscitato forte motivo di discussione sul caso è stato il definitivo esame autoptico che ha stabilito che il piccolo sarebbe morto tre o quattro minuti dopo essere caduto nel canale di scolo del “Mulino Vecchio” e di aver sbattuto il cranio. Questo dettaglio è di estrema importanza ai fini investigativi perché cambierebbe radicalmente la posizione di Veronica, infatti l’ora della morte di Loris si collocherebbe intorno alle ore 9.00, proprio questo dettaglio farebbe cadere l’accusa di omicidio contro Veronica poiché i video di Santa Croce Camerina dimostrano che Veronica alle 9.00 si trovava presso la sua abitazione. Si è parlato tanto anche dello zainetto di Loris, è stato tanto cercato ma non è stato trovato. La donna ha cambiato più volte versione dei fatti. Recentemente ha infatti accusato Andrea Stival, nonno di Loris e padre di Davide Stival, di essere l’autore del delitto. Nel corso di un’intervista al programma “Porta a Porta”, l’uomo ha detto: “Non ho ucciso Loris, lui era una parte di me. Sono pronto a confrontarmi con Veronica in carcere”, aggiungendo inoltre che presenterà una denuncia per calunnia nei confronti di Veronica Panarello. Il legale di Andrea Stival precisa: “Per presentare la querelaoccorre che prima siano depositati gli atti nel procedimento in corso davanti al Gup, in cui siamo presenti come parte civile e come tale siamo tenuti ad essere informati su eventuali sviluppi. La donna ha dichiarato: “Ho avuto una storia con Andrea Stival, e'stato lui ad aver strangolato Loris con un cavo elettrico”. I legali di Andrea Stival sottolineano: “Andrea, il padre di Davide Stival, nonno di Loris non ha alcuna responsabilità in questa storia, le telecamere in questa vicenda hanno detto tutto, scandagliando ogni secondo di quei giorni. E' l'ennesima dichiarazione che a livello processuale e'destituita di qualunque fondamento. Andrea non e'stato mai coinvolto e la sua posizione e'stata gia'vagliata in tutti i modi”. Il suo legale precisa: ““Non c'e' alcuna immagine che ritragga il signor Andrea Stival entrare o uscire da quella casa. Anche le immagini dei tragitti dell'auto non hanno dato alcun elemento. A livello processuale è già emerso tutto”. Andrea Stival nega di aver avuto una relazione con la donna e riferisce: “Sono tranquillo, la mia posizione è stata vagliata da investigatori e magistratura dettagliatamente”. Ma tutto cambia ulteriormente martedì 17 novembre quando Veronica fornisce agli investigatori un’ulteriore versione dei fatti che risuona alle orecchie di chi ascolta come una flebile confessione poiché la donna riferisce agli inquirenti che Loris sarebbe morto mentre giocava con le fascette elettriche. Veronica ha affermato che si sarebbe trattato di un incidente verificatosi al suo rientro a casa. Secondo una logica consequenziale basata sugli elementi forniti dalla donna, Veronica avrebbe cercato di salvare il figlio ma in preda al panico lo avrebbe portato al Mulino Vecchio. La donna comunque continua a ripetere a gran voce di non aver ucciso suo figlio. Inoltre sono state depositate le motivazioni sul respingimento che riguarda la richiesta di scarcerazione: “Esiste un elevato grado di probabilità della responsabilità per l’omicidio di Loris Stival”. Ma quali sono gli elementi a suo carico? Le videoriprese di Veronica immortalate da sistemi di videosorveglianza pubblica e privata, l’ubicazione della donna tra le 9,25 e le 9,36 presso le zone del canalone, il mancato ingresso a scuola di Loris, le fascette ritrovate a casa.

Cronaca

Milano, droga agganciata con calamite sotto l’auto: arrestato un 27enne dopo inseguimento [VIDEO]

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La Polizia di Stato ieri pomeriggio a Milano ha arrestato un cittadino marocchino di 27 anni, irregolare sul territorio nazionale e con precedenti di polizia, per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.

Gli agenti del Commissariato Mecenate, verso le ore 13, nel corso di uno specifico servizio di contrasto allo spaccio di droga, hanno intensificato l’attività di osservazione e controllo all’interno del Quartiere Ponte Lambro e viale Ungheria dove hanno notato una vettura utilitaria parcheggiata a bordo strada con un uomo in piedi che parlava con il conducente seduto a bordo della stessa.

Una volta avvicinatisi con la vettura civetta, i poliziotti hanno richiesto l’ausilio di una volante perché la vettura attenzionata, risultata intestata a una società di leasing, aveva ripreso la marcia a velocità sostenuta in direzione di via Mecenate.

Ne è nato un inseguimento fino a via Garavaglia, strada senza uscita, dove il conducente è sceso scappando lungo le vie Forlanini, Barigozzi e Via Cossa dove, entrato in un giardino condominiale, è stato preso e sottoposto a controllo: all’ingresso di via Garavaglia, a bordo strada, i poliziotti hanno rinvenuto un involucro in plastica bianco elettrosaldato a palloncino contenente grammi 1,2 di cocaina e, all’interno della vettura che lì aveva abbandonato, una banconota da 50€ nel vano portaoggetti e, sotto la scocca, due scatole in acciaio di caramelle, agganciate mediante alcune calamite, al cui interno vi erano dieci involucri contenenti 10 grammi circa di cocaina.

L’uomo è stato arrestato e posto nelle camere di sicurezza della Questura in attesa di essere giudicato per direttissima.

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Castelli Romani

Monte Compatri, Agnese Mastrofrancesco nuovo consigliere di Città Metropolitana

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“Nel giorno del mio compleanno, tra messaggi, post e telefonate, ne è giunta una veramente diversa dal solito” inizia così il post di Agnese Mastrofrancesco, consigliere comunale di Monte Compatri e già assessore all’Urbanistica che nel giorno del suo compleanno riceve una notizia davvero inaspettata: “La Segreteria Generale della Città Metropolitana, ovviamente non per farmi gli auguri di compleanno, ma per comunicarmi che presto farò parte del Consiglio che siede a Palazzo Valentini, come consigliere”.

Una notizia davvero eclatante per la cittadina di Monte Compatri che non aveva rappresentanti in seno a quella che un tempo era la provincia di Roma da almeno quarant’anni.

Agnese Mastrofrancesco, mamma di due bambini, eletta in Consiglio Comunale per ben quattro mandati consecutivi diventa la prima donna di Monte Compatri a sedere a Palazzo Valentini.

L’abbiamo contattata telefonicamente, oltre che per farle le nostre personali congratulazioni, per avere, a caldo, le sue prime impressioni su questo nuovo incarico.


Consigliere Mastrofrancesco prima di tutto le nostre congratulazioni. Se l’aspettava?
Sapevo che sarebbe stato difficile, ma come per tutte le cose, dobbiamo sempre crederci, perché prima o poi, la ruota gira e può arrivare anche il tuo momento. Quindi non ero certa, ma ci ho creduto fino ad oggi.


Ora il suo impegno politico raddoppia: quali saranno le sue priorità per Città Metropolitana?
Io credo che fare politica è un impegno grande, come grande deve essere la passione nelle cose che uno fa ed in cui crede. Dopo una gavetta, all’ interno del comune di Monte Compatri, posso dire di essere pronta a portare le mie energie anche nel consiglio di Città Metropolitana, dove cercherò di essere sempre dalla parte dei più deboli, di quelli che non vengono mai ascoltati o peggio ancora visti.


Tanti i messaggi di congratulazioni all’indirizzo della neoconsigliere Mastrofrancesco prima su tutti quello della consigliere regionale Laura Corrotti che dalle sue pagine scrive:

l’onorevole Laura Corrotti insieme alla neoconsigliere di Città Metropolitana Agnese Mastrofrancesco

“Congratulazioni a Agnese Mastrofrancesco, consigliere comunale di Monte Compatri, che da oggi entra ufficialmente in Città Metropolitana. Sono certa che il percorso portato avanti negli anni si svilupperà sempre di più e contribuirà al miglioramento del territorio di Roma e della sua Provincia” a cui fanno eco moltissimi consiglieri comunali dei Castelli Romani.
Fa rumore la mancanza di un messaggio alla neoeletta da parte dell’amministrazione Comunale di Monte Compatri, paese in cui la Mastrofrancesco è da oltre 15 anni Consigliere Comunale.

A nome della redazione tutta auguriamo alla neoconsigliere di Città Metropolitana un buon lavoro.

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Cronaca

Roma, aggressione omofoba in via della Pisana: il racconto di una delle vittime

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“Mercoledì esco assieme ad un amico. Una serata in allegria ci salutiamo e, come il solito, tra amici ci diamo un bacio e da li è iniziata l’aggressione”.
È l’inizio del triste racconto di Gianluca che mercoledì a Roma è stato vittima, assieme ad un amico, di un attacco omofobo da parte di alcuni ragazzi di nazionalità egiziana al grido:
“Questa è casa nostra e voi froci qua non dovete stare”.

Non siamo nella periferia della capitale ma in via della Pisana, un quartiere che di certo rappresenta quella che comunemente è definita “Roma bene”.

Una serata davvero da dimenticare per Gianluca ed il suo amico che al di là dell’aggressione verbale vengono colpiti da bottiglie di vetro scagliate con l’intento di fare davvero male ma per fortuna senza troppi danni fisici: “il mio amico, ci dice, il giorno dopo si è trovato le gambe graffiate per i vetri”.

Una vera aggressione squadrista che dimostra, ancora una volta, la troppa insicurezza che percorre la Capitale: “abbiamo sentito un rumore metallico … ci stavano lanciando bottiglie di vetro che poi hanno raggiunto dei segnali stradali quindi ci siamo trovati i vetri addosso, aggiunge Gianluca , e poi in gruppo sono venuti verso di noi urlando”.

Gianluca ed il suo amico hanno sporto denuncia ai Carabinieri perché, ci dice “Queste aggressioni debbono terminare”. E poi aggiunge: “Debbo davvero ringraziare la disponibilità delle forze dell’ordine perché dopo l’aggressione verbale ci siamo immediatamente diretti presso la caserma. Abbiamo raccontato quello che è successo e subito una pattuglia è intervenuta sul posto identificando il gruppo”.

“Addirittura, prosegue, sono stati così cortesi che si sono pure offerti di riaccompagnarci a casa perché la paura che avevamo quel momento era davvero tanta”.

A quanto ci racconta i carabinieri conoscono gli aggressori, già schedati per alcuni precedenti, e, a quanto ci è dato a sapere, delinquenti abituali ma purtroppo, come succede in molte zone della Capitale “non c’erano telecamere”, aggiunge Andrea.

Lo sgomento è tanto perché avviene in una delle zone più tranquille della Capitale ed Gianluca, che vive da tempo a Roma, ci dice con molta tristezza negli occhi che non si era mai trovato in una situazione del genere e la paura ormai lo attanaglia.

Davvero esemplare il comportamento degli uomini dell’Arma dei Carabinieri che dimostrano, ancora una volta, il loro alto senso istituzionale ed umano.

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